Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 28 - maggio 1992

Conta quello che dicono le segreterie, ma deve contare sempre di più quello che pensano gli iscritti e gli elettori. Perché se siamo convinti che Bobbio ha ragione, che siamo già oltre l'ultima spiaggia, abbiamo tutti l'obbligo di operare di conseguenza accelerando innanzitutto i tempi del confronto e approfondendone i temi. Unità della sinistra è a mio avviso, capacità di avviare nei partiti della sinistra, in profondità, un grande momento di dibattito collettivo, che ripristini il valore alto del fare politica, dell'operare insieme per un fine, del rendere chiari obiettivi e programmi, dell'assummersi responsabilità e rischi comuni. E mettere questo {)JL BIANCO lXILROSSO lit•®Oiil confronto a disposizione di una società complessa, di una realtà politica in movimento e dalle mille identità. Per rappresentare anche su quel fronte un'ipotesi credibile di aggregazione e una speranza di stabilità. Vorremo farlo? Vorrà il Psi tornare a far parlare la sua coscienza critica troppo a lungo sopita? Vorrà il Pds rischiare di riaprire ferite non tutte rimarginate nel dopocongresso? Sapremo riprendere a parlarci come uomini e donne della sinistra? Non di quella teorica, spesso giudicata irreale e irraggiungibile, ma di quella concreta, percorribile ogni giorno, nelle scelte e nei comportamenti. In tutte le sedi dove questo è, già da oggi, possibile e realizzabile. Penso al Parlamento Europeo. Perché è così difficile per il Psi e il Pds costruire insieme una risposta credibile che vada oltre una politica nazionale che rende l'Europa impenetrabile per la nostra fragile economia e non ne fa uno strumento di allargamento delle conquiste sociali? Perché non riusciamo a trasformare in comportamenti politici di valenza collettiva le tante intese personali nei lavori di commissione e di assemblea? Usiamo da subito le nostre responsabilità personali. È anche questo un modo per rendere visibile quella sinistra unita che si colloca in Europa. Lunicarispostal cambiamento: governarleascomposizione - I 1sistemaelettorale italiano è ormai entrato in pieno movimento. Cominciamo a poter leggere le variazioni dei risultati dei partiti attraverso percentuali a due cifre, non più mediante aggiustamenti di - qualche semplice punto. Ma, pensiamoci bene, c'è da sorprendersi di questo? Non direi proprio, sarebbe semmai lecito sorprendersi dell'opposto. Nell'ultimo triennio la storia del mondo ha ripreso a correre, anche se non si sa bene in quale direzione, sulla strada aperta dal più grande fallimento politico di cui abbiamo memoria: il crollo del comunismoe delle divisioni politiche ad esso connesse. Per l'Italia questo ha voluto dire la fine delle ragioni del blocco del sistema politico, e di quel muro abbastanza alto da impedire alla maggior forza politica di opposizione di costituirsi in alternativa di governo nazionale, ma non abbastanza compatto per di Gian Primo Cella impedirle il governo locale o la «consociazione» nel sistema istituzionale. Accanto a questo sconvolgimentoepocale, ha proceduto una trasformazione profonda delle strutture della società, in tutti i paesi industriali avanzati. La società post o neo industriale che si presenta sulla scena dell'Occidente non è più caratterizzata dalle tradizionali aggregazioni sociali (ampie, definite, stabili), è incerta nella costituzione di nuove identità, è attraversala da nuovi timori. Ed anche l'Italia, al Nord soprattutto ma non solo, è interessata da questo cambiamento sociale. Ma non c'è solo questo. Fra le due serie di fenomeni è possibile individuare dei collegamenti, forse non tanto dei meccanismi di causa e effetto,ma certo qualcosa di più di semplici coincidenze. Come si può ritenere che siano delle coincidenze i ritorni di tipo etnico-localistico, talvolta segnati da tratti razzistici e da ansie persecutive, 32 che stanno attraversando l'Europa? Certo quello che differenzia questi fenomeni (le guerre etniche in Yugoslavia o nell'exUnione Sovietica, il separatismo in Cecoslovacchia, il vigore dei nazionalismi interni britannici o iberici, il «leghismo» in Italia, i ritorni di destra in Germania, ecc.) è maggiore di ciò che li accomuna. Ma i movimenti collettivi, e di questo in molti casi si tratta, non possono essere letti con ottica «economica». Essi identificano sempre un malessere o una emozione, una paura o una speranza, e si manifestano con tratti imprevedibili. Sappiamo spesso quello a cui essi si oppongono, piuttosto che quello che essi propongono. Lelettorato italiano è stato investiloda questi processi ed ha reagito scuotendo il vecchio sistema. Certamente sul volohanno influito motivi e ragioni del tutto specifiche al contesto nazionale, dall'assenzadi cambiamento nella classe politica,alla rea-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==