- I - ~.lL BIANCO lXILROS.SO Mililil•d Privatizzairseervizi? Sì, maconregole tutele di Carlo Mitra servizi, siano essi rivolti ai beni che alle persone, sono la nuova frontiera della crescita economica e sociale delle società sviluppate, di quella italiana in particolare. I servizi, tradizionalmente considerati attività marginale dei processi produttivi e dell'economia, divengono sempre più attività strategiche. Siamo in piena transizione verso la società dei «servizie della qualità»: il raggiungimento di questo obiettivo definirà per il futuro il grado di forza e di sviluppo del nostro Paese. In Italia lo sviluppo dei processi dovrebbe essere più marcato che altrove per le caratteristiche strutturali proprie, che evidenziano un doppio fenomeno: da una parte la relativa arretratezza del livello di terziarizzazione rispetto a Paesi di pari livello di sviluppo, dall'altra una sproporzionata presenza della Pubblica Amministrazione nella erogazione diretta di servizi. Fatto questo che non trova eguali in altri Paesi ad economia libera e sviluppata. L'insiemedi questi dati ci indica che pur tra grandi difficoltàe contraddizioni, in tale comparto avverranno grandi cambiamenti. Di queste problematiche vorrei affrontare in modo più specifico il versante de-pubblicizzazione di molti servizi attualmente resi dalla Pubblica Amministrazione. C'è convinzione diffusa della necessità, non più rinviabile, di riorganizzare a fondo una spesa pubblica che non è più in grado di reggere la logica della sommatoria di risposte ai bisogni di oggi, conservando tutto ciò che nella storia si è consolidato e stratificato. Si propongono sempre nuove esigenze e quindi necessità di priorità, cresce in modo esplosivo la domanda di qualità dei servizi resi, si accentua il bisogno di riscontrare una diversa resa economica degli stessi. Tali nodi non sono risolvibili nell'ambito della 12 gestione diretta da parte del Pubblico; solo il passaggio alla gestione in forma privata, può modificare una situazione fortemente compromessa. I.:operazione,obbligata per certi versi, comporta però anche molti rischi ai quali dovrebbe essere dedicata più attenzione politica e culturale di quanto non stia facendo. Non è indifferente il come tale processo avverrà, non è la stessa cosa se sarà de-pubblicizzazione o privatizzazione. Non si tratta solo di terminologia; non tutto è privatizzabile e soprattutto occorre tenacemente salvaguardare la titolarità, il governo e il controllo «pubblico» dei servizi separando programmazione, governo e controllo dalla gestione all'erogazione. È preoccupante come sull'onda del «privatizziamo» si proceda senza adeguate linee politiche esplicite circa la conservazione dei fondamenti essenziali della nostra esperienza di welfare e di pluralismo. Così come altrettanto preoccupante è come tutto ciò avvenga senza una forte presenza progettuale del sindacato che oscilla tra perdenti atteggiamenti corporativi (teniamo tutto dentro) e l'assistere quasi con indifferenza ad un processo progressivo di passaggio di forti fasce di mercato dal pubblico al privato. Il problema dei servizi resi con certezza e con standard di efficienza e qualità è una delle attese più forti dei cittadini. Affrontare con senso strategico grandi progetti di depubblicizzazione dei servizi è una scelta che la politica e gli amministratori pubblici devono compiere con coerenza e a breve. Dopo tanto parlare di depubblicizzazione, bisogna dire che, ad oggi, di strada non se ne è fatta molta. E quei pochi tentativi messi in atto hanno evidenziato quante siano le complessità, le difficoltà. Il nocciolo duro si ritrova in una resistenza BibliotecaGino Bianco
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