Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 28 - maggio 1992

~-lLBIANCO l.XILROS.SO IU•W•Mil Dopolo scossone:recuperare riforme responsabilità L dirigente. e elezioni del 5 aprile hanno rappresentato uno scossone inconsueto nelle vicende politiche italiane in cui, per decenni, abbiamo assistito a modifiche minime e alla sostanziale conservazione del ceto politico In questi giorni vengono proposte - nei prossimi mesi verranno proposte - analisi intelligenti e articolate sul voto: io mi limito qui a ricordare che, in definitiva, sarebbe stato stupefacente il contrario, almeno alla luce di due fatti. C'è stata un'incredibile accelerazione della vicenda storica internazionale 1989, 1990, 1991,sono stati tre anni cruciali che hanno visto l'abbattimento del muro di Berlino, il crollo delle dittature dell'Est, la guerra del Golfo e il conseguente forte divario tra posizioni della Chiesa e della Dc, la fine dell'Urss. Perché mai questa incredibile accelerazione della storia avrebbe dovuto lasciare intatto lo stagno della politica italiana? C'è poi la vicenda interna: l'intreccio degli affari con la politica è divenuto vistoso, scava la voragine del disavanzo pubblico, all'insegna delle opere pubbliche promuove cemento per appalti e subappalti, è il brodo di coltura in cui la sistematica violazione della legge alleva, alimenta e diffonde criminalità organizzata mentre il tramonto di senso dello stato per i pubblici dipendenti, e l'occupazione dei partiti fanno sì che istituzioni e servizi pubblici rendano pessime prestazioni ai cittadini. Che montasse la marea dell'insopportabilità era sotto gli occhi di tutti, tanto che tuonar contro la corruzione dei partiti diveniva esercizio spregiudicato dei partiti stessi e del Presidente della Repubblica e soprattutto costringeva qualcuno, dall'interno del «palazzo», a prendere iniziative, a di GianniMattioli dar segnali ai vecchi partner degli affari che bisognava riprender le distanze (e i vecchi partner rispondevano ammazzando Lima e mandando in carcere Chiesa). Il voto di protesta contro la pratica dei partiti, c'è stato: prima nel referendum del 9 giugno e poi il 5 aprile. Esso ha premiato forze - la Lega, la Rete, Rifondazione - che lo hanno assunto come tema centrale della azione. Più modesto è stato il riconoscimento al Pri, perché troppo recente e sospettolo spostamento dall'area della connivenza all'area della critica e quanto ai Verdi il modesto aumento rispetto alle politiche dell'87 registra il difficile avanzare dentro la società italiana di una cultura - prima ancora che una proposta politica - quella della «società sostenibile» che chiede riconversioni dure all'economia, cambiamenti di abitudini ai cittadini, trasformazioni nell'assetto urbano, tutte cose che non hanno facile successo nello schematismo di una competizione elettorale, tanto più se si accompagnano ad un quasi black-out dell'informazione. In realtà i Verdi avevano avuto nel 1989 e 1990 la chance di aggregare settori di elettorato più ampi di quanti fossero interessati e convinti soltanto alla loro proposta politica ed erano piuttosto attratti dalla novità «antipartito» che essi potevano rappresentare in virtù degli interessi collettivi per cui si battevano ed anche per la forma innovativa della loro organizzazione. E tuttavia gli anni degli scontri, della travagliatissima unificazione tra «Sole che ride» ed «Arcobaleno» hanno allontanato dai Verdi queste simpatie che oggi si sonorivolte a nuovi approdi, maggiormente centrati sulla critic;a ai partiti: la Rete, Rifondazione, Pannella, la Lega. Dunque uno scenario in movimento, lo stagno si è smosso ma i flutti spumeggianti 38 non necessariamente formeranno benefiche ondate, intanto una riflessione si impone, per quanto impopolare. Non è tutt'oro quel che riluce nella critica ai partiti, in particolare alla Dc. Gran madre di tutti i vizi, è vero: maestra di sottogoverno e corruzione, propugnatrice di una politica populista che in questi decenni ha garantito il privilegio dei pochi smussando la rabbia dei molti, con quell'intreccio assistenzialista e clientelare di cui la falsa pensione d'invalidità, il falso coltivatore, il falso straordinario, hanno dato ossigeno a situazioni di miseria, che non si volevano cambiare «strutturalmente». E tuttavia mi pare di leggere negli slogan contro «Roma ladrona» una componente che non mi piace: il rifiuto della politica intesa come responsabilità collettiva e solidarietà. «Non pagare le tasse a Roma ladrona»: la seconda parte dello slogan giustifica e legittima la prima, ma in definitiva traduce l'emergere non più compresso di sentimenti profondi di egoismo sociale che le ideologie «complessive» dei partili avevano in qualche misura limitato. Qui il discorso si apre agli interrogativi del futuro e al difficile percorso della costruzione di «condizioni reali di una alternanza di governo», caro all'orientamentode «Il Bianco e il Rosso». Gli obiettivi del riformismo e della solidarietà possono caratterizzare il polo di aggregazione, ma deve essere chiaro che non ci sono scorciatoie: questo polo non puòessere la somma di etichette esistenti, men che meno della sinistra, dando a questotermine il suo preciso significato di geografia parlamentare. L'aggregazione del «nuovo»può avvenire solo a prezzo di benefiche spaccature che portino poi a riaggregarsi pezzi di mondo cattolico, pezzi della sinistra parlamentare, i Verdi, ma anche nuove esperienze co-

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