Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 25 - febbraio 1992

~-lJ. BIANCO il..ltROSSO Mil•li••d la, che unica parte in causa era la donna, che la società non si prendeva minimamente cura del dramma della vita soppressa. Il fatto che poi, in realtà, si sia affermata quasi una ideologia dell'abortocome diritto, è stato anche conseguenza dello scontro ideologico che venne ad accompagnare la vicenda, e che fece fallire anche le parti della legge che prevedevano in positivo una prevenzione dell'aborto, una educazione alla procreazione responsabile, una più efficace, o meno inefficace, tutela della maternità libera e responsabile. Allora era un discorso, sofferto e drammatico, in cui si era chiamati a scegliere ciò che si riteneva il «maleminore», con una opzione che nella storia della dottrina cristiana era stata tante volte applicata, per esempio nel caso della guerra, della legittima difesa, della pena di morte, e persino, nella prassi giuridica degli Stati cristiani, e dello stesso Stato pontificio, per la regolamentazione della prostituzione. La Roma pontificia aveva le «case chiuse», con tanto di regolamento governativo:una scelta opinabile, per noi oggi negativa, ma di fatto praticata. Di fronte al verificarsi di un male,-quale certamente era la prostituzione, si era creduto male minore regolamentarla per legge, allo scopo di controllarne gli effetti negativi. Nei fatti, di fronte alle scelte del 1974e del 1981, ci si è trovati, improvvidamente, con schieramenti non tanto e non direttamente ideali e morali, ma politico-partitici. E la tipica disgrazia italiana, che ha politicizzato tutto, anche ciò che politicopartitico non è, né deve essere. Ma finora, da noi, se non agivano i partiti non agiva nessuno. Di fatto la società civile non esiste. È una caratteristica non invidiabile della nostra realtà italiana, ma credo che ci si stia avviando ad una situazione diversa. È l'ora di limitare l'invadenza e le pretese ideologico-culturali di tutti i partiti, e di lasciare alla coscienza libera dei cittadini, credenti o no, in ascolto delle diverse fonti di ispirazione ideale, le scelte che riguardano i problemi troppo seri per essere lasciati alle segreterie dei partiti. Per tornare al tema, da quanto visto segue che, in relazione all'aborto, oggi, un partito che vuole contare anche sui consensi dei cattolici non Dc, o che non vogliono più votare Dc, deve badare a distinguere ladifesadellalegge 194, nella sua ispirazione non ideologica, e anche nelle sue parti preventive, di fatto inutilizzate in gran parte, e il BibliotecaGino Bianco 32 rischio di trasformarel'abortoin una specie di dirittocivile, con una scelta ideologica che equivarrebbe alla pretesa del referendum radicale, respinto nel 1981 dalla quasi unanimità dei cittadini. E occorre notare che nei fatti questo non avviene a sufficienza. Il fronte cosiddetto «laico» ha ideologizzato anche il terna aborto, aiutato in ciò da quella parte del mondo cattolico che ha fatto altrettanto, e nei fatti ogni pronunciamento politico che tenga conto della complessità drammatica del problema aborto viene presentato come un cedimento alla ideologia clericale, come un tradimento della laicità, come contrario alla libertà delle donne, e simili. È capitato, tre anni fa, quando Giuliano Amato osò fare delle riflessioni pensose, su «L'Espresso», che non mettevano irn questione la 194, ma discutevano certa rigidezza ideologica nella sua interpretazione e nella sua applicazione. Ha dovuto subire una specie di linciaggio laico, come nemico delle donne, come oscurantista filoclericale. Stessa sorte, più di recente, per Achille Occhetto, che aveva semplicemente riflettuto, con l'Agenzia Adista, sul tema. Anche egli fu zittito da proteste esagitate, come se riflettere sulla applicazione della 194 fosse per se stesso un tradimento. E recentemente qualcosa di simile è toccato persino alle donne del Pds, quando riflettendo sul senso attuale della maternità si sono permesse di interrogarsi sulla realtà della vita nascente e su quella della donna in attesa. Pare evidente che chi vuole il consenso politico dei cattolici italiani, per quanto questa parola possa significare realmente, non può far passare semplicemente l'aborto come uno dei tanti diritti civili, o come un puro e semplice affare privato delle donne, o come un insignificante evento biologico senza rilevanza umana e morale. In questo senso proprio la «194», nel suo spirito e nella sua stesura completa, era e resta una legge equilibratamente laica, non ideologica, rispettosa delle diverse visioni morali, capace di ottenere un consenso vasto al di sopra delle divergenze ideali, come di fatto avvenne nel 1981. Su un tema come l'aborto, insomma. ogni partito che non vuole entrare in rotta di collisione diretta con la coscienza dei cattolici italiani davvero tali non può che essere ideologicamente pluralista, cioè accogliere a pari titolo diverse visionimorali e ideali, pur tenendo ferma la difesa praticopolitica della 194, nei suoi contenuti non ideolo-

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