Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 25 - febbraio 1992

.{)_lJ, BIAl\CO lX.ltROSSO ilii•lil•II Riforme alternanza il Pdsancornaellanebbia di Ettore Rotelli e hi riteneva che tutti i principali problemi della società italiana, a cominciare dal deficit della finanza pubblica e dalla inefficienza dei servizi, ben lontani questi e quella dagli standard europei occidentali, dipendessero essenzialmente dal funzionamento del sistema politico, considerava la trasformazione del Pci soprattutto per quello che sarebbe stato il suo atteggiamento sulle riforme istituzionali. Se l'anomalia consisteva nel mancato funzionamento ad alternanza di due partiti o, meglio, di due schieramenti contrapposti, soltanto adeguate riforme istituzionali avrebbero potuto «indurre» tale bipolarismo, accelerando un processo che, magari alla lunga, nel prossimo secolo, si sarebbe verificato ugualmente per via politica spontanea, ma troppo tardi per una partecipazione italiana paritaria alla formazione della comunità europea e dello Stato federale. Siffattobipolarismo, d'altra parte, non era certo ipotizzabile come creazion~ improvvisa, fuori della storia politica, oltre che economico-sociale, dell'Italia e dell'Europa stessa. Se uno dei due «poli» avrebbe continuato a far capo inevitabilmente a un partito denominatosi «cristiano» (Dc), l'altro non poteva fare a meno della tradizione socialista e del1'unico suo partito che fosse in linea di continuità (cioè non da scissione) con quello fondato un secolo fa (Genova 1892) e non risultasse coinvolto, per la sua storia, dal crollo dell'esperienza comunista in Europa. Insomma, una sinistra non troppo dissimile, infine, quanto meno nei confronti del comunismo, dal laburismo britannico, dal socialismo francese e spagnolo, dalla socialdemocrazia tedesca e formata, naturalmente, col concorso delle altre componenti culturali laico-democr tiche progressiste, antiche o recenti, comunque vive e operanti. Poiché non si trattava, come nel Regno Unito, di «conservare» il bipolarismo esistente, bensì di BibliotecaGino Bianco 8 determinarlo, la riforma istituzionale più idonea allo scopo, l'unica sicura nell'effetto, era un regime di tipo presidenziale. Le ragioni, anche tecniche, tante volte illustrate, sono già scritte nella storia europea: in estrema sintesi, la necessità della contrapposizione finale di due soli candidati nella elezione popolare diretta del Presidente della Repubblica. Questa soluzione, peraltro, è più funzionale di qualsiasi altra per la stabilità e la governabilità, per una centralità non formale del parlamento (non più espropriato di fatto, per esempio, della funzione legislativa con leggi e decreti-legge imposti dal governo a colpi di «fiducia»), per la costituzione di autonomie regionali incisive (improbabili e improponibili senza un esecutivo nazionale robusto), infine per la riduzione della partitocrazia (che è un prodotto della frammentazione e non a caso è ben minore nei sistemi bipolari ad alternanza). Viceversa una riforma puramente elettorale, che, vigendo la proporzionale, in ogni caso sarebbe stata in senso maggioritario, non avrebbe determinato il bipolarismo necessariamente (per la diversità dei due partiti maggiori nei singoli collegi elettorali), né conseguito, oltre tutto, i benefici istituzionali appena indicati. Semmai, al contrario, avrebbe fermato e impedito l'evoluzione naturale del sistema: non solo consentendo forse alla Dc di poter governare da sola, o quasi, ma anche, soprattutto, conservando la sinistra sotto l'egemonia comunista e quindi soccombente ancora a lungo nel confronto elettorale, cioè senza prospettiva di inizio del1' alternanza. Si attendeva l'atteggiamento del Pci (poi Pds) sulle riforme istituzionali perché nessuna organizzazione economica o sociale o politica promette o decide o attua una politica - per quanto corrispondente alla sua ragion d'essere - se essa non sia compatibile con la propria sussistenza (come organizzazione) e con la conservazione (almeno la conservazione) del suo ruolo: le ragioni dell'avven-

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