Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 25 - febbraio 1992

.P.lL BIANCO lXltROS.SO •ii•li••II ho citato sopra, dopo aver affermato che l'appello ufficiale dei vescovi al voto pro-Dc non ha grandi effetti reali, continuava: «Diverso è il discorso se l'unità si riferisce ai valori,e anche recentemente i vescovihanno ribadito, in un loro documento ufficiale, che l'onestà è un valorepolitico». Già. L'onestà. Scrivo queste righe proprio mentre la stampa dà notizia della creazione di un trio di garanti della moralità dei democristiani. Molti hanno già scritto che è «fumonegli occhi». Può darsi. Ma il discorso sull'onestà, personale e di gruppo, diventa centrale, oggi, ed è sbagliato credere, o lasciar apparire che si creda, che esso è solo moralismo. La gente, cattolici compresi, è stanca di notizie, vere, su abusi e corruzioni, bustarelle e tangenti, carriere fulminee e comportamenti da vitelloni. Senza dover ricorrere all'escamotage, in parte ridicolo, della «commissioneper lamoralità», che nei fatti non conterà nulla, è il caso che tutti i partiti si diano una regolata su questo piano, tenendo conto che il potere, condiviso con chiunque, tende a corrompere, e che il fatto che il male sia comune non è davvero un mezzo gaudio. La Dc è corrotta, certo, ma gode di una posizione storica di privilegio, nei confronti degli elettori cattolici, praticanti o no, ed ha sempre avuto l'abilità di presentare in mezzo ai nani morali, agli arrivisti, ai faccendieri, ai lestofanti, anche alcuni esemplari davvero integri. Penso ai Gonella degli anni 50 e 60, e agli Zaccagnini degli anni 70 e 80. È una osservazione che non mi pare ovvia. Nelle elezioni dei prossimi anni, a cominciare da quelle che arrivano immediatamente, è probabile che la differenza vera e decisiva, tra i partiti, una volta finite le ideologie opposte, sarà data dalle persone in lista, e dai programmi politici concreti. La qualità personale dei candidati, e delle prospettive politico-strategiche contenute nei programmi dei diversi partiti, diventerà sempre più decisiva. Ma i valori non sono fuori gioco. L'elenco fatto sopra ne è una breve esemplificazione, e occorre tenere presente che essi hanno ancora un peso decisivo,se si guarda al voto dei cattolici italiani, praticanti e no, che sono fino a prova contraria una grande parte dell'elettorato. Ebbene: il campo dei valori è quello in cui, se non si chiariscono bene i principi, e la sfera della loro applicazione, la Dc vince a mani basse, almeno a parole, come affermava Cesare Cavalleri, in quell'editoriale di «Studicattolici» che ho citato nel numero scorso. BibliotecaGino Bianco 30 Divorzio. Aborto. Bioetica. Solidarietà diffusa. Sono i campi in cui i «laici», nel senso di non-Dc, sembrerebbero immediatamente fuori gioco. Debbono allora rinunciare alla stessa idea di avere voti di cattolici coscienti e responsabili, questi partiti? O si tratta di capire, distinguendo cosa in questi ambiti può consentire uno spazio che apra prospettive diverse, e che non dia il problema per risolto, nel senso che sarebbe di impossibile soluzione? Questo è il punto nodale, e occorre prendere sul serio la parola «laicita», nel senso suddetto. Di fronte ad aborto e divorzio, per esempio, si è toccato con mano che i cattolici italiani hanno saputo distinguere tra questione di principio, che non riguarda i partiti, ma tocca i valori delle coscienze e delle visioni religiose o antireligiose, e questioni di prassi giuridico-politica, che cerca di regolamentare situazioni che si verificano nella realtà, per dolorose e negative che siano, ma senza mai farne delle bandiere ideologiche, in un senso o nell'altro. - Il Divorzio. Nel caso del divorzio non si trattava, certamente, di sfasciare le famiglie italiane saldamente ancorate nella fedeltà e nell'amore, ma di dare dignità civile paritaria anche a situazioni di fatto che si erano già verificate in grande numero, e che si sarebbero verificate in futuro, per il fallimento del patto coniugale di fronte alla società e allo Stato. Non era una dichiarazione di principio che affermasse superato il principio della fedeltà nell'amore, e dell'indissolubilità ideale della promessa coniugale, ma un rimedio giuridicopratico, valido di fronte allo Stato, per cui la società consentiva di porre riparo civile a situazioni di fallimento di vita di coppia. Era chiaro che il principio religioso dell'ideale uno e indissolubile del matrimonio restava valido, per chi ci credeva, ma non aveva più la garanzia del braccio secolare dello Stato italiano. Era quello che già si verificava in quasi tutti gli stati di moderna democrazia, del resto, anche a maggioranza ufficialmente cattolica, come la Francia. Ma in fin dei conti era la situazione che si verificava in Israele al momento della venuta di Cristo, consentita dalla legge religiosa dell'Alleanza con Mosè, e che Gesù Cristo aveva comandato di superare nella prassi della vita, non nella regolamentazione giuridica della società. I cristiani si guardarono bene, infatti, dal contestare la legge mosaica che consentiva il divorzio, e poi la legge romana che faceva lo stesso. Affermarono, con la

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