,{)!L BIANCO lX_tLROSSO iit•#i•Mtl Il futurodeipartiti? Lademocrazdiaell'alternanza a gravità della crisi dei partiti L è sotto gli occhi di tutti. L'impatto traumatico dello scandalo tangenti rischia però di provocare reazioni solo improntate ad una spinta emotiva. Da più parli si teorizza pertanto una scorciatoisaemplicistica:affidarsia personediindubbiareputazionemoraleprescindendodallelorodiverse opzioni programmatiche (con questo criterio anche Fini o Bosspi otrebbero essere proposti ed accettaticomepresidenti del Consiglio) e insistendosolosullamoralitàdellepersone anzichésullapiù decisiva moralità delle regole. Nonsi ripeterà mai a sufficienza che la qualitàdella classe politica è strettamente legalaalla qualità dei filtri di ingresso chesipongono, ossia dalla qualità delle regole che la selezionano. È un caso che quandosi deve ricorrere a personalità politichedi indiscutibile moralità si finisca quasi sempre per ricorrere a degli ottuagenari, ossia a quella generazione che è entrala in politica non sulla base delle regolevigentima attraverso l'esperienza della Resistenza,prima che il sistema si fosse stabilizzato? Quale moralità può essere premiata da regoleelettorali che per la Camera prevedonouna competizione in collegi di 3 o 4 provincecon qualche milione di elettori e qualchecentinaio di concorrenti? E quale moralitàpuò essere premiata in un sistema che,attraversola proporzionale, finisce per dare ai partiti una delega in bianco inincidente sulla formazione dei governi? Fermarestando quindi l'esigenza di luoghi sociali dove si formino personalità capaci di coniugare onestà e competenza, il nodostanella riforma delle regole. Qui però si finisce fatalmente col fare i conti col paradossodelle riforme: detto semplicementecoloro che dovrebbero essere i ridi Stefano Ceccanti formandi (ossiai singoli partiti, i componenti della classe politica, sono anche quelli che dovrebberoesserei riformatori. Ma chi è disposto a rivedere seriamente le regole grazie alle quali è stato selezionato? Sta qui la ragione dell'impasse delle riforme, a cominciare dai vani tentativi di cosiddetta «autoriforma dei partiti» che Carlo Fusaro giustamente definisce «mitico processo in base al quale gli attuali partiti dovrebbero autonomamente e spontaneamente migliorarsi... esso viene spesso evocato come alternativa alle riforme istituzionali e soprattutto alle riforme elettorali da parte di chi non vuole né le une né le altre». Anche le ricorrenti ipotesi di regolamentazione giuridica dei partiti finiscono per cadere in tale paradosso: a parte il fatto che i contrasti interni ai partiti verrebbero affidati al giudizio dei giudici (con ulteriori spinte, fra l'altro, al controllo partitico della magistratura in modo da colpire i partiti av33 versari) finché il sistema dei partiti resta legato dentro le attuali logiche istituzionali le norme legislative che vengono prodotte risentono della volontà di autoperpetuazione del ceto politico come è accaduto ad esempio per la modifica alla legge sul finanziamento pubblico dei partili risalente al 1974, diventata operativa nel 1981 (1. 659/81), che, pur presentata come un notevole miglioramento, ha sostanzialmente mantenuto i difetti fondamentali del sistema (mancata trasparenza dei bilanci, accentramento dei finanziamenti presso le segreterie nazionali ecc. ecc.). Questo sistema politico non può che produrre quel tipo di finanziamento pubblico (per non parlare del tipo di commistione tra politica e amministrazione): le segreterie dei partiti (che sono uno dei centri nevralgici del sistema) non accetterebbero certo decisioni diverse dai parlamentari che esse mettono in lista. Pertanto occorrepartire dallecausecomplessive (legge elettorale e formadi governo) per andare a toccare poi anche le manifestazioni esteriori del male: il procedimento contrario sarebbe del tutto improduttivo. Per di più anche ammesso di scavalcare tutti questi problemi, si tratterebbe pur sempre di una domanda di una piccola minoranza di cittadini. Gli iscritti ai partiti sono solo il 5% della popolazione (per altro in calo) mentre tutti i cittadini maggiorenni sono elettori, sono cioè portatori della vera domanda crescente di democrazia: non quella di partecipare dentro i partiti ma di poter valutare liberamente dall'esterno i partiti con l'arma del voto, nella disponibilità a spostare il consenso dall'uno all'altro secondo le posizioni che essi assumono. La vera regolamentazione deve essere quella, sempre per rifarci all'art. 49 Cost., del modo con cui i partiti, a servizio dei cittadini (tale articolo è infatti correttamente posto al termine della
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