Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 29/30 - giu./lug. 1992

un elemento variabile, questa carenza è una costante, ma l'effetto combinato è sicuro: quello di ridurre il «costo morale» della scoperta di transazioni illecite, di scambi occulti. Le condizioni istituzionali permissive della corruzione sono note, e in buona parte imputabili alla assenza di alternanza nel nostro sistema politico ed alle connesse pratiche di stampo consociativo. La prima diminuisce i vantaggi della onestà, le seconde diminuiscono i rischi di scoperta della corruzione. Entrambe hanno creato particolari situazioni di rendita a favore di alcuni partiti, provocando ingressi cospicui di personale politico corrotto o corrom01tBIANCO OltLROSSO ih•@hliOI pibile. L"ingressoin questi partiti (il Psi innanzitutto) permetteva con maggiore facilità la pratica del binomio politica-affari. Più nello specifico, anche le condizioni di regolamentazione degli appalti pubblici possono aver favorito la corruzione, attraverso distorsioni della concorrenza. Se questa interpretazione, qui appena accennata, risulta plausibile, ne deriva che un impegno contro la corruzione politica, vero elemento disgregante della natura profonda della democrazia, può avere successo solo se tiene conto di questa pluralità di aspetti: offerta e domanda di corruzione, condizioni istituzionali permissive. Interventi settoriali, specie se intervengono solo sulla offerta o solo sulla domanda possono avere effetti perversi, come a suo tempo ebbero i provvedimenti sul finanziamento pubblico dei partiti. Qualcosa, comunque, sta cambiando. Gli equilibri della corruzione, delle transazioni illecite, sono forse saltati. Che sia perché si intravedono le possibilità di meccanismi di alternanza nel sistema politico, e di nuove condizioni della concorrenza in connessione con il mercato unico europeo? Può darsi. Mi piacerebbe immaginare che qualcosa cambi, nel breve periodo, anche per quanto attiene al costo morale della corruzione. Ma su questo, almeno per ora, mantengo un certo pessimismo. Chiesaitalianeaquestionme orale: sono«pulitel»e manideivescovi? ll'incalzare di tutti questi A quesiti io non saprei dare risposta. La mia inesperienza nel campo politico è tale che non sono in grado di fare proposte che vadano a incidere nel terreno pratico. Qualche giorno fa, su un giornale, qualcuno constatava, senza tuttavia meravigliarsi, che a Roma i leader dei partiti, indaffarati a far politica, mantenevano un placido silenzio su tutto quello che accadeva in tangentopoli, come se nulla li riguardasse. Anch'io vorrei parlare di un silenzio. Dato il particolare settore dell'informazione che curo, vorrei dire che, di fronte al desolante panorama di corruzione di pubbliche amministrazioni, di partiti e imprenditori, mi sarebbe piaciuto ascoltare almeno qualche anatema da parte di chi proclama di avere magistero morale nel nostro paese. C'è stata recentemente, a metà maggio, l'assemblea generale dei vescovi. Cadeva in giorni di piene indagini giudiziarie e di di Domenico Del Rio indignazione dell'opinione pubblica. Non so se pronunciamenti di pastori della Chiesa possano ancora avere qualche effetto e, tuttavia, potrebbero dare un po' di sostegno alla gente, disgustata ma impotente di fronte allo spettacolo della corruzione politica. Al termine dei lavori, si è avuto soltanto un vago invito alla legalità e alla moralità, rivolto a tutti i cittadini. I giornali, non avendo di meglio, gli hanno dato un poco di evidenza, facendo fare così una immeritata bella figura ai vescovi. I quali, invece, preferivano rifugiarsi in una frase ad effetto, «Riorganizzare la speranza», uno slogan retorico, ripetuto ora continuamente fino alla noia. Questa è stata la conclusione dell'assemblea della Cei (Conferenza episcopale italiana). Ma anche più di un vescovo, invece di collocarsi accanto alla gente, si è poi premurato di distogliere l'attenzione pubblica dai politici (sebbene ogni giorno questi cadano sempre più numerosi nella rete della giustizia) per rilevare, invece, che il 36 dovere dell'onestà riguarda tutti: una banalità comoda che serve per esimersi dal pronunciarsi. Lo scandalo delle tangenti imperversava e a nessun presule che venisse in mente di prendere in prestito qualche parola o qualche episodio dal Vangelo: «EGesù fece una frusta di cordicelle, cacciò via tutti quelli che stavano lì a vendere e a comprare; buttò all'aria i tavoli dei cambiavalute, spargendo a terra i loro soldi, e rovesciò le sedie dei venditori. Né permetteva che alcuno facesse mercanzia». Certo, era un Gesù esagitato quello che gridava: «Guai a voi, ipocriti, che volete far vedere puliti i vostri piatti, ma intanto li riempite di furti e di rapine! Guai a voi, ipocriti, voi siete come tombe imbiancale: di fuori appaiono splendide, ma dentro sono piene di marciume!». Ed era anche un Gesù che inveiva, a tavola, contro gli anfitrioni che l'avevano invitato. «Matu ci offendi», gli dicevano questi. E lui continuava ad offenderli.

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