_p_JLBIANCO l.XILROSSO Miliiliiid Chiesaitalianae unitàpolitica nellaDc:chipaga? di Giovanni Gennari o scelto un titolo provocatorio, per questo ul- H timo pezzo sul rapporto tra cattolici, - Chiesa, associazioni, movimenti, singoli credenti, ecc. -, e politica in Italia. La provocazione, contenuta nella domanda, e nel modo rude in cui è formulata, può intendersi più pacatamente così: quali sono i costi che la Chiesa italiana, la comunità ecclesiale nel suo complesso, ha pagato con il suo stringersi attorno alla Dc fino alla identificazione con essa, nel passato, e quali sono i vantaggi che ne ha ottenuto? Domanda complessa, cui deve andare una risposta complessa, sia per ragioni di tempi diversi, dato il fatto che la risposta stessa deve prendere in considerazione quasi 50 anni di storia, che per ragioni di contenuti diversi, perché si deve parlare di costi e vantaggi nei diversi ambiti, materiali e spirituali, di denaro e di rispetto, di potere e di credibilità, di energie e di uomini, di testimonianza e di discredito ... C'è, innegabile, una provocatorietà oggettiva, nel tema. In termini di dare ed avere in denaro, in potere, in privilegi, il discorso viene spesso evidenziato dall'opinione pubblica, con toni di critica dura. E'infatti continuo, almeno su certi giornali e settimanali, lo «scandalo» per il potere della Chiesa e dei preti, per le ricchezze ecclesiastiche, per i vantaggi molto mondani che verrebbero, al potere ecclesiastico in Italia, dalla sua identificazione politico partitica con la Dc. Non discuto, qui, sulle vere ragioni dello «scandalo», sul fatto che spesso si tratta di rivalità pura per il possesso degli stessi beni che si criticano, sul riconoscimento indiretto alle ragioni evangeliche di purezza e distacco che viene dalle critiche stesse di chi dice di non prendere sul serio il Vangelo...Constato. Un solo esempio, recentissimo e duro, che è una sola goccia esplicita nel mare per lo più implicito, ma pesante. BibliotecaGino Bianco 15 Su «Panorama» (8/3/92) un servizio di 4 pagine ha un titolo chiaro: «Grandi manovre: lo scambio Dc-vescovi. Voto a rendere». In pratica si sostiene, appoggiando la tesi su una casistica di fatti elencati, che la Chiesa italiana appoggi la Dc per un calcolo molto terreno, di potere e di denaro, per garantirsi privilegi vecchi e nuovi per assicurarsi «soldi per le scuole religiose», leggi in aiuto alla concezione cattolica della famiglia, tutela del patrimonio immobiliare ed artistico, garanzia che il Concordato del 1984sia interpretato secondo gli interessi ecclesiastici, e cose simili. Il discorso è brutale, certo, ma sono brutali anche le parole che suonano, tra virgolette, in bocca a qualche potente Dc come Sandro Fontana, direttore del quotidiano ufficiale della Dc: «LaChiesa ha bisogno di una Dc forte, oggi più che mai». E in questo contesto le parole, che suonano certamente maligne, di qualche laico eccellente, come il prof. Francesco Margiotta Broglio, sono una semplice conseguenza di ciò che sembra chiaro: «Solo enfatizzando il proprio ruolo i vescovi possono riscuotere i crediti dopo le elezioni». Non sarà così, nell'intenzione dei vescovi, e io non ne dubito, ma è un fatto che c'è tanta gente, e non solo intellettuali e politici, che pensano che in fondo la raccomandazione più insistente che mai dell'unità politica dei cattolici, anche in questa occasione elettorale, che vuol dire inequivocabilmente la raccomandazione del voto Dc, si spieghi fondamentalmente con questo meccanismo greve di dare ed avere: altro che principi, e altro che valori! Il sottotitolodi «Panorama» è insultante: «LaGei prepara il conto». Non è questo il discorso che svolgerò nelle righe seguenti, ma lo dovevo segnalare, perché va considerato seriamente, se si hanno a cuore le sorti della Chiesa italiana e della sua credibilità, il fatto che questo discorso è reale, è fatto, è diffuso tra la gente, corre su tante bocche, trapela da tante
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