il soggetto pubblico sia in termini finanziari che di attività. Questo negherebbe allora la possibilità di identificare queste organizzazioni come un qualcosa di nettamente separato, un «terzo settore», dall'azione dello Stato o dal mercato. Le poche ricerche empiriche di ampio respiro e la difficoltà ad inquadrare il fenomeno del volontariato impongono sempre molta cautela nel muoversi in quest'area concettuale. Vanno comunque ricordate alcune acquisizioni comuni nella definizione di «volontariato», in parte assunte anche dalla recente legge li agosto 1991 n. 266. Innanzitutto, va precisato che ci si riferisce non ai singoli individui che prestano la loro opera volontariamente, ma a delle associazioni di volontariato. Pur nella difficoltàdefinitoria, le loro caratteristiche essenzialipossono riassumersi nell'essere organizzazioni prive di fini di lucro 1 , di tipo formale, dotate di strategiedi azione rivolte a terzi, di autonomiadecisionalee di autogoverno. In generale, la loro azione è ispirata da valori e norme socialmente orientati. Nonostante il tentativo di delineare i contorniprincipali delle organizzazioni di volontariato, risulta chiaro che l'immagine interna appare in realtà assai sfaccettala ed articolata. Le ricerche svolte ci consegnano forme, ambiti di impegno e dimensioni dei gruppi di volontariato diversificali e molteplici. In generale le stesseorganizzazioni mostrano una «plurifunzionalilà»(cioè lo svolgere più tipi d'intervenli) e una conseguente «multi-utenza» (cioè rivolgere gli interventi verso più categoriedi utenti). Ciò le porta ad intrattenere rapporti intensi con l'ente pubblico ed una capacità di mobilitare risorseumanevolontarie e professionali anche elevale. Aitraiti peculiari si legano, però, anche alcunezone d'ombra. L'impressione che si ricavaè che le maglie della «rete» delle organizzazionidiffuse sul territorio a volte si sovrappongano duplicando gli interventie disperdendo risorse altrimenti coordinabili. Inoltre, la maggior parte delle organizzazionivolontarie si caratterizzano per la loro aspecificità, cioè per una non settorializzazione dell'intervento, la qualcosapone grossi problemi al mantenimentodi interventi professionalizzati e .P-ll, BIANCO l.XltROSSO IU•@Olil personalizzati. Il sistema di welfare rappresenta così uno degli ambienti «naturali» entro il quale il «volontariato» si muove. E, allo stesso tempo, l'intervento pubblico non è più in grado di fornire risposte soddisfacenti ai bisogni crescenti della popolazione. Politiche sociali e «volontariato», dunque, sono aspetti complementari fra loro. Ma le prime non possono fondarsi esclusivamente sul «volontariato». Sia perché le organizzazioni volontarie non posseggono ri51 BibliotecaGino Bianco sorse (umane, economiche, professionali, culturali) ampie; sia perché, come le ricerche dimostrano, esse in generale si rapportano al soggetto pubblico in maniera prevalentemente pragmatica. Mantengono cioè contatti con qualche settore delle istituzioni pubbliche allo scopo di mantenere ed ampliare spazi di autonomia nei quali sperimentare forme nuove di intervento. Il che le porta, inevitabilmente, a forme di conflitto e concorrenzialità fra di loro. Per alcune, infatti, si configura una transizione da una forma di erogatrici ad una di venditrici di servizi al soggetto pubblico. Quindi, il sistema di welfare necessita soprattutto di un intervento pubblico che sia programmatorio e di coordinamento fra i suoi interventi e quelli del «volontariato». Resta però un problema ancora aperto e cioè che il soggetto pubblico non sembra ancora dotato di quegli strumenti necessari a misurare la bontà e l'efficacia degli interventi sia del «volontariato» e tanto meno dei propri. Infine, vorrei rilevare come il dibattito sulle organizzazioni volontarie più spesso abbia risentito di un eccessivo accostamento concettuale al sistema di welfare e alla sua crisi, celando così gli aspetti peculiari che contraddistinguono il volontariato. Pur rimanendo centrale la riflessione dello sviluppo del sistema di welfare in collegamento con le forme dell'agire volontario, non si può non concordare con quanti sottolineano l'esigenza di considerare comunque il volontariato come un attore collettivo dotato di una propria autonomia e strategia; come un soggetto che risponde anche ad esigenze e domande sociali che esorbitano dalla sfera della sola assistenza; come un nuovo soggetto collettivo in cui si catalizzano e prendono forma stili di vita, di impegno e di appartenenza. I. Anche se escluse dalla recente normativa,appare opportunoconsiderareIrale organizzazioni non prolit anche quelleorganizzazioni,come le cooperativedi solidarietà sociale, che operano per l'inserimentosociale e lavorativodi soggetti svantaggiali.In questi casi pur configurandosicomeun soggettoeconomico,tuttavia il profittoottenutodal lavoronon è destinalo all'accumulo, ma ad un re-investimentoa fini sociali.
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