Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 26/27 - mar./apr. 1992

cominciare da quelli di governo, che hanno impedito con i loro veti incrociati le riforme istituzionali ed elettorali nella scorsa legislatura - fino a boicottare pesantemente i referendum con i quali una parte dei cittadini, rivelatasi maggioritaria, ha cercato e sta cercando di sbloccare la situazione - possano essere in grado di risolvere la situazione nella prossima. E allora? E allora non sorprende che cresca il numero di quanti stanno seriamente pensando di restarsene a casa, il 5 aprile. E che cresca il numero di quanti si stanno decisamente orientando per un voto •antisistema»: le Leghe in primo luogo, ma anche la Rete, Rifondazione comunista, e le mille listarelle, •personali», per Pannella, Giannini o Moana Pozzi. E tuttavia, per quanto comprensibile possa essere, questo tipo di scelte assai difficilmente può rivelarsi produttivo. È l'unico modo per farla pagare ai partiti, si dice..Ma ne siamo davvero sicuri? Per quanto il voto «antisistema» possa togliere consensi ai partiti, è del tutto impensabile che esso risulti in grado di esprimere una maggioranza alternativa. Dunque, esso avrà come unico effetto probabile quello di costringere le forze politiche dell'area di governo (magari con l'aggiunta del Pds) a formare l'ennesima coalizione 11alcentro» della storia dell1talia repubblicana, allontanando ulteriormente quella polarizzazione del sistema politico su due schieramenti, che è condizione imprescindibile per una democrazia dell'alternanza. In altre parole, se l'alternanza tra due schieramenti è stata fin qui resa impossibile dalla minaccia comunista, dopo il 5 BibliotecaGinoBianco .P-1-LBIANCO lXILROSSO lii·fu•l=I aprile rischia di diventarlo per quella leghista. E che non si tratti di fantapolitica lo dicono alcuni fatti precisi: la scelta di Craxi di rinunciare all'alternativa in nome della governabilità, minacciata da quelle che il leader socialista definisce le forze della confusione; il richiamo dei vescovi all'unità politica dei cattolici, •contro la hammentazione»; la scelta del Pds di individuare come avversario in questa campagna elettorale non il governo, ma la minaccia neo-autoritaria che proverrebbe dal cosiddetto partito del presidente; gli stessi slogan elettorali della Dc. che hanno riesumato la vecchia simbologia quarantottesca dello scudo crociato usato a mo' di diga contro la marea eversiva, sostituendo il nero leghista al rosso comunista. Insomma, le grandi forze politiche si preparano ad una legislatura •neocentrista», che è l'esatto contrario della democrazia dell'alternanza: è il «serrate le fila» di tutti i democratici contro la minaccia alla governabilità, se non al sistema democratico stesso. Il voto •antisistema» rischia pertanto di essere un falso rimedio, che in realtà aggrava la malattia. Che lo vogliamo o no, la strada del rinnovamento della politica italiana passa attraverso i partiti storici: è lì che si deve sfondare, non esistono altri passaggi. Ciò non significa, peraltro, che ci si debba rassegnare ad esprimere l'ennesima delega in bianco e poi a ritirarsi tutti in buon ordine per non disturbare la contrattazione tra Andreotti, Craxi, Forlani e magari La Malia e Occhetto. Al contrario, sì può e si deve cercare di esprimere un voto chiaro, che vincoli moralmente e politìcamen41 te gli eletti ad un comportamento coerente con la necessità di riformare le regole e i soggetti della politica. È precisamente in questa direzione che va la proposta del Comitato promotore dei referendum elettorali di un patto tra cittadini e candidati per mettere la riforma elettorale al primo posto nell'agenda politica della~ legislatura. Il Comitato chiederà ai cittadini di usare l'arma della preferenza unica, conquistata con il referendum del 9 giugno scorso, per mandare in Parlamento donne e uomini ·che hanno capito che se non sì fa la riforma elettorale non si risolve nessuno dei grandi problemi del paese. E che pertanto va invertito il rapporto tra riforme elettorali e maggioranza di governo: non sì dovranno fare le riforme compatibilmente con gli accordi di maggioranza - secondo la fallimentare esperienza della scorsa legislatura. - ma si dovrà cercare la maggioranza di governo compatibile con l'esigenza di fare le riforme. Non si tratta quindi dì moltiplicare le maggioranze, ma dì trovare in Parlamento quella capace di fare le riforme e dì dare al paese un sistema politico finalmente europeo. Se poi questa maggioranza potrà essere basata sull'accordo Dc-Psi, tanto meglio. Se le adesioni al patto saranno numerose e sincere (su questo secondo aspetto vigila un comitato nazionale dì garanti), per la democrazia italiana potrà aprirsi davvero una stagione nuova. In caso contrario, sarà diffìcìle aspettarsi qualcosa dì buono dalla prossima legislatura, qualunque sia l'esito delle elezioni.

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