ti, con che ruolo, con quali caratteri? Prima di tentare di esprimere qualche idea, faccio un passo indietro che mi sembra doveroso da militante prima del Pci ora del Pds. È ormai chiaro a tutti un fatto: c'è una responsabilità politica dei partiti, di tutti i partiti per così dire «tradizionali», per aver contribuito a costruire o per non aver saputo contrastare e modificare un «sistema» che è, indubbiamente, alla radice del malcostume politico, che è la causa strutturale della corruzione. Certo, noi del Pds - e, ancor prima, noi del Pci - possiamo rivendicare, e rivendichiamo, la denuncia anticipatrice di Berlinguer, l'analisi impietosa e le proposte concrete del nostro Convegno nazionale sulla «questione morale» che si tenne nell'87 proprio a Torino, le battaglie da sempre combattute per l'indipendenza della magistratura, la centralità del Parlamento, la libertà d'informazione: in favore, cioè, delle principali istituzioni di controllo che conosca una democrazia. E tutto ciò ci distingue da chi ha avuto le maggiori responsabilità di governo ed ha, contemporaneamente, tentato di impedire che funzionassero i meccanismi di controllo. Ma, se abbiamo saputo denunciare le degenerazioni, non abbiamo saputo capire che esse ci avrebbero prima o poi inevitabilmente coinvolti, che nessuna nostra presunta «diversità» ci avrebbe potuto garantire a completa immunità. Perché - ed è ormai chiaro a tutti - non si tratta di un sistema che era sano ma poi è degenerato, bensì di un sistema che aveva in se stesso le cause di un male che ora si è così radicato e diffuso da aggredire i partiti, la politica, le Istituzioni nel loro complesso. È chiaro, allora, che non ha alcun senso fare graduatorie di responsabilità, né dal punto di vista giudiziario, né tantomeno dal punto di vista politico. Nessuno che è stato eletto dai cittadini, che fa attività politica, si potrà ritenere esente da responsabilità fino a quando non sarà riuscito a produrre atti politici efficaci al fine di eliminare le cause strutturali della corruzione. Il nodo (quindi) è quello della ridefinizione del ruolo della politica e dei partiti rispetto allo Stato ed alla società. Ciò che la politica ed i partiti hanno via via «conquistato» in termini di quantità, fino ad «avvelenare» lo Stato (pervasività della politica, politicizzazione dell'amministrazione, pari.)Jt BIANCO l.XILROSSO liX•®ilil titizzazione dello Stato, intrecci fra politica e affari, finanziamenti illegali dei partiti), va riconvertito in qualità (progettualità, utilizzo delle competenze, responsabilità, trasparenza, rapporto con la società, ricambio e riqualificazione del personale politico). Una «qualità» meno costosa e prevaricante, ma più impegnativa, incisiva e utile socialmente, indispensabile per rileggittimare la politica ed i partiti ed evitare una uscita a destra dalla crisi. La politica deve <daremeno, ma meglio» - meno, nel senso di ritrarsi dalla gestione, dal sottogoverno, dalle innumerevoli e variegate forme di influenza scorretta sulla amministrazione e di commistione fra interessi pubblici e privati; -meglio, nel senso di ristabilire un rapporto vitale e libero con la società, le sue culture ed i suoi interessi, riacquistare una capacità di proposta generale e di progetto, restituire autonomia e pienezza di poteri alle Istituzioni rappresentative. Così, rinunciando a quella che potremmo definire «bassa politica» I i partiti po- / I 28 trebbero tornare davvero a fare politica, recuperando il proprio ruolo costituzionale di «concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale» che oggi si è venuto snaturando fino a trasformarsi in esercizio diretto - e, quindi, illegittimo - del potere, permeabile da fenomeni sempre più diffusi di «privatizzazione»della politica e di corruzione. Non si può, quindi, affrontare la «questione morale» come un problema a se stante, per quanto di straordinaria rilevanza etica e politica. La «questione morale» è tutt'uno con la più generale «questione» che è oggi all'ordine del giorno: ridefinire il patto di cittadinanza. Per fare ciò, occorre peraltro affrontare di petto alcune questioni generali. Un primo ordine di problemi riguarda a sinistra, il ristabilimento di alcuni valori fondativi, di identità, che non esiterei a definire permanenti, che solo la confusione mentale ed un novismo di bassa tacca hanno offuscato. Esempi: a) Vi sono due concezioni della politica che si alternano secondo i tempi e le circostanze nel corso della storia dell'Occidente: la politica come attività rivolta al buongoverno e la politica come esercizio del potere sugli uomini. (Si intende che l'esercizio del potere è necessario per ben governare, ma occorre ben distinguere tra il potere per un fine che lo trascende ed il potere per il potere). Cito Kant, quando scrive «la vera politica non può fare alcun progresso, se prima non ha reso omaggio alla morale». Quindi: «Il diritto degli uomini deve essere tenuto come cosa sacra, anche se ciò possa costare grossi sacrifici al potere dominante». E infine: «Ogni politica deve piegare le ginocchia davanti alla morale e solo così sperare che essa pervenga, sia pure lentamente, ad un grado in cui potrà brillare di durevole splendore». Allora, stare con Kant. b) La sinistra, ricorda Bobbio in un suo saggio, si distingue dalla destra alla fin fi. ne sulla base di una questione: la tendenza all'uguaglianza, che determina comportamenti e politiche di solidarietà. Dall'egualitarismo economico figlio delle concezioni di sistemi (apparentemente) ugualitari ma non liberi all'individualismo selvaggio: ora torniamo a praticare attraverso le risorse della libertà e del consenso la strada dell'uguaglianza e della solidarietà. c) La innovazione stessa della trasparen·
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