Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 28 - maggio 1992

sociali. Non possiamo dimenticare un dato. Aldilà di apparenza che noi stessi abbiamo un pò contribuito a creare, il Psi non è un partito di «ceti rampanti», ma è un partito di lavoratori, artigiani, piccoli imprenditori con un pò di professionisti (medici, {)JLBIANCO lXILROS.SO lit•#iilil avvocati) ecc. Avendo questo tipo di base sociale e dovendoci misurare con problemi economici rilevanti (inflazione, disoccupazione al Sud, deficit pubblico, inefficienza dei servizi, competitività delle imprese) occorre offrire un programma riformista ricco e impegnativo. Ma i fatti dimostrano anche che occorre combinare insieme una leadership forte e prestigiosa e un partito reale, strutturato in sezioni e organizzato sui luoghi di lavoro unito, ma caratterizzato da un dibattito libero e aperto. Unprogettcohescombini le regoledeivecchigiochi u na prima lettura dei risultati del terremoto elettorale sembra consentire queste brevi, ma non poco rilevanti riflessioni: dopo importanti accadimenti anche internazionali il Paese mostra di voler esprimere in libertà, dietro l'apparente assenza di governo e di alternativa, l'esigenza di una governabilità che definisca e garantisca un progetto di cambiamento, entro precisi tempi di attuazione. Un progetto che superi le vaste condizionid'ingiustizia presenti e d'illegalità (organizzatasifrattanto su basi imprenditoriali) e che, insieme, riscontri la sfida della storia anche in ordine al problema dell'urgente formazione di una rinnovata classe politica e in vista delle non più rinviabili riforme. È ben strano che il quadripartito, specie negli ultimi tempi, abbia ridotto la sua attenzione sui temi della giustizia, dell'uguaglianza e della pace, nonché su altri argomenti richiamati in qualificati documenti come la «Centesimus annus» o da voci autorevoli, pur diverse, come Norberto Bobbio e il cardinale Carlo Maria Martini; soprattutto rispetto all'esigenza di recuperare eticità capace di farci cogliere tutto il successo della caduta delle ideologie. Per responsabilità variegate, non giustificate dalla sola necessità di difendersi dal pericolo, in passato incombente, del sociadi Ettore De Marco lismo reale, anni di democrazia non ci hanno dato di piu, soprattutto ora, non ci hanno consegnato una società accettabile, hanno reso il potere anchilosato, come già denunciavano Sturzo e Salvemini, hanno disperso l'azione politica tra clamorose incertezze e contraddizioni e hanno reso difficile e meno produttivo il lavoro di quanti, generosamente, operavano per aiutare i tanti esclusi, per fermare nuove povertà e nuove alienazioni, domini e profitti, per accelerare il cambiamento di segno positivo, per finalmente coniugare insieme cultura cristiana e socialismoumanitario, a dispetto di tanti cattivi e non credibili «testimoni». Ora non c'è tempo da perdere: occorre un grande impegno per fermare la sfrenata partitocrazia sempre più comoda al parassitismo imperante di minoranze e per superare lo stato diffusodi malessere e di protesta (che anche il Sud presenta non meno del Nord se si prova a leggere bene, «oltre il dato» e con spietata franchezza, i risultati elettorali) e per raccogliere la parte positivae propositiva della domanda popolare già espressa nel recente referendum da tanti italiani inascoltati. Perché questo accada è allora necessario scombinare le regole incrostate dei vecchi giochi che taluni pensavano eterni e immaginare nuove impegnative alleanze, esaminando ogni possibilità di evitare maggioranze buone soloper il contabile e non pro35 gettuali, in grado così di assicurare i cittadini che i loro diritti sono tutelati, che sta nascendo la democrazia dei diritti e dei doveri di tutti, come ha appena auspicato Giovanni Moro, per una nuova fase garantita dalla governabilità. Se c'è mai stata una parte di voto «cattivo», essa è stata di certo determinata da cattiva passata gestione del consenso, nonostante, va detto, le generose testimonianze di politici probi che pure non sonomancati. Una cattiva gestione resa anche attraverso i media «vigilati», che ha visto mortificate le corrette intenzioni dei vincitori del referendum e che ha registrato una Dc con grandi fermenti ma con difficoltà interne, un Psi ricco di potenzialità, ma indisponibile all'autocritica e coinvolto più volte in avventure inaccettabili, un Pds non del tutto pronto al Governo a cui lo chiama, senza esitazioni, il sociologo Dahrendorf, incapace di liberarsi del peso di quella quota di Rifondazione rimasta al suo interno. Questo per dire dei tre grandi partiti storici da cui è il caso di pretendere maggiore prova di responsabilità, come dicono i Sindacati confederali, e più impegno, come esige mons. Bettazzi, per superare in direzione positiva la crisi della centralità espressa comunque dal prevalente elettorato, per svuotare le Leghe dalle ragioni che hanno originato la loro crescita di consensi, per valorizzare le energie vecchie e

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