Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 25 - febbraio 1992

_p-tJ. BIAI\CO l.XltR~ Mii•li••d to della sinistra complessivamente intesa, cioè dell'alternanza, avrebbero dovuto spingere il Pci-Pds per il regime presidenziale, mentre quelle dell'autoconservazione lo avrebbero potuto indurre arifiutare tale regime e a propendere per la riforma elettorale. Nel gennaio 1992,all'inizio della campagna elettorale per la XI legislatura, a fronte di una Dc divisa fra collegio uninominale (M. Segni) e premio di maggioranza, ma tutta schierata in via pregiudiziale contro qualsiasi regime presidenziale, si sono pronunciati per quest'ultimo con o senza riforma elettorale connessa): il Psi; il Pli; da ultimo anche il Pri (G. La Malfa con interessantissima, non casuale, opzione per il sistema americano, più funzionale all'alternanza e più coerente sotto il profilo istituzionale); persino il Psdi, almeno sull'elezione popolare del capo dello Stato; nonché fuori dell'«arco costituzionale», ma non del parlamento, il Msi e la Lega. E il Pds? Sta con la Dc o la lascia isolata? Le «analisi e proposte per un programma di legislatura», redatte nel novembre 1991col titolo L'italia versoil 2000 (108pag.) e diffuse adesso come «materiale di discussione», si pronunciano, «anzitutto», per una riforma elettorale «che induca i partiti a presentare coalizioni di governo, eventualmente con una preliminare designazione esplicita del primo Ministro»; «la coalizione che riporta il maggior numero di voti ottiene un premio elettorale, che le consente la maggioranza assoluta in Parlamento, ma è obbligata ad attenersi alle forze poliBibliotecaGino Bianco 9 tiche che si sono esplicitamente coalizzate: una crisi della coalizione comporta la fine della legislatura»; così si «affida ai cittadini, e non ai partiti, la scelta di chi deve governare» (p. 29-30, nel paragrafo «I cittadini devono poter scegliere il governo»). Era difficile intrecciare più strettamente l'ambiguità politica, la confusione lessicale, la incultura costituzionale. Vediamo perché. Intanto il regime del Primo Ministro è sostanzialmente estraneo, in questi termini, alle grandi democrazie europee e occidentali che non conoscono se non regimi parlamentari (Regno Unito) o semi-parlamentari (Germania) o semi presidenziali (Francia) o presidenziali (Stati Uniti). Offre al Pds il vantaggio dialettico di collocarsi a metà strada e non scegliere tra il regime del Primo Ministro eletto dal Parlamento (Germania, cancelliere, ma su proposta iniziale del Capo dello Stato) e il regime presidenziale, cioè con elezione popolare (ma del Presidente della Repubblica). In sé, a tacer d'altro, è squilibrato, specie nel rapporto tra Capo dello Stato e capo del governo. Tuttavia, a ben vedere, dal Pds non è proposta una vera elezione popolare del Primo Ministro come tale e, dunque, una contrapposizione finale tra due candidati (come sarebbe in un regime presidenziale), bensì semplicemente una designazione preventiva fatta dei partiti quando si sono coalizzati per le elezioni. Per giunta, siffatta designazione è definita «eventuale». Che significa? Che il Pds non sa ancora se proporla? Oppure che i partiti coaliz- ---- '

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