Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 29/30 - giu./lug. 1992

repubblicana, ci sono indicazioni ancora di grande attualità. Penso all'idea di autogestione propria del socialismo riformatore che sapeva fare i conti con l'utopia, penso a quel concetto di stato espressione della società civile proprio del popolarismo sturziano, penso all'idea di progetto da contrapporre alla esaltazione della «mano invisibile» del mercato scaturita dalla esperienza del movimento operaio, e così via. Ma tutto questo non potrà gettare nuovi germogli se rimane asfissiato dal peso soffocante di un ceto tanto opportunista e cinico quanto screditato. Se si vuole evitare una cesura grave e perniciosa con la tradizione abbandonandoci alla mobilitazione protestataria intrisa di egoismi ed egocentrismi, o a quella moralistica che denuncia i mali del presente ma non è in grado di progettare il futuro, bisogna avere la forza e la determinazione di una grande battaglia dentro e fuori i partiti per un decisoe drastico ricambio di ceto politico in nome della «politica buona». La politica cioèche crede nei valori ideali e quindi nel progetto prima che negli interessi particolari, che ricerca la partecipazione contro le consorterie e le clientele. Una lotta partigiana a cinquant'anni dalla Resistenza combattuta partito per partito, istituzione per istituzione, nel paese, fra la gente. Una lotta partigiana trasversale - e la parola non spaventi - che promuova una severa autocritica nei confronti del passato e prima di tutto rimetta la politica con i piedi per terra e cioè ridia lo scettro ai cittadini. Ogni riforma che non abbia questa attenzione prioritaria rischia di rimanere inefficace.Se i partiti devono continuare ad essere - pur se in modo più contenuto di oggi - strutture portanti del nostro sistema allora occorre una legge quadro che imponga la trasparenza a beneficio degli iscrittie degli elettori. E insieme ai partiti questodeve valere per ogni soggetto politico della nostra società pluralista: sindacati, associazioni, ecc. Non penso ad uno statutotipo, ad uno schema uniforme ma la garanzia che ognuno sia quello che dichiara di volere essere. Un processo di riformain cui l'iniziativa di autoregolamentazionepuò essere più importante e trascinantedella norma centralizzata. Su questo terreno le proposte non mancano. Per quantoriguarda i partiti si pensi alla pubblicitàdelle iscrizioni, alla relativizzazio- _{)-tJ..BIANCO lXILROSSO l•X•#Jilil ne del peso del tesseramento nei congressi, alle primarie per le candidature, alla incompatibilità fra incarichi di governo e l'attività legislativa, di controllo e di verifica. Ma non mancano nemmeno le proposte per riequilibrare il loro ruolo ed il loro peso nella società esercitato a discapito di altre forme di espressione sociale e politica. Si pensi alla legge quadro dell'associazionismo che si trascina ormai da diversi anni, malgrado le successive edulcorazioni, perché si ha paura di finanziamenti che non passino per la discrezionalità dei partiti e delle istituzioni. Intanto è necessario che il cerchio che si è aperto in queste settimane si richiuda. È necessario che non si ricomponga il dominio degli apparati. L'elezione per il Presidente della Repubblica ha rappresentato un fatto importante soprattutto perché questo braccio di ferro fra rispetto della volontà di cambiamento del paese e logica degli apparati, si è esplicitato fino in fondo ed il risultato non è stato certo favorevoleagli apparati. Sarebbe importante che si continuasse su questa strada fino alla formulazione di un governo del Parlamento al di là della logica di schieramenti che sarebbe comunque oggi la logica degli apparati. 43 Certo i partiti hanno bisogno anche di ricominciare a riferirsi ad un pensiero politico forte che sappia andare oltre la contingenza per fare i conti con sfide che si delineano imponenti. Ma questo può essere favorito oltre che da una fonte iniziativa dal basso proprio dalle riforme elettorali ed istituzionaliche superino il consociativismo e diano vita anche da noi ad un politica dell'alternativa. Una politica cioè dove il confronto può - più spontaneamente di quanto oggi non-avvenga - spostarsi sui contenuti. Si tratta di un lavoro già iniziato e non da oggi. Non a caso il primo segnale significativo dell'esistenza di una decisa e diffusa volontà di cambiamento è stato dato dal referendum del giugno dello scorso anno. Ora ci sono altri referendum che aspettano di passare al vaglio della Corte Costituzionale e che potrebbero incidere più in profondità di quanto non abbia potuto fare - per i suoi limiti oggettivi - la preferenza unica nelle votazioni dei senatori. Ma i referendum non bastano. Il loro compito è quello di dare uno scossone alle vecchie strutture ma il nuovo non può che nascere da una coerente iniziativa legislativa. Iniziativa del Parlamento ma anche della società civile come stanno facendo le Acli raccogliendo, in queste settimane, firme per presentare alle Camere due disegni di legge di inziativa popolare per la riforma delle norme relative all'elezione della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, dei Consigli comunali e regionali. Proprio per superare il consociativismo che è stato indubbiamente favorito da un eccesso di proporzionalismo proponiamo un sistema misto, di natura maggioritaria, che contempli però una significativa quota di recupero proporzionale. Un sistema misto che punti sulla elezione diretta di un governo e cioè sulla possibilità che dalle elezioni scaturisca una maggioranza assoluta in seggi legata ad un primo ministro, ad un sindaco, ad un presidente della regione. Così si alza il livellodel confronto e si rafforza il campo di determinazione diretta dei cittadini. Quello che ho cercato di evocare non è un itinerario semplice e tanto meno facile, ma forse è un itinerario possibile perché la politica abbia un futuro. La politica vera e non quella del piccolo cabotaggio o della improvvisazione emotiva ed irrazionale.

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