Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 25 - febbraio 1992

i.)JJ, BIANCO lXII.R~ ■111@0111 Leggi,cooperazionveo,lontariato i rischei le opportunità o studioso attento agli svilup- L pi della società pluralista avverte curiosità ed interesse per le forme giuridiche che il legislatore appresta con l'intento di allargare gli spazi delle autonomie collettive. Ma resta, preliminare ad ogni constatazione e giudizio, l'antica domanda: se debba assecondarsi e sollecitarsi l'intervento della legge (e nel caso affermativo quali debbano esserne i limiti invalicabili) in una materia in cui è decisiva l'esplicazione della libertà dei gruppi, della loro iniziativa nell'organizzarsi e nel programmare e condurre ogni attività. L'interrogativo si rinnova a proposito della legge-quadro sul volontariato (che è dell'agosto '91); nel discorso può opportunamente inserirsi anche qualche rapida riflessione sull'altra legge, di pochi mesi più recente, destinata a regolare le cooperative sociali (è una normativa risalente al novembre dello scorso anno). La finalità delle cooperative sociali è rivestita di una sua specificità, almeno se si ha riguardo agli strumenti che debbono porsi, dalla cooperativa, al servizio della promozione umana e della integrazione sociale dei cittadini. Deve trattarsi della gestione di servizi socio-sanitari ed educativi, o dello svolgimento di altre attività che abbiano come scopo l'inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Le categorie delle persone svantaggiate sono elencate, direttamente o per rinvio, da un'apposita norma; disabili, tossicodipendenti, alcolisti, condannati ammessi a misure alternative (per limitarsi ad un elenco incompleto) debbono costituire almeno il trenta per cento dei lavoratori della cooperativa e, in linea di principio, divenirne soci. La saldatura tra regime delle cooperative sociali (alle quali si applica anche, nei BibliotecaGino Bianco di PietroRescigno limiti della compatibilità, la normativa del settore) e generale promozione dei fenomeni di volontariato si avverte soprattutto nella possibile presenza, da prevedersi nello statuto, di soci volontari (in numero non superiore alla metà degli iscritti): ad essi si applica la sola tutela assicurativoinfortunistica, e non anche il sistema digaranzie, a cominciare dal diritto a retribuzione o compenso, che assiste il lavoro subordinato od autonomo. I punti di connessione e di incontro riguardano altresì la pubblicità e le modalità di cooperazione con gli enti pubblici, se pensiamo alla iscrizione negli albi regionali delle cooperative sociali, all'adozione da parte degli enti pubblici di convenzioni-tipo e poi alla stipulazione delle convenzioni particolari dirette a creare opportunità di lavoro per i soggetti svantaggiati. Più larga è l'enunciazione delle finalità e dell'oggetto del volontariato contenuta nella legge 226/1991: si tratta di un manifesto in cui la ricchezza dei motivi e del programma di azione riscatta qualche pe38 ricolosa ambiguità dell'impostazione. Dire che del volontariato la legge «promuove lo sviluppo salvaguardandone l'autonomia» è formula che dà per risolto, ma fermandosi ad una mera dichiarazione verbale, il difficile tema che si ricordava in principio, e cioè la ricerca di un rassicurante equilibrio tra l'iniziativa spontanea dei privati e l'incoraggiamento ed il sostegno che si intenda chiedere ed ottenere dalla mano pubblica. Esprimere favore, come la legge fa, per l'apporto originale che il gruppo di volontari sappia dare, si traduce in una pretesa senza dubbio eccessiva, poiché l'unicita ed irripetibilità di ciascuna esperienza umana, individuale o collettiva, non può avere ambizioni di novità e singolaritàdell'impegno. Che le finalità da perseguire, di carattere sociale o civile o culturale, debbano essere individuate dallo Stato, dalle regioni, dalle province autonome è infine indice preoccupante di una concezione del pluralismo che da una fonteesterna all'autonomia dei gruppi riceve voltaa volta riconoscimento o negligenza, privilegi e limitazioni, discriminazioni favorevoli o negative. I timori si aggravano quando lo scopo della legge viene indicato, altresì, nello stabilire «i principi cui le regioni e le province autonome devono attenersi nel disciplinare i rapporti tra le istituzionipubbliche e le organizzazioni di volontariato nonché i criteri cui debbono uniformarsi le amministrazioni locali e gli enti locali nei medesimi rapporti». Non sembrain· giustificato il sospetto che si imbocchi,ma· gari inconsapevolmente, la via di un pluralismo «regolamentato» che riservaad or· ganizzazioni registrate e controllate dai pubblici poteri spazi di attività e risorse economiche non accessibili, o menoage· volmente attingibili, ai gruppi che riman-

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