prima parte della Carta, intitolata «Diritti e Doveridei cittadini») «concorrono» a determinare la politica nazionale. Questa era del resto la conclusione a cui arrivava Costantino Mortali, che pure alla Costituente aveva sostenuto la causa di una regolamentazione giuridica dei partiti: già nel 1973su «Gli Stati» aveva visto nella riforma elettorale, nella modifica del sistema dei partiti, ossia delle logiche di competizione tra di loro, la vera modifica di fondo del nostro sistema. Con ciò non si vuol ignorare che è certo possibile regolamentare meglio le funzioni dei partiti che hanno rilievopubblicistico: il finanziamentopubblico delle campagne elettorali, una possibile regolamentazione delle primarie interne ai partili per la scelta dei candidati alle elezioni, la creazione di limiti al cumulo dei mandati elettivi su livelli rappresentativi diversi estendendo le incompatibilità e il divieto alla iterazione dei mandati oltre una certa soglia (ad es.: tre legislatureconsecutive come massimoper depu- {)J), BIANCO lXtLROSSO ih•Wiltl tali e senatori). Bisogna però capire che solo un'introduzione previa della logica della democrazia dell'alternanza permette che queste misure non cadano nel vuoto. In ogni caso la spia per verificare se un tentativo di moralizzazione per via legislativa è serio oppure è solo di facciata sono le sanzioni comminate a chi viola le regole che debbono essere severissime. Se si decide, ad esempio, di porre un tetto massimo alle spese elettorali per ciascun candidato, bisogna poi prevedere, nel caso che si accerti uno sfondamento del tetto, la decadenza automatica dalla carica. Se si cambia il finanziamento pubblico e si vara un controllo serio sui bilanci dei partiti occore prevedere che gravi irregolarità comportino automaticamente la sospensione del finanziamento al partito che violi le regole di correttezza. E così via. In altri termini, se ci si incammina su una strada di questo tipo (che sarà sempre difficoltosa dal punto di vista legislativo perché dovrà andare ad inseguire comportamenti scorretti che tenderanno ad eludere costantemente le nuove norme varate in una rincorsa all'infinto) le sanzioni debbono essere credibili; altrimenti meglio lasciare tutto com'è e non ingenerare illusioni destinate ad essere prontamente deluse. Del resto anche le altre democrazie non hanno fino ad oggi trovato su questo piano soluzioni ottimali né tanto meno definitive. Ma il paradosso delle riforme non colpisce anche la possibilità di andare realmente verso la democrazia dell'alternanza, che abbiamo visto essere la pietra angolare della riforma della politica? Fino all'iniziativa dei referendum elettorali è stato certo così: ma grazie ad essa, che non è del tutto risolutiva nel merito, il gioco dei veti incrociati ha però i tempi contati. Chi vuole pertanto spingere nella direzione di una vera moralizzazione ha quindi il dovere politico di contribuire al successo di tale spinta, dell'unico treno che passa per le riforme. LamarsaorpresdaiMilano: corrottei ancheinefficienti L o choc iniziale, occorre ammetterlo, è stato forte, per un milanese soprattutto. L'idea che si potessero condurre «affari», speculazioni, ruberie ai danni di istituzioni storiche della carità e della beneficenza come la Baggina o i Martinitt non era, credo, venuta in mente a molti. Pur in un'epoca dove l'intreccio fra politica e affari è diffuso, e nella sostanza ben conosciuto. Dopo lo choc tutto è sembrato possibile, e si è rivelato tale nei mesi successivi. Di fronte allo stupore, allo sdegno, alla volontà di punizione è necessario, comunque sia, non abbandonare la ricerca del significato e della funzione politica di tali di Gian Primo Cella episodi di corruzione. In tale ricerca sono innanzitutto da respingere due tesi interpretative, entrambi riduzionisle anche se in diverse direzioni. La prima tesi, è di carattere «realista», e suona così: «non ci si meravigli troppo di questi fenomeni, non sono che forme illecite di finanziamento dei partiti e delle campagne elettorali, che si diffondono in assenza di altre forme più istituzionali o regolamentate». Un corollario di questa tesi attiene al dovere di distinguere fra corruzione per scopi illeciti (personali), e corruzione sempre da biasimare ma per scopi leciti (di partilo). La seconda tesi commette, invece, un riduzionismo di tipo «moralista» affermando qualcosa di questo tipo: «la corruzione è 34 frutto della diffusione nei partili di un personale politico corrotto (i mariuoli o i manigoldi o semplicemente gli affaristi) favorita dal crollo dei significati morali dell'impegno politico». Una conseguenza di questa lesi attiene alla necessità di predisporre agli ingressi dei partiti degli inflessibili controllori, dei ruoli da Minosse, come è stato detto in questi giorni. Entrambi le tesi, al di là del vigore e dei sentimenti con le quali sono sostenute, non aiutano molto a capire il ruolo e il significalo dalla corruzione nei sistemi democratici in generale, ed in questo in particolare. Già una combinazione delle due («ipartiti per finanziarsi hanno bisogno di corrotti o corruttibili») sarebbe un passo in avanti,
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==