Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 26/27 - mar./apr. 1992

in questo: che essa è riuscita a progredire malgrado la guerra fredda, il Kgb e «gladio», i rubli e i dollari. Ed è riuscita a rappresentare quel progressivo distacco dei movimenti storici dalle ideologie che resta scolpito nella profezia di Papa Giovanni; e del quale siamo stati tutti testimoni e protagonisti. Analoga diffidenzanutro verso altri schemi, come quello della «democrazia dell'alternanza» in tutte le sue variabili. Alternanza di chi verso chi e che cosa? Se non sono chiare le linee di demarcazione, l'incognita di nuovi trasformismi incombe sulla scena. Non basta, ad esempio, sostituire il Pds alla Dc - coeteris paribus - per ottenere un diverso risultato della politica. Né è sufficiente identificare uno dei possibili punti del conflitto e identificare la parte buona rispetto ad esso per avere la disponibilità di una sintesi credibile. Messe cosi le cose non s'è dimostrato che sia impossibile stabilire le coordinate di una presenza che sia, in senso lato, «di sinistra», cioé non orientata a mantenere, ma a mutare le cose secondo una scala di valori che convenzionalmente riferirei al bene comune piuttosto che all'interesse singolo. S'è dimostrato però che l'impresa è difficile e non sopporta semplificazioni. E del resto mi pare che lo stesso Camiti se ne renda conto quando denuncia l'equivoco di parole d'ordine come il «fronte degli onesti». Di onesti infatti ve ne sono, grazie a Dio, sia tra i progressisti che tra i moderati e tra i reazionari. Cosi come tra i referendari di tutte le confessioni e tra i fautori di ciascuno dei progetti di riforma istituzionale ed elettorale che si contendono il campo. Il punto che resta sfocato e che bisognerebbe centrare meglio è, secondo il mio punto di vista, ancora e sempre quello dei fini dell'azione politica. A che cosa devono servire le riforme istituzionali, le garanzie di stabilità dei governi che tutti ricercano: a mantenere l'ordine costituito o a modificarlo? Ecome e in quale direzione? Non è una riproposizione delle ideologie evaporate, ma almeno l'esigenza di una direzione di marcia, il rifiuto di un pragmatismo scriteriato, di una prassi politica che non si dà piu pena di mediare interessi verso valori, appagandosi di una mediazione di scambio: interessi verso interessi. ,i>.. lL BIANCO il..11,ROSSO IU•#iilil Vorrei dirlo sommessamente, sapendo che il richiamo non va in una sola direzione: alla coscienza cristiana un simile modo di concepire la politica è tassativamente vietato. Ed ecco che la coscienza cristiana diventa fonte di dubbio metodico, di interrogazione continua di tutte le prassi in vigore e della loro pretesa di farsi egemoni semplicemente attraverso la conquista di una maggioranza (o del potere). 35 BibliotecaGino Bianco Ma, se ci si mette in ricerca senza intenzioni apologeriche o strumentali, ci si deve accorgere del fatto che, oggi piu che mai, l'impresa politica è di molto al di sotto del proprio obiettivo storico. Mentre la storia (e la geografia) spingono a guardare oltre la linea dell'orizzonte per includere nel circuito della azione politica anche ciò che non si vede, ma che esiste e pesa, la funzione di governo tende a restringersi in ambiti sempre piu limitati: non è solo la «lega», è anche una certa accezione di «patria» o di «nazione» od anche di «Europa», in termini di chiusura e di esclusione di rapporti ritenuti dannosi o sgradevoli. Le ideologie, una volta, consentivano un'operazione consolatoria, di dilazione: in attesa della rivoluzione accontentiamoci delle riforme. Oggi è certo che la rivoluzione non ci sarà, ma proprio per questo il discorso sulle riforme si fa più esigente. Ci si può fermare ad un ambito di razionalizzazione del piccolo mondo, per quanto moderno, in cui è cresciuta la prosperità senza affrontare il tema economico (economico e non sociale) dei dislivelli di ricchezza e di cultura che segnano un universo a molte incognite? E quale pensiero politico è in grado di abbozzare una risposta, una intuizione, in ordine alla ampiezza della solidarietà da mobilitare per una risposta adeguata? O ci si deve rassegnare a vivere in quella che il Padre Schasching chiama la «società di classi senza classi», una società cioé che produce miseria senza che gli esclusi abbiano più la forza, che fu del movimento operaio, di prendere coscienza e di autopromuoversi? Questa mi pare la sfida storica per qualunque posizione di sinistra: avere un pensiero che comprenda la dimensione delle questioni da affrontare in un impegno di umanizzazione della vita che non può non investire tutti gli abitanti del pianeta. Se poi questa sinistra dovrà stare al governo o all'opposizione, ciò sarà determinato dalla regola democratica. Ma finché una posizione netta non si identifica vi sarà campo libero solo per la confusione delle lingue. Il mio sommesso avviso è che una suggestione come quella qui adombrata sia destinata, per il momento, ad una collocazione minoritaria. Ma nulla vieta di sperare. Non si dica che la prospettiva è astratta. C'è un enorme risorsa da riciclare per ri-

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