Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 26/27 - mar./apr. 1992

,{)!L BIANCO lXILROSSO L'EUROPA E IL MONDO InJugoslavioag, gi,rischia l'Europiantera Q uanto è avvenuto nell'ex Jugoslavia ha influito senza dubbio in maniera rilevante sui tradizionali schemi di analisi politica, ha incrinato ogni abituale meccanismo mentale, ogni suo ordinato processo conoscitivo; ha suscitato una serie di emozioni così violente, esaltanti, depressive, così contraddittorie, da scompaginare tutti gli schemi interpretativi abituali. È stata messa in crisi innanzitutto la visione della storia. L'ingenua considerazione che vede il processo storico avanzare, quasi come un rettifilo,verso forme di maggior comprensione reciproca tra i popoli, di benessere di espansione della democrazia, di convivenzacivile, di progresso non è da tempo piùpossibile. Il progresso non è, né può essere visto, come una retta, bensì presenta spezzettature,momenti di cambiamento di direzione,ritorni momentanei prima di riprendere il proprio cammino. InJugoslaviaperò non si è trattato di un momentodi pausa prima di riprendere un cammino,ma di un regresso, di un ritorno al passato,di una storia che si avvita su se di Nereo Laroni stessa, per ritornare, dopo dolorosi contorcimenti, al punto di partenza. A quale anno, in quale epoca è ritornata la Jugoslavia con le sue recenti convulsioni? Agli anni di Draja Mihailovic e di Ante Pavelic? Al tribalismo sanguinoso ammantato di amor patrio e di difesa dell'onore della nazione? O a quelle del fortilizio cristiano-asburgico contrapposto alla marea montante dell'Islam ottomano? È questo il vero significato del protettorato austro-tedesco che taluni vedono instaurarsi sulle due neonate repubbliche di Slovenia e Croazia? Che vogliono dire le allocuzioni papali, le pressioni cattoliche in favoredella secessione? Perché Giovanni Paolo II, reduce dall'opposizione alla guerra del Golfo, non ha temuto di assumere agli occhi del mondo ortodosso la veste del patrocinatore di uno scisma che inevitabilmente lacera l'eucumenismo cristiano? Siamo ritornati allo scisma di Fozio? Alla frattura del mondo romano-cattolico da quello bizantino-ortodosso, che proprio nei Balcani, proprio in quei luoghi alla fine del IXsecolo celebrava i suoi rituali sanguinosi? Si leggono sul Corriere della Sera di lu43 BibliotecaGino Bianco nedì 24 febbraio levarsi voci di quei tempi; accuse, che forando l'ovattata prudenza della diplomazia ecclesiastica, riecheggiano medioevali anatemi all'Anticristo «Se sul trono di Pietro vi fosse ancora Paolo VI, oppure Giovanni XXIIInon ci si troverebbe a un passo dalla rottura», «Giovanni Paolo II - troppo politico e poco Pastore, non ha a cuore il dialogo con la Chiesa ortodossa». Forse si è giunti ad un nuovo ciclo della storia nel suo eterno ritorno. Anche il senso dell'azione politica che mira ad obiettivi di espansione democratica e di lento, ma progressivo e vittorioso cammino, della logica della costruzione dell'integrazione su quella della dissoluzione e della disgregazione subisce le influenze di questa confusione. Fino alla conferenza di Roma, di non più di 14mesi fa, con orgoglio e sicurezza, ci si sentiva partecipi ad un processo di sviluppo omogeneo, che, favoritodalla scomparsa dei regimi comunisti, portava l'Europa a integrarsi, sia pure attraverso vari passaggi (pensiamo al I il II il III cerchio) dall'Atlantico agli Urali, anzi da San Francisco a Vladivostoc. Ora quell'orgoglio e quella sicurezza sono un po' venuti meno.

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