Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 28 - maggio 1992

il bene pubblico e la prosperità della corona. Quando VostraAltezzane avrà preso conoscenza e avrà compreso le mostruosità che si compiono ai danni di quei popoli innocenti, i quali vengono massacrati e distrutti senza causa né giusta ragione, ma unicamente per colpa della sfrenatezza e della cupidigia di certi scellerati, voglia di grazia supplicare insistentemente Sua Maestà e persuaderla a opporre fermo rifiuto a .{)Jt BIANCO '-XltROSSO Otitilii Il (i) chi richiedesse ancora licenza per sì nocive e detestabili imprese. Sarà d'uopo anzi che Sua Maestà imponga a questa infernale domanda un silenzio perpetuo, incutendo un tale terrore che nessuno d'ora innanzi osi più anche soltantoparlare di conquiste. È cosa questa, altissimo signore, convenientissima, e necessaria perché Dio faccia prosperare, conservi e colmi d'ogni bene, spirituale e temporale, lo stato tutto e la corona reale di Castiglia. Amen. 1 Il re che siede sul trono del diritto, dissipa con il suo sguardo ogni male (Proverbi, 20.8) 2 Il prologo fu steso al momento della pubblicazione dell'opera, nel 1552. Las Casas era giunto nelle Indie nell'anno 1502. 3 Juan Martinez Guijarro o del Guijo, più nolo come cardinale Sil!ceo, fu vescovo di Cartagena a partire dal 1540 e arcivescovo di Toledo dal 1546. BrevissimRaelazione dellaDistruziondelleIndie F urono scoperte, le Indie, nel1' anno 1492. Cominciarono fin dall'anno seguente ad andare a popolarle dei cristiani spagnoli, e continuarono a farlo per tutti questi quarantanove anni, in grande numero. La prima terra ove essi penetrarono al fine di stabilirvisi fu la grande e felicissima isola Spagnola 1 , che ha seicento leghe di litorale. V'è accosto ad essa un'infinità di altre isole assai grandi, sparse tutto intorno. Noi le abbiamo viste quando erano tutte popolate di nativi, degli indiani di quelle terre, più numerosi che in ogni altra contrada al mondo. La Terra Ferma, che dista da quell'isola, nel punto in cui le è maggiormente vicina, circa duecentocinquanta leghe, ha più di diecimila leghe di costa marina già scoperte, e ogni giorno se ne scoprono ancora. I litorali noti fino al 1541 son tanto pieni di gente che paiono un alveare: si direbbe che Dio vi abbia voluto profondere, come una marea, la più gran parte dell'umano lignaggio. Tutte queste universe e infinite genti, di ogni genere, Dio le ha create semplici, senza malvagità né doppiezze, obbedientissime e fedelissime ai loro signori naturali e ai cristiani che servono; e più di ogni altre al mondo umili, pazienti, pacifiche e tranquille, aliene da risse e da baruffe, da liti e da maldicenze, senza rancori, odi né desideri di vendetta. E sono di costituzione tanto gracile, debole e delicata, che sopportano difficilmente i lavori faticosi e facilmente muoiono di qualsiasi malattia: persino quelli di condizione contadina sono di salute più delicata dei figli dei principi e signori allevati tra noi in mezzo agli agi e alle comodità della vita. È poi gente poverissima, che assai poco possiede e ancor meno desidera possedere beni temporali: per questo non sono superbi, né avidi o ambiziosi. Il loro nutrimento è tale che quello dei Santi Padri nel deserto non dovette essere più scarso, né più ingrato né povero. Vanno in generale nudi, coperte soltanto le lor parti vergognose; solo taluni portano sulle spalle un panno di cotone quadrato, di un braccio e mezzoo due per ogni lato. Hanno per letti delle stuoie, o al più dormono su certe reti appese, che nella lingua dell'isola Spagnola si chiamano amache. Sono d'intendimento chiaro, libero e vivace, capaci di apprendere docilmente 60 ogni buon insegnamento. anno dunque grandissima attitudine a ricevere la nostra santa fede cattolica e ad acquisire costumi virtuosi: nessun popolo creato da Dio nel mondo ha meno impedimenti a percor rere questa via. Non appena cominciano ad avere notizia delle cose della fede si fanno così importuni per saperne di più e per praticare i sacramenti della chiesa e il culto divino, cha a dire il vero occorre che i religiosi, per sopportarli, siano stati segnatamente provvisti da Dio del dono della pazienza. Infine, in tanti anni ho sentito dire più volte da vari spagnoli, laici, i quali non potevano negare la bontà che in quelle genti si manifesta: «Veramente questo sarebbe stato il popolo più felice del mondo, se solo avesse conosciuto Dio». Traquesti agnelli mansueti, dotatidal loro Creatore e Fattore di tutte le qualità di cui sono andato parlando entraronogli spagnoli, non appena ebbero notizia della loro esistenza, come lupi, come tigri e leoni crudelissimi che fossero stati tenuti affamati per diversi giorni. Altro non han fatto da quarant'anni a questa parte (e oggi ancora continuano a fare) che straziarli, ammazzarli, tribolarli, affliggerli, tormentarli e distruggerli con

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