Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 29/30 - giu./lug. 1992

nerica («siamo solo vittime») avanzata dalla Confindustria. Testimoniaanch'essa l'impossibilità di separare del tutto chi è coinvolto in prima persona in questo «regime» e chi ne è solo per sua fortuna ai margini. Qui si apre una riflessione più profonda: la «società civile» è una minoranza di persone perbene che trova il coraggio di dire la sua, oppure la punta di un'iceberg che può rifondare la politica? Basta rifondare una passione? Credo che in molti siamo lieti del manifestarsi di questo aperto dissenso, senza motivi di interesse, in nome dell'onestà e dell'impegno. Vedo,però, fino in fondo i limiti strutturali di un movimento di «rifondazione» politica basato sulla sola passione morale. Un tratto nuovo e positivodi alcune esperienze odierne è di non limitarsi a chiedere più «morale» agli altri, ma ad autoridefinire la propria. Neprendano esempioaltre organizzazioni politiche,come i sindacati. Anziché accontentarsidi alchimie da interpretare sugli Statuti, chi può andare a testa alta abbia il coraggiodi ricordare quali sono le regole non minime,ma «in più», di garanzia e trasparenza che autonomamente si è dato. In ogni caso sognare una morale comune è un'orrore, prima ancora che un'utopia. Si illude chi crede di poterla ancora fondare su un'autorità esterna, sovraumana, che sia un Dio o il Ciclo dell'Eterno Ritorno. Quella imposta da avanguardie autoleggittimatesia nome di un Popoloo di una Classeha già devastato questo secolo, senza che possiamo dì nuovo prenderla per buona. Dentro questa mancanza di autorità riconosciutaconviene imparare a muoversi. Piùche il facile ottimismo di chi sbandiera la sempiterna «speranza» in una qualche forma di redenzione (forse inevitabile quando si vogliano agitare masse), può aspirare più di ieri a dignità politica un pensiero «tragico» (intrinseco alla condizione del singolo o del gruppo) inteso in maniera dinamica. Aboliamo concettualmente alcuni miti, ad esempio. Accettiamoche la democrazia non è un bene in sé, un centro carismatico, ma solo un prezioso insieme di regole, forme, spa- .{).lLBIANCO lXILROS.SO l•X•®iltl zi: questi si da salvare e migliorare, mariconoscendone i limiti e i giusti confini. Invece la sinistra italiana si attarda a definirsi più «democratica» di chissà chi, rinviando al contempo ogni analisi sull'effettivo stato della vita collettiva quotidiana, cioè i costumi e le attese che alimentano il nostro stare insieme. Di vivo, solo i consumi? Una differenza tra destra e sinistra oggi passa solo per la disponibilità ad aiutare gli ultimi? Quale rapporto intende instaurare un movimento «riformista» col corpo mollaccione della nostra società consumistica? Siamo una società stanca, senza aver espresso neanche la metà delle proprie potenzialità imprenditoriali. Somiglia ai giovani trentenni che ciondolano per casa, scoprono l'inutilità di anni di studio non finalizzato e accettano il lavoronero per non rinunciare a standard di consumo offerti impunemente a tutti come un «minimo». Come vedere il futuro di una società abituata al più alto valore aggiunto, e che ha ridimensionato lo «spazio» dei valori più autentici, e dove tutti «battono cassa?». 45 L'etica non si può però imporre per decreto, né migliora le cose chi crede di averne una più buona degli altri. Serve piuttosto un quadro che la renda {per molti, se non per tutti) necessaria e plausibile. Il mio auspicio? L'arrivodi una crisi economica vera e annunciata, che dia una svolta alla crisi partitica avviluppata in se stessa. La perdita di standard di sicurezza appare l'unico, drammatico atto che può offrire sbocchi diversi all'attuale perdita di senso. Le conseguenze possono essere pesanti, non solo a livellosociale, in chiave di ridimensionamenti e riconsiderazioni. Assisteremo a feroci guerriglie per aggrapparsi agli scampoli di tutele «conquistate» e mai più ridiscusse. Assisteremo ai colpi di coda di un sistema malavitosocresciuto tra le pieghe di un benessere distorto. C'è però da decidere se convenga ai politici attendere questa ora di verità o farsene carico con chiarezza, governarla, mettendo mano subito ad una Riforma dello stato sociale che non azzeri il Welfare state, ma lo renda credibile e finalizzato, cosi come ad una Riforma amministrativa che definisca ruoli e competenze sia dei livelli statali, sia degli uomini chiamati a gestire. Non servono governi dei «tecnici», né tantomeno coalizioni sotterranee ai partiti (chissà perché ritenute migliori di una qualsiasi lobby d'affari). Se la riscoperta della politica ha ancora un futuro, è nell'aprirsi di reali spazi per agire e scegliere dopo un confronto aperto a ogni soluzione. Non più solo per discutere di politica o creare consenso oridefinire alleanze. Tutto quello che può riaprire spazi veri di azione per il cittadino non va demonizzato, compresa l'elezione diretta dei suoi massimi rappresentanti locali e nazionali. Verso altri partiti Per chi è ancora dentro i partiti, una sollecitazione in più: valutare se sia così radicale o solo una necessità storica rimettere in discussione l'esistenza stessa del proprio raggruppamento. Quelle radici storiche, quelle battaglie ideali, quel patrimonio di vite non possono liberarsi dalle incrostazioni correntizie

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