{)JLBIANCO l.XILROS&) MiANli•ld te non siano da sconsigliare per una serie di motivi (tralascio l'argomento che io mi dimetterei perché un galantuomo come Oscar Luigi Scalfaro è stato eletto Presidente della Camera dei Deputati. Nessuno può ritenere che chi è stato parlamentare per quasi trent'anni rechi tale offesa alla Camera dei Deputati e nessuno può pensare che Francesco Cossiga intenda arrecare questa offesa ad Oscar Luigi Scalfaro, che è distante da me in tante cose salvo che in una, la sincerità, perché egli ha detto cose per me anche sgradevoli, che altri hanno pensato o che per altri sono state motivo di tentativi per farmi sloggiare di qui molto prima del 3 luglio 1992). Mi è stato detto che forse sarebbe utile che io, eventualmente, al mio successore dia già una trama iniziale con delle consultazioni formali, ma non vi è ricamatore che accetti le trame preparate da altri. Mi è stato ancora detto che io vado via senza avere la certezza che le forze politiche trovino rapidamente l'accordo per eleggere il mio successore e che quindi il mio potrebbe essere un gesto traumatico e che io, pur volendo in buona fede contribuire a risolvere la crisi normalizzando subito i vertici istituzionali e mettendoci alle spalle la scadenza del 3 luglio, potrei invece aggravare la crisi. Per questa volta però mi chiedo se questo paese non abbia bisogno, dopo il primo shock delle elezioni, anche dello shock delle elezioni anticipate del Presidente della Repubblica e se questa classe politica non debba essere inchiodata alle sue responsabilità di fronte al Paese, chiamandola subito a dare prova di responsabilità eleggendo presto e bene un Presidente della Repubblica e ponendo quindi le basi per affrontare e gestire bene la crisi politica del nostro Paese, dando a voi quello che voi chiedete: riforme, cambiamento e Governo. Epoi ho pensato che una gestione della crisi da parte mia, le trattative per la soluzione della crisi, gli accordi per la costituzione del Governo sarebbero stati inevitabilmente ipotecati dalla scadenza ormai prossima del mio mandato e dalla prospettiva di dover ormai eleggere un nuovo Presidente della Repubblica. E allora sarebbe stato qualche cosa sulla quale lascio a voi scegliere tra gli scrittori di espressione inglese e irlandese su queste trattative, su questo Governo, vorrete perdonarmi quest'ultima civetteria di carattere culturale, avrebbe gravato l'ombra di banco o aspettan22 do Godot; e siamo in tempi in cui dobbiamo aspettare Godot? come se Godot non fosse già arrivato: il vostro voto, la drammatica situazione finanziaria, le scadenze di Maastricht, l'incalzare della mala società, i disservizi pubblici, la paralisi delle istituzioni. Ho attentamente valutato ciò, ho - in modo pedantesco e professorale - ascoltato tutti e poi comprendo che potevo decidere soltanto io. In questi anni ho sempre cercato di servire lo Stato. Forse ho sbagliato molte volte e ve ne chiedo scusa, ma anche quando ho sbagliato, credetemi, l'ho fatto ritenendo di essere nel giusto. Molti, non tutti, mi hanno combattuto per quello che ho detto e per quello che ho fatto e per quello che io proponevo ed io sono certo che solo una piccola parte ha agito per miserandi interessi personali, finanziari, pseudo politici, di lobbies irresponsabili e prepotenti, pericolo vero nel nostro Paese. Credo che le grandi forze che mi hanno combattuto, queste sono forze mentre le altre sono forze piccole nate e cresciute negli interstizi del confronto tra le grandi forze politiche ed ideologiche del nostro Paese, lo abbiano fatto credendo, anche nei momenti di più aspro contrasto con me, di farlo nell'interesse della Repubblica e del Paese. Ed allora io ho preso la decisione di dimettermi da Presidente della Repubblica. Ho voluto dirlo a voi direttamente, cercare di spiegarlo, spero di esservi riuscito, sono certo anzi spero che mi comprendiate: c'è chi approverà il mio gesto, c'è chi questo gesto non lo approverà. Spero che tutti lo consideriate un gesto onesto, di servizio alla Repubblica. Per assicurare un ordinato trapasso dei poteri, firmerò l'atto di dimissioni martedì 28 aprile 1992. Concludo così sette anni che sono stati difficili non per me o non solo per me, ma anche per il Paese. Sette anni in cui tante cose sono state cambiate ed in cui mi è stato assicurato il privilegio di essere testimone di grandi cambiamenti all'est, ma io mi auguro anche all'ovest adesso. Sette anni in cui ho cercato con il silenzio prima, con la parola poi, con gli atti, con gli scritti, con i comportamenti di servire il mio Paese: vi sono riuscito? non vi sono riuscito? Non spetta a me giudicarmi. Io non ho messaggi da lasciarvi e non ho nè forza politica, nè rappresentanza morale tali da pretendere di lasciarvi testamento. Ai giovani io vorrei dire però di amare la Patria, di onorare la Nazione, di servire la Repubblica, di
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