Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 25 - febbraio 1992

collaborazione e di integrazione per innovare, anticipare, sperimentare. 2) Impegnarsi soprattutto per realizzare nuove relazioni di comunità. La nostra società produce emarginazione perché è carente di relazioni. Nei condomini la gente non si conosce, i quartieri sono solo degrado o dei dormitori. Gli anziani, ad esempio, non hanno solo bisogno di una sanità che funzioni e di una assistenza domiciliare (pur importantissima), hanno anche _p_(J, BIANCO i.Xli.ROSSO l 111 #i•lil una forte esigenza di socialità: partecipare, frequentare la città, impegnarsi culturalmente e politicamente. Questo ragionamento vale per tutti: senza nuove relazioni di comunità esistenziale, economica, politica non freneremo il degrado e l'emarginazione. 3) Dare un contributo al rinnovamento della democrazia . C'è ormai un chiaro nesso tra le condizioni di emarginazione e l'incapacità della politica e della nuova democrazia di rimuovere le cause dell'ingiustizia, come vuole la nostra ormai bistrattata Carta Costituzionale. Non è un generico impegno politico, ma una chiamata alla riforma della politica come si sta facendo già con la lotta alla mafia, la legge finanziaria, le riforme elettorali, l'Europa e il Mediterraneo. Non sarà un lavoro facile. È però la condizione per dare realmente voce e rappresentanza ai tanti ultimi e normali emarginati da una normalità ingiusta e superficiale. Cooperaziosnoeciale e sfidedellanuovasolidarietà I: emanazione della Legge sulla cooperazione sociale ratifica e consolida una evoluzione di quelle iniziative solidaristiche che, attraverso lo strumento cooperativo, hanno fatto proprie, in questi ultimi anni, tre sfide di non mediocre rilievo: quella dell'imprenditorialità, quella della democrazia, quella della trasparenza. Ora, alla luce del dettato normativo queste sfide possono essere confermate, rimesse a punto e diventare frontiere generali di evoluzione sociale e civile. La sfida dell'imprenditorialità Parlare dieci anni or sono di «impresasociale» significava essere guardati con un misto di perplessità e compatimento. L'idea che si potesse essere imprenditori per il bene comune, anziché per realizzare profitti pareva ai più una stravaganza condita da ignoranze e presunzioni. Eppure già allora molti «imprenditori sociali», in gran parte appartenenti all'area del volontariato, erano all'opera e stavano attivando iniziative, recuperando ed organizzando risorBibliotecaGino Bianco di Felice Scalvini se, inventando nuovi modi per produrre servizi e interventi sociali. Ai più appariva poi fantasiosa l'idea che un settore - quello delle politiche sociali in generale e dei servizi sociali in particolare - da sempre considerato luogo di erogazione di ricchezza, recuperata dalle finanze pubbliche o dalla liberalità dei privati, potesse sviluppare al proprio interno i processi di produzione di ricchezza tipici dell'azione imprenditoriale. Ora tutto questo scetticismo pare suparato. L'azionedi centinaia di imprenditori sociali ha prodotto il riconoscimento di questa nuova forma d'impresa, sino ad oggi assunta dall'ordinamento del nostro Paese. L'art. I della Legge 381 sancisce infatti - la finalizzazione «all'interesse generale della comunità» dell'attività delle cooperative sociali; - lo svolgimento della attività nei settori sociali, sanitario, educativo e delle politiche del lavoroper soggetti svantaggiati. Ambedue le idee guida maturate e sperimentate in questi anni hanno trovato traduzione normativa: è legittimo essere im58 prenditori per il bene comune ed esserlo operando nell'area delle politiche sociali. Ora si pone peraltro il problema di garantire che la spinta imprenditoriale non si attenui e che le cooperative sappiano mantenere una forte coerenza con la finalitàsociale che le caratterizza ed una costante propensione al miglioramento sul piano della innovazione e dell'efficienza. Vi è infatti il rischio che il riconoscimento ottenuto, collegato all'assenza di una chiara visione da parte di soggetti pubblici locali, finisca per orientare una rilevante parte delle cooperative sociali verso una gestione di tipo parapubblico, attuando semplicemente un processo di esternalizzazione dei servizi pubblici, moltospessoattraverso la pura - e poco nobile - attività di internalizzazione di manodopera. La sfida dell'imprenditorialità è dunque quanto mai attuale ed interpella tutti i vari cooperatori sociali. La sfida della democrazia Anche il tema della democrazia trova nella esperienza e nella normativa della cooperazione sociale uno snodo attuativo

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