Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 26/27 - mar./apr. 1992

~JJ,BIANCO l.XILROSSO l 11@10Mtl «Unitàsocialistaf»utura. Stabiliteàrisanamenotgogi H a ragione Camiti quando afferma che se nel Parlamento uscente le cose non andavano bene, in quello che si sta per formare le cose rischiano di andare peggio. Questo giudizio, del resto, corrisponde a quanto espresso da noi tutti un anno or sono allorquando, di fronte all'esplodere di profondi contrasti all'interno dell'Esecutivo, tra i suoi componenti e le forze politiche, cosi come di alcuni partiti nei confronti del Capo dello Stato, il Psi denunciò il crescente clima di rissosità con il quale si stava consumando l'ultimo scorcio di legislatura. Il perdurare di quel clima, l'affievolirsi delle ragioni di coesione e di solidarietà al1i'nterno della coalizione di governo avrebbe accelerato a nostro avviso un processo di disgregamento già in atto dell'intero circuito istituzionale. In quello stato, diremmo, sarebbe stato preferibile ricorrere ad uno scioglimento anticipato della legislatura piuttosto che farla sopravvivere priva di concreta capacità legislativautile al Paese, insomma, del ricorrente «tirare a campare». Dicemmo anche che questo avrebbe favorito ed agevolato un processo di frantumazione delle formazionipolitiche, esasperato la disaffezione dei cittadini nei confronti dei partiti, aggravato lo stato di salute dell'economia e che per queste motivazioni sarebbe stato meglio procedere all'elezione di un Parlamento rinnovato. Quei nostri pacati, cauti e ragionati segnali in direzione di un convinto senso di responsabilità furono lasciati cadere nel vuoto, ed anzi fu quasi lo scatenarsi di un coro nel dire che i socialistivolevanoaprire la crisi e ricorrere alle elezioni anticipate. Allo stato dei fatti e per come si è trasciBibliotecaGinoBianco di Agostino Marianetti nata l'ultima parte di legislatura non possiamo non confermare quanto espresso allora. Dietro l'effetto del crollo del comunismo internazionale, inoltre, si sgretolavano nel nostro paese alcuni punti di riferimento assai importanti per la Dc ed il Pds, partiti sì contrapposti ma pronti a sfruttare al meglio proprio questa particolarità. All'interno della Dc si apriva infatti una conflittualità esasperata ed esasperante che ha condizionato tutta l'ultima fase di legislatura; che ha aperto un conflitto nei confronti del Presidente della Repubblica il quale non poteva del resto sottrarsi ad un naturale diritto di replica. Sul piano ideologico la Dc si è trovata spogliata del suo ruolo di contenimento del pericolo proveniente dall'«Est»; pungolata contemporaneamente da iniziative di alcuni suoi leader patrocinanti di iniziative referendarie ed alleanze trasversali in onore alla politica dei «due forni», accerchiata da una parte del mondo cattolico che le imputava una gestione a dir poco spericolata della cosa pubblica, ed - infine - dagli stessi imprenditori. All'interno del Pds, viceversa, dilagava l'irrompere dei cambiamenti provenienti dai paesi a sovranità limitata, tracimando con sè certezze ideologiche e rituali politici, producendo e lasciando dietro di sé sconcerto, smarrimento e mutazioni profonde. Il tutto con comportamenti ancora non chiari, incerti sul da farsi, ondeggianti tra posizioni vetero massimalistiche ed iperconsociativistiche. Insomma, un «potpourrì» ancora indecifrabile, in ogni caso con il rifiuto dichiarato di avviare almeno un pronunciamento su di una prospettiva effettivamente riformistica. Ma quel che è peggio è che tale sfaldamento complessivo ha fatalmente genera32 to una reazione a catena di grande instabilità, di grande precarietà. Ciò è avvenuto ed ha raggiunto la sua fase massima contemporaneamente al manifestarsi di un altro fenomeno, vale a dire la sempre minore attrazione e propensione dei cittadini nei confronti dei Partiti e delle loro dispute, spesso incomprensibili ed indecifrabili se non per gli addetti ai lavori. Ma era forse necessario attendere la crescente corporativizzazione del conflitto e del malessere sociale, o il voto di Brescia, per rendersi conto di ciò? Del resto, se non sono i Partiti a leggere i cambiamenti profondi che si manifestano e ad adattarsi ad una realtà sociale in permanente evoluzione, lo «choc» democratico, quello del consenso o del dissenso, o del consenso espresso ed affidato a formazionipseudo-politiche neonate, è certo quello più legittimo, riconoscibile ed interpretabile. L'altra soluzione è o potrebbe essere quella di un sussulto di vitalità da parte dei Partiti, una rigenerazione, una autoriforma, un rinnovamento tale da consentire unaripresa del rapporto tra eletti ed elettori, tra Istituzioni e società civile, ed avendo modo di riqualificare l'intervento economico dello Stato in favore delle categorie meno protette e più bisognose della società. Nell'attardarsi nella predisposizione della seconda soluzione - forse per calcolo, per disattenzione o nella convinzione di poter riassorbire il tutto - l'esplodere della prima ha mandato in frantumi numerose finestre, danneggiando ancora di più un edificio che invece si sarebbe potuto restaurare con gradualità e minor sacrificio. Il bilancio è quello di un conflitto dove si colpisce senza regole, dove le alleanze trasversali fondate su uno stridente dosaggio tra ex Dc, ex Pci, filoDc e filo Pds, neo regionalisti e separatisti, dissidenti vari e

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