{)JL BIANCO ~IL ROSSO MiARCiliil Lasituazione è nuova: è meglioche iovadavia* (Interventodel PresidenteCossiga25/4/1992) Care cittadine e cari cittadini, comprendo bene come forse per alcuni di voi, molti di voi, il quesito cui dovrei dare una risposta è quello se mi dimetto o meno dall'Ufficio di Presidente della Repubblica. È un quesito correttamente posto. Per me, per la mia coscienza, invece, significa un'altra cosa: come posso meglio servire la Repubblica! I principi costituzionali stabiliscono che il Capo dello Stato non è responsabile degli atti che compie, non ne risponde nè politicamente nè giuridicamente, salvo il caso di alto tradimento e attentato alla Costituzione, ma credo che questa sia ormai cosa passata, o almeno me lo auguro non per me ma per lo Stato. Ho sempre ritenuto che il Capo dello Stato sia il rappresentante della Nazione, ed ho cercato di rappresentare la Nazione dando, credo, voce a chi non poteva farsi ascoltare, cercando di vedere dietro ogni problema politico un volto umano, tentando di dare una presenza a chi nella complessa e macchinosa struttura politica del nostro Paese una presenza non poteva ottenere, ritenendo - ancorché sia stato eletto dal Parlamento e non da voi - di rispondere politicamente e giuridicamente, almeno moralmente a voi, a voi tutti, cittadine e cittadini di questo meraviglioso Paese che è l'Italia. E quindi io ritengo di dover parlare con voi. Ho cercato di ascoltarvi e cerco di ascoltarvi anche adesso. Ho sempre cercato di spiegarmi, e talvolta ho anche gridato, ma se ho gridato l'ho fatto soltanto perché temevo di non farmi sentire. Certo, talvolta posso avere anche ecceduto; non era, comunque, mia intenzione offendere alcuno, se l'ho fatto chiedo perdono e se ho ecceduto chiedo scusa. Noi ci troviamo di fronte a tre fatti. Il popolo ha votato e, con il suo voto, ha dato un colpo a quel sistema di governo consociativo che 18 era basato su una egemonia dei partiti maggiori, e cioè sulla cogestione trasversale degli affari politici tra quelle che avrebbero dovuto essere, in una democrazia compiuta, la maggioranza e l'opposizione. Al compromesso storico ed alla solidarietà nazionale, che sono all'origine di questo tipo di regime, io ho creduto, in un momento in cui ho ritenuto - non per fumosi motivi ideologici o addirittura teologici - necessario promuovere tale vasta intesa per combattere il degrado economico ed il terrorismo. Ho ritenuto, poi, che questa che è stata una grande stagione della democrazia italiana, l'unità nazionale, si sia rinsecchita in quella gestione compromissoria che ha dato luogo ad un anchilosamento di tutta la struttura politica. Voi,con il vostrovoto,avete dato un colpo al sistema politico che non privilegia la scelta dei programmi, non privilegia assolutamente la scelta, ma la mediazione ed il compromesso, non per usare il potere in vista di un programma ma solo per gestirlo. Ho una grande considerazione per il partito della Democrazia Cristiana, del quale ho fatto parte per quarant'anni, e so quanto ad esso debba la libertà, l'indipendenza, il progresso della democrazia nel nostro Paese. Ho avuto sempre una grande stima, pur nella radicale differenza, per il Partito Comunista Italiano e so quanto esso abbia contribuito ad impedire che il nostro Paese scivolasse, per una contrapposizione anche dura, in una estenuante lotta di basso profilo o addirittura in qualche cosa di peggio. Ho sempre detto che grande avventura e grande impegno erano quelli, dopo la catastrofe del comunismo internazionale, di aiutare il «popolo comunista» a prendere la sua posizione nel grande schieramento democratico socialista e riformista europeo. Ma questi due partiti - che erano diventati i
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