.Pll, BIANCO '-Xli.ROSSO IMiHkUAliNI Sono quindi posizioni che possono essere contrastate solo con una forte correzione dei comportamenti che imprima più trasparenza, più ricambio e più moralità alla vita politica. La condizione perché questo si verifichi è legata alla effettiva capacità e volontà di cambiare regole istituzionali ed elettorali ormai ossidate, promuovendo una indispensabile riforma fondata sul duplice riconoscimento: del principio di responsabilità e della più larga autonomia. L'esitodelle elezioni deciderà inoltre del modo con cui sarà affrontata l'altra grande questione: quella del risanamento economico e finanziario. A questo proposito si deve, innanzitutto, riconoscere che uno Stato che funziona poco e male, uno Stato debole, uno Stato sperperatore e partigiano, è uno Stato che non corrisponde alle esigenze di coesione e solidarietà. Perché è inerme e si arrende di fronte alle prepotenze, alle chiusure corporative, che esprimono, di solito, le posizioni di chi è più forte, non di chi ha più ragione. Bisogna anche dire che nelle politiche di risanamento non è il rigore che offende. Ciò che offende è il privilegio. Sono assurde diseguaglianze nella ripartizione dei costi. È la mancanza di equità. L'eguaglianza non è, infatti, un orpello da demagoghi. Eguaglianza, ovviamente, non intesa come omogeneità forzosa, come requisito alla formazione di masse anonime, ma come l'insieme delle possibilità basilari che attribuiscono cittadinanza a ciascuno e che gli consentono di rispettare e sviluppare la propria personalità. Perché ciò sia possibile la condizione resta la solidarietà. La tendenza cioé a riconoscersi in un comune destino al di là dell'immediato. Questa considerazione deve spingere ad una appropriata riflessione in ordine ai criteri quantitativi e, soprattutto, qualitativi di riorganizzazione dello Stato sociale. Il dato da cui occorre partire è che, mentre diventano più determinanti per la qualità del vivere i servizi ed il tipo di ambiente sociale, lo Stato Sociale, grande ed incompiuta conquista dei lavoratori e del movimento riformista, viene messo fortemente in discussione. In discussione per il suo costo che produce deficit, inflazione, crescente peso fiscale. In discussione per la sua scarsa efficenza. In discussione perché risulta troppo ingombrante ed onnipresente. Per difenderlo occorre perciò riformarlo sul serio. In caso contrario si rischia di smantellare un riferimento che è invece indispensabile ad una crescita della socializzaBibliotecaGino Bianco 3 zione. La parola socializzazione è da qualche tempo un po' screditata perché nei paesi dell'Est aveva assunto, nei fatti, il significato di statizzazione. In realtà essa esprime, invece, l'istanza solidaristica. La difesa delle «legature» negli ordinamenti pubblici e nelle varie istituzioni. Come è noto in questo secolo il compito di assicurare il rispetto di alcuni fondamentali diritti sociali, è stato assolto con una progressiva costruzione dello Stato Sociale. La sua realizzazione ha tradotto, in termini di moderna democrazia dei ·servizi, funzioni che derivano da valori di solidarietà, mutua assistenza e spirito cooperativo propri del mondo del lavoro. Il passaggio allo Stato di questi compiti, ed il loro sviluppo, ha prodotto una enorme quantità di benefici. Ma ha dato anche luogo, nel tempo, ad una serie di problemi di ordine economico e funzionale che sono oggi al centro del dibattito politico, in Italia come nel resto dell'Europa. In discussione sono le dimensioni della spesa pubblica, ma anche la qualità delle prestazioni. La cosidetta «crisiburocratica» dello Stato Sociale esige quindi un duplice ordine di cure che affronti entrambi gli aspetti del problema. Un importante indirizzo della cultura politica, che si ispira ai valori del riformismo e della solidarietà, suggerisce di curare l'elefantiasi e la burocratizzazione dello Stato Sociale con l'immissione nei suoi apparati del sostegno e della partecipazione della società civile, dei gruppi organizzati, del volontariato, delle cooperative di solidarietà sociale. Pensiamo si debba condividere questo indirizzo. Mentre non è affatto condivisibile la posizione di chi tende a considerare tale richiesta di partecipazione e di presenza come intrusioni di un mondo arcaico o, addirittura, vagamente confessionale. Insomma una sorta di regressione rispetto alla moderna cultura dei diritti sociali dell'individuo. Non si può condividere questa posizione proprio perché lo Stato Sociale è anche espressione di quei valori di mutualità e solidarietà di cui dovrebbe essere, per molti aspetti, la realizzazione più compiuta ed universale. Questa considerazione non ci induce, naturalmente, ad oscurare un altro incontestabile dato di fatto. Vale a dire che l'universalizzazione della solidarietà attraverso lo Stato ha comportato, accanto ad una crescita quantitativa delle prestazioni, un impoverimento della sua qua-
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==