ditori di trovare nei fatti solo delle responsabilità individuali e non anche collettive, cioè dei gruppi dirigenti dei partiti, della classe politica in generale, della dirigenza politica e delle associazioni coinvolte. Questo sistema va bene ad una parte delle imprese non abituate a misurarsi realmente con le regole del mercato, almeno nel nostro paese. È indubbio che molte imprese che operano con il pubblico godono di un mercato protetto, non aperto alla concorrenza vera, od incapaci, per dimensioni tecnicheorganizzative, di superare le soglie della piccola impresa e di organizzarsi in forma di collaborazione. Basti pensare non solo al settore delle opere edili, ma anche, ad esempio, a quelli legati alle Fs, alla fornitura di beni e servizi alla Pubblica Amministrazione, alla sanità, ecc .. In tutti quei casi in cui il processo di deresponsabilizzazione permette di scaricare sulla collettività il maggior costo della sopravvivenza delle imprese assistiamo a questo intreccio tra politica ed affari. Questa situazione non ci deve meravigliare perché il nostro capitalismo è da lungo tempo abituato ascaricare le perdite e ad assicurarsi i guadagni in stretta simbiosi con il potere pubblico. Basta conoscere un poco della nostra storia unitaria per trovare episodi che confermano questa tesi e non molti mesi fa un campione del capitalismo ne ha dato prova evidente. L'assistenzialismo non è una malattia che tocca solo il mondo del lavoro ma pervade l'intera società, se esso diventa sia per l'individuo sia per l'impresa la garanzia di non voler mai correre rischi di alcun genere. Accettare il libero mercato non vuol dire accettare un capitalismo selvaggio ma definire politicamente, con sistemi democratici, le regole del gioco e soprattutto farle rispettare, ben sapendo che ognuno può correre dei rischi. Per chi crede in una visione di crescita delle persone, l'egualitarismo non può che riguardare l'offerta di opportunità per tutti e la tutela delle persone veramente deboli ed impossibilitate a difendersi. Ma per fare questo occorrerebbe anche una Pubblica Amministrazione capace di fare bene il suo mestiere. Non ci sono invece dubbi che la nostra Pubblica Amministrazione, per un insieme di ragioni storiche, ha perso anche le sue capacità tecniche e sempre più è diventata la sede dii.)!J~ BIANCO l.XILROSW liX•®iMII 26 compensazioni di interessi che nulla hanno a che vedere con una corretta amministrazione. La mediazione è infatti compito per eccellenza della politica e non può essere data alla Pubblica Amministrazione: in sostanza occorre che la politica torni a fare progetti politici e che l'amministrazionegestisca le scelte politiche. Il problema non sta quindi tanto nel numero dei dipendenti della Pubblica Amministrazione ma nella sua capacità di fornire ai cittadini ed alle imprese dei servizi reali e non fittizi. Molti confidano che il processo europeo correggerà questa situazione,ma credo che se ne sottovalutino i rischi se ci si presenterà all'appuntamento così sfasciati. Per molte imprese l'apertura alle gare europee vorrà dire confrontarsi con una concorrenza più agguerrita per dimensioni e capacità tecniche con il supporto, quasi sempre, di un «sistema paese» coerente col sistema economico. Non è il nostro caso dove gli imprenditori diffidano della Pubblica Amministrazione, salvo farci buoni affari, segnale dell'assenza di un comune legame culturale. Per la Pubblica Amministrazione significa la necessità di dotarsi di capacità di gestione di tipo imprenditoriale che sono ben lontane dall'essere radicate nella cultura degli operatori pubblici. Il processo europeo và sicuramente sostenuto ma non deve essere visto come una sorta di automatismo miracoloso, una panacea per i nostri guai. Al contrario, la sfida europea richiede sia per le imprese sia per la Pubblica Amministrazione capacità tecniche e professionali alquanto più elevate di quelle esistenti e che non possono darsi se non con una profonda rivoluzione dei modi e dei sistemi di operare. Molti sostengono che il processo di eliminazione della partitocrazia deve portare ad una nuova capacità di fare politica, ma alcune grida di questi giorni in effetti hanno come fine ultimo l'obiettivodi cancellare la forma organizzata delle politica, così come l'abbiamo vista in questo secolo con i partiti. La caduta delle ideologiesembra dare corpo alle ipotesi di un nuovomodo di organizzarsi, democratico,basalosulla difesa e promozione degli interessi. Il ricorso ai tecnici è il classicoleit-motiv del quale è bene non fidarsi sia perché numerosi tecnici prestati alla politica si sono
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==