Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 26/27 - mar./apr. 1992

reciproci; - gli spinosi interrogativi posti dalla società multirazziale che continua a vedere l'aumento dei flussi migratori, anche grazie alla interdipendenza iniqua di cui dicevo prima. Questi terni vengono ormai quotidianamente declinati anche nel dibattito politico italiano e, rispetto alla insoddisfazione e alla generica domanda di cambiamento che viene dalla società, stanno costituendo in gran parte il terreno preferito della cosiddetta nuova destra, pronta ad interpretare il bisogno di rottura incarnandolo in un progetto istituzionale, sociale e politico che risponde alle questioni sul tappeto in senso conservatore e neoautoritario. Rispetto a tali questioni la sinistra europea, ed in particolare quella italiana, è completamente da ridefinire nei progetti e nei soggetti se è vero, come è vero, che sta venendo espropriata del suo ruolo storico non riuscendo ad esprimere un'adeguata progettualità per un rinnovamento che affronti i problemi in senso democratico: la crisi del concetto storico di sinistra è a un punto tale che un partito come il Psi, sulle questioni cui accennavo e su altre, si ritrova più facilmente allineato con la nuova destra e pare sfuggire ad un'interlocuzione progettuale, e non solo strategico-tattica, che rimetta in discussione i nodi politici più importanti. La questione delle riforme istituzionali, ad esempio, è certamente oggi un discPirnine sul quale rirnotivare e rifondare il senso del termine sinistra: sarebbe mistificatorio però affrontare tale questione in astratto, quasi alla ricerca del migliore dei sistemi possibili, senza partire dalla crisi e dalla modificazione dei concetti di rappresentanza e partecipazione politica nel nostro Paese. I partiti tradizionali, infatti, avevano giocato un importante ruolo di aggregazione sociale nel dopoguerra, prima ancora che di rappresentanza istituzionale, e così anche, in modi e tempi diversi, i movimenti più o meno recenti che si sono lanciati nelle istituzioni: tutti, però, stanno scontando un'inadeguatezza strutturale rispetto alle sfide della riforma della politica ricadendo nei vecchi modi della delega, gli uni per il sopravvivere del peggio della forrnapartito, gli altri per gli eccessi di leaderiBibliotecaGino Bianco .P.lLBIANCO l.XltROSSO l 111 ®1Mil srno e la rnonoternaticità limitante insiti nella forma-movimento e particolarmente preoccupanti quando essa assume ruolo istituzionale. Una nuova sinistra democratica dovrebbe allora ripartire definendo in modo nuovo partecipazione e rappresentanza e ponendosi, in primo luogo, in dialettica con ciò che nella società si sta muovendo in questo senso. La realtà della cosiddetta società civile organizzata, l'associazionismo e il volontariato, infatti, esprimono in modo ampio ed inedito un modo nuovo di fare aggregazione sociale, mirante a ricostruire le relazioni di comunità, e un modo nuovo di esercitare i diritti politici di cittadinanza superando la logica contrattualistica della rappresentanza con la prospettiva della giustizia e della solidarietà: solidarietà e giustizia vengono intese, quindi, come valori e necessità storiche e come presupposti del progetto politico. ~ ~\'\~ ' " ~ '\ ""' ~ ~ '\ 38 Questi soggetti non pretendono di sostituirsi ai partiti o alle istituzioni, ma si presentano come gli attori sociali più adeguati e pronti, per capacità progettuale e legale col territorio, ad esprimere non genericamente il bisogno di cambiamento posto all'interno di una precisa idea di riforma della politica, che diventa fondamentale in modo particolare nella fase costituente che stiamo per attraversare. La sinistra italiana del dopo-Yalta, allora, andrà riconosciuta anche rispetto alla sensibilità e alla capacità di collaborazione che saprà avere nei confronti di tali nuove forme di partecipazione democratica: solo così, liberandosi da ormai incomprensibili e autoreferenziali apparentamenti storici, essa potrà darsi un'identità vitale attingendo ai valori della pace, della giustizia e della salvaguardia dell'ambiente sino a ridefinire i concetti di democrazia e partecipazione. Bisognerà esplicitare, però, che con democrazia e partecipazione non possiamo più intendere le grandi conquiste post-illuministiche dei diritti individuali, ma dobbiamo guardare al diritto all'autoprogettualità diffusa e alla responsabilità di autogestione nelle politiche, nella spesa pubblica e nello sviluppo economico. Questi valori ed obiettivi sono già ampiamente, anche se talvolta confusamente, percepiti da tutti quei cittadini che si dimostrano scettici verso i significati tradizionali di sinistra, democrazia e così via discorrendo. È dovere e compito di tutti quei soggetti politici che sono alla ricerca di nuovi itinerari di sinistra, misurarsi con questi bisogni e con le consapevolezze che vanno crescendo sapendo sintonizzarsi e partecipare alla cultura politica nuova che ne è alla base. Si tratta di un discrimine duro e reale che riguarda strutturalmente e profondamente i poteri e gli schieramenti politici: esso non è superabile con una politica che nega legittimità alle nuove forme di partecipazione che si vanno diffondendo nel corpo sociale, si schiera per un sistema istituzionale basato sul consenso alla persona decidente anziché sulla diffusione nel territorio di decisionalità e responsabilità e sulle questioni dell'economia, dell'ambiente e della pace riconosce il diritto di prelazione ai soggetti forti e non ai cittadini.

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