Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 25 - febbraio 1992

,P.tJ, BIANCO lXll,ROSSO liih4i•ltl Cooperazione, lavoroe statosociale dopola legge-quadro a legge 381 del 1991, ricono- L scendo un fenomeno già capillarmente diffuso sul territorio nazionale, quello delle cooperative sociali, introduce importanti novità nell'organizzazione dei servizi sociali, sanitari ed educativi. La legge è certamente in ritardo rispetto al reale sviluppo del fenomeno, iniziato alla metà degli anni '70 e intensificatosi nel corso degli anni '80, mentre si inserisce, questa volta con tempestività, nel dibattito sulla opportunità di privatizzarela produzione di una parte dei beni e servizi di interesse collettivo, istituendo una nuova forma di impresa, destinata alla produzione di servizi sociosanitaried educativi e all'organizzazione di attività produttive finalizzate al reinserimentolavorativo,e quindi alla formazione sul lavoro, di soggetti che presentano caratteristiche che rendono difficile un loro collocamento diretto in attività lavorative normali. Rispettoai diversi soggetti delle politiche sociali, la cooperativa sociale presenta le seguenti peculiarità: a. condivide con l'impresa privata la libertà di iniziativae l'attribuzione della responsabilità gestionale ai sociprivaticittadini,ma si differenziadalla stessa in quanto tenuta a perseguire «l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini» ed è vincolata nella distribuzione dell'utile di esercizio; b. condivide con l'associazione di volontariato libertà di iniziativa, responsabilità gestionale dei soci, l'obiettivo della promozione umana e dell'integrazione sociale e il vincolo alla distribuzione degli utili, ma si differenzia dalla stessa perché più di CarloBorzaga nettamente connotata in senso imprenditoriale e dalla presenza di lavoro professionale; c. condivide con l'ente pubblico le finalità e gli ambiti di intervento, ma si distingue perché fruttodi libera iniziativa e perché gestita secondo criteri privatistici. Con l'approvazione della legge viene così riconosciuta la non coincidenza tra lavoro sociale, o lavoro nel sociale, e sistema di welfare pubblico, o stato sociale e si pongono le basi per una crescente separazione. La possibilità di organizzare il lavorosociale non solo attraverso i modelli burocratici tipici della pubblica amministrazione, ma anche attraverso modalità proprie dell'impresa privata, si traduce in primo luogo in un aumento dell'autonomia del lavoro sociale dal punto di vista organizzativo. Da ciò ci si attende un miglioramento dell'efficienza, a seguito soprattutto della maggior flessibilità che dovrebbe caratterizzare le cooperative sociali. Se questo fosse l'unico risultato della diffusione di cooperative sociali, la divisionedei ruoli tra lavoro sociale e stato sociale vedrebbe il primo con funzioni prevalentemente esecutive e il secondo con funzioni strategiche. Questa interpretazione, oggi molto diffusa, del ruolo del lavoro sociale organizzato in forma cooperativa è tuttavia riduttiva della libertà di iniziativa che deriva dalla natura stessa della cooperativa. Questa permette infatti a gruppi di cittadini di organizzarsi per rispondere a problemi particolari presenti in un determinato territorio anche nel caso in cui non siano previsti interventi dello stato sociale in quelle aree territoriali o di bisogno. I.:unicovincolo è dato dalla necessità di acquisire le risorse necessarie ad organiz43 BibliotecaGino Bianco zare e finanziare il servizio, risorse che possono però provenire anche da fonti diverse da quelle pubbliche, potendo essere reperite o tra i soci (lavoro volontario, capitale sociale e prestiti da soci), o tra le organizzazioni con finalità umanitarie e solidaristiche (fondazioni, privati cittadini, ecc.) o attraverso la vendita dei servizi (a prezzi uguali o inferiori ai costi). Il lavoro sociale acquista così un'autonomia molto più ampia di quella meramente organizzativa: esso può promuovere nuove tipologie di servizi, dar risposta a particolari o nuove situazioni di disagio o a specifiche domande di servizi sociali o educativi, contribuendo alla costruzione di un sistema di welfare più vicino alle reali esigenze della collettività. Se si tiene conto di ciò la divisione dei ruoli diventa meno netta: le cooperative sociali possono assumere accanto a quelle gestionali anche funzioni strategiche. !.:autonomia del lavorosociale dello stato sociale diviene più marcata. Perché questo modello pluralistico si possa effettivamente realizzare sono tuttavia necessarie alcune condizioni. In particolare: a. che le cooperative sociali, e quindi i soci che le compongono, pongano particolare cura allo sviluppo delle proprie capacità imprenditoriali e adottino forme organizzative che agevolino lo svolgimento del ruolo promozionale della cooperazione sociale; b. che gli enti locali prevedano non solo forme di affidamento della produzione di servizi e di controllo trasparenti e adeguate al nuovo modello (peraltro ancora largamente assenti e molto approssimative), ma adottino anche interventi promozionalipiù generali e contribuiscano a formare un

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