Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 25 - febbraio 1992

Le tre linee di evoluzione sono evidentemente compossibili, anche se è probabile che in ogni area di intervento una tenda ad imporsi sulle altre definendo così dei modelli prevalenti di interazione fra i tre settori (pubblico, privato, non-profit) e, conseguentemente, di lavoro sociale. A mio parere la prima linea di evoluzione rappresenta l'ipotesi più infausta o, comunque, meno interessante perché non stimola in nulla un miglioramento della qualità intrinseca dell'intervento professionale e contemporaneamente riduce il lavoro volontario all'esternazione dei buoni sentimenti, privandolo della possibilità di elaborare una propria progettualità di intervento o di rapporto. La seconda linea si regge sull'ipotesi che .P.tJ, BIA!\CO lXII. ROSSO l 111 #hltl il professionismo ben inteso sia una conquista evolutivadella nostra civiltà alla quale nessuno, alla fine, è disposto a rinunciare, per cui il volontariato sarà intrinsecamente portato a trasformarsi in senso professionistico anche se tenderà a creare organizzazioni che si muoveranno prevalentemente nell'ambito del non-profit e a fondare la professionalità su una base di valori solidaristici fortemente interiorizzati. Va, però, ricordato che il tipo di evoluzione qui prospettata trova dei forti limiti in alcune delle norme previste dalla 266 per cui farà più fatica ad imporsi. La terza linea è la più nuova per il nostro paese perché potrà divenire una vera e propria strategia di gruppo solo grazie alle norme fiscali previste dalla nuova legge. Se una parte del volontariato evolvesse nella direzione di specializzarsi nel raccogliere fondi da assegnare ai gruppi di professionisti, pubblici o privati, che meglio svolgono il loro lavoro o il cui lavoro merita aiuti economici che lo stato non assegna in misura sufficiente, risulterebbe che la nuova legislazione consente al volontariato di svolgere una funzione ulteriore rispetto a quelle già da tempo analizzate di integrazione, supplenza, sostituzione e denuncia. Questa funzione si potrebbe definire di stimolo all'eccellenza o al miglioramento della qualità del ·lavorosociale tramite la creazione di una concorrenza fra le equipes di operatori per la conquista di finanziamenti aggiuntivi. Leggequadroe ruolo delvolontariastociale A !l'azione volontaria è stato ormai assegnato un ruolo non secondario nel sistema di welfare italiano: noh appare più pensabile progettare un intervento sul territorio o ridisegnare un serviziosociale, trascurando le potenzialità offerteda quella galassia eterogenea di soggetti che ricomprendiamo sotto l'etichetta dell'azionevolontaria (del volontariato organizzato).Il problema per gli anni novanta nonconsistepiù nell'interrogarsi se sia giustosviluppare una collaborazione sistematica fra pubblico e privato non a fini di lucro:si riflette piuttosto sulla modalità della collaborazione.Appare definitivamente acquisitaanche fra gli studiosi e le forze sociali,culturali e politiche maggiormente sensibiliall'allargamento della cittadiJ'Wl7.d sociale,la consapevolezzache il soggettopubbliconon possa rispondere da soloallacrescente ed eterogenea domanda sociale. di UgoAscoli Gli anni ottanta hanno indotto taluni osservatori a parlare di esplosione del volontariato; resta comunque incontrovertibile come l'impegno civile volontario nell'ambito delle problematiche sociali appaia di gran lunga più robusto alla fine del decennio. Si tratta allora di riconoscere il valore sociale e la funzione del volontariato e di promuoverne lo sviluppo, in un quadro di trasparenza dei rapporti tra pubblico e privato: proprio in questa ottica sembra porsi la recente legge quadro sul volontariato (estate 1991). Si fissano innanzitutto con chiarezza alcune caratteristiche del lavoro sociale volontario: gratuità completa dell'attività, diritto al rimborso delle spese effettivamente sostenute, piena copertura assicurativa contro infortuni e malattie, nonché per la responsabilità civile verso i terzi. Va inoltre facilitata ed incoraggiata l'attività divolontariato: a chi fa lavoro volontario deve essere infatti concessa una certa flessibilità nell'orario di lavoro, sia pure campa41 BibliotecaGino Bianco tibilmente con le esigenze dell'azienda in cui si trova ad operare. Si mette mano quindi alla costruzione di un quadro che consenta una crescita dell'azione volontaria, nel rispetto dell'autonomia e dell'identità delle singole organizzazioni: agevolazioni fiscali, possibilità di accettazione di lasciti e donazioni, deducibilità a fini fiscali delle somme erogate a favore delle singole organizzazioni da parte di singoli e di imprese, nuovi tipi di convenzioni, finanziamenti pubblici ed un «Osservatorio nazionale per il Volontariato» per fornire servizi qualificati che siano di supporto all'attività delle organizzazioni volontarie. Ci si preoccupa, da ultimo, di garantire un uso efficiente delle risorse pubbliche «cedute» ai soggetti privati del volontariato: viene così prevista la necessità di apposite forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità. L'attenzione appare rivolta anche all'efficacia della collaborazione fra pubblico e priva-

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