Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 26/27 - mar./apr. 1992

ic).tt BIANCO '-X-ILROSSO Mii•liiill un più congiunturale blocco per 6 mesi di prezzi, tariffe e salari. Non si tratta della stessa cosa. Quella di Trentin è una classica ipotesi di terapia d'urto. Nei giorni precedenti il 10 dicembre, anch'io per conto della Cisl, sostenni che sarebbe stata la soluzione migliore. Ma lo sarebbe stata per questi primi sei mesi dell'anno, nei quali l'effetto elezioni e quello della finanziaria sugli enti locali (che puntualmente sono ricorsi a massicci incrementi di tariffe e prezzi amministrati) potevano tirare un brutto scherzo alla voglia di contenere l'inflazione. Non ci furono riscontri positivi né da parte del governo, né della Cgil e Uil. Resto convinto che si è persa un'occasione, perché riproporre il blocco per i secondi sei mesi dell'anno - al di là del valore politico indiscutibile, specie se proviene da una Cgil così tormentata - ha poco senso; quel che è fatto è fatto, sperando che i vincoli dell'accordo del 10dicembre siano sufficienti a piegare le spinte inflattive. Ciò che serve è qualcosa di più lungo respiro e di più ampia portata. Un vero e proprio «patto per il lavoro e la competitività» del sistema che riguardi almeno il 1992 e il 1993, per quanto attiene l'occupazione e la politica dei redditi, e delinei il nuovo sistema contrattuale. Circa il primo aspetto i capisaldi sono: - l'attuazione di una politica attiva del lavoro imperniata sul governo tripartito della formazione professionale, dei contratti di formazione-lavoro e della mobilità dei lavoratori, in modo tale da arricchire la strumentazione_classica: Cigs, prepensionamenti, ripartizione del tempo di lavoro; - il sostegno di alcuni settori strategici (informatica, elettronica, auto, chimica, tessile) nelle politiche di alleanze internazionali; nella ricerca, nel decentramento verso il Sud; - l'irrobustimento della piccola e media impresa attraverso l'applicazione della legge 317, e dell'imprenditorialità giovanile e di selettive misure di riduzione del costo del danaro e dell'energia. Circa la politica dei redditi, i capisaldi sono rappresentati: - dall'istituzionalizzazione di una sede di discussione annua della politica dei redditi; - da una politica di controllo dei prezzi liberi, in modo da penalizzare fiscalmente quei settori che vanno al di là dell'inflazione programmata; - da una politica delle tariffe nazionali e locali, impostata sul criterio dei «price-cup» e cioé di una correlazione stretta tra la loro crescita e i piaBibliotecaGino Bianco 6 nidi miglioramento della qualità e dell'efficienza dei servizi erogati; - da una politica di predeterminazione dei salari sull'inflazione programmata con conguagli, rispetto all'inflazione reale, attraverso sgravi fiscali; - da misure concrete e credibili a tutela delle famiglie numerose e monoreddito sul modello francese (una famiglia con 4 componenti e un solo reddito è esentasse, entro un massimale convenuto); - da una riforma definitiva e completa del sistema pensionistico. Quanto al modello contrattuale, da introdurre dopo questo biennio, si tratta di fare una scelta non congiunturale, che interloquisca con il meglio del contrattualismo europeo e rappresenti un saldo ancoraggio tra aree forti del lavoro dipendente ed aree deboli. Per rispondere a queste esigenze, non si può fare il «restyling» al modello contrattuale vigente. È troppo condizionato dall'automatismo della scala mobile, non consente la necessaria trasparenza tra le dinamiche contrattuali delle aree deboli e quelle delle aree forti, è ancora a mezza strada tra una tradizionale caratterizzazione conflittuale e una più innovativa identità partecipativa. Bisogna fare scelte precise per essere credibili e prospettare una fase lunga (non so se simile a quella del contrattualismo tradizionale) di relazioni sindacali da «seconda generazione». Se quest'imperativo ha senso, la rivisitazione della piattaforma unitaria definita una anno fa, diviene inevitabile. La prima scelta è quella di spostare il bari~ centro delle relazioni sindacali sulla contrattazione. Questo implica che essa divenga più certa, più esigibile e meglio qualificata. Acquisendo queste caratteristiche, si può ragionevolmente ritenere che la funzione della scala mobile può essere superata e sostituita da una sorta di Smig (salario minimo interprofessionale garantito), indicizzato al 100%. La sua caratteristica fondamentale sarebbe di tutelare quelle aree di lavoro così precarie e marginali da non essere protette da alcun contratto. Ma potrebbe diventare anche misura per la creazione di un «Reddito minimo vitale» sostitutivo delle tante forme di integrazioni reddituali o di remunerazioni minime che costellano il nostro sistema di Welfare State (pensioni minime, assegni per lavori socialmente utili, contributi vari ...). Lo scambio, dunque, è tra meno salario automa-

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