i.).tJ, BIANCO lXILROS&) Mii•ii••h Fondipensione: in compagnidai chi? di MarioBertin nche ad un osservatore distratto non può A sfuggire l'intensificarsi, verificatosi nel periodo più recente, del dibattito e delle iniziative sui fondi complementari di pensione. Considerati inizialmente in rapporto alla necessità di fare fronte alla crisi del sistema pensionistico pubblico, caricato di attese eccessive e non più sostenibili, l'attenzione si è spostata man mano sulla loro utilità ai fini della stabilizzazione e del potenziamento dei mercati finanziari, nei quali sempre più importante risulta la presenza di investitori istituzionali di grandi dimensioni. I fondi, infatti, oltre a promuovere un incremento del risparmio a lungo termine, assicuravano la certezza dei flussi finanziari sia sotto il profilo dell'entità che sotto il profilo della regolarità. I.:Italia,del resto, è l'unico paese avanzato dell'Occidente in cui il ruolo di questo importante veicolo di accumulazione rivesta ancora un posto assai poco significativo. Ci si chiede come ciò sia potuto accadere, in presenza di una legislazione fiscale favorevole al risparmio previdenziale collettivo e al contemporaneo incremento della raccolta, da parte delle compagnie di assicurazione, di premi relativi a polizze individuali del ramo vita. C'è chi spiega il fenomeno con la generosità dei regimi pensionisti· ci pubblici, che arrivano a garantire - nelle situazioni più favorevoli- fino all'80 e al 100%dell'ultima retribuzione. Altri invece ne attribuiscono la causa all'esistenza in Italia del trattamento di fine rapporto (Tfr), che impone l'accantonamento di quote rilevanti di retribuzioni da liquidarsi - salvo evenienze particolari - al momento in cui il lavoratore viene collocato a riposo. Forse sono ambedue le ragioni ad aver giocato un ruolo nel disincentivare lo sviluppo delle forme complementari di pensione. Comunque sia, non pochi giudicano che non sia ipotizzabile la coesistenza di una così estesa copertura pensioniBibliotecaGino Bianco 24 stica da parte del regime obbligatorio pubblico con la permanenza del Tfr e l'istituzione di nuove forme di previdenza complementare, per la difficoltà di accrescere ulteriormente i livelli del risparmio collettivo. Bisogna infatti tenere presente che le percentuali di retribuzione destinate, attraverso il prelievo contributivo, a finanziare il sistema previdenziale pubblico oscillano, a seconda dei settori, tra il 25 e il 30% e che la quota di retribuzione accantonata per il pagamento del Tfr è pari al 7,41% nel settore privato, al 6,67% nello Stato e nelle Aziende autonome e al 5,33% negli Enti locali e nella Sanità. Questo enorme impegno finanziario è oggi posto in discussione per la sua sostanziale inefficienza ed inefficacia. Infatti, per quanto concerne il prelievo contributivo, nonostante la sua entità appaia non ulteriormente elevabile, si dimostra via via insufficiente a pagare le pensioni secondo la legislazione vigente, a causa del mutare del rapporto pensionati-lavoratori e, soprattutto, del rapporto pensione media-retribuzione media. Inefficiente appare anche il risparmio realizzato dal lavoratore attraverso l'accantonamento per Tfr. Esso si configura sempre di più come un prestito forzoso fatto alle aziende ad un tasso di interesse netto (depurato del tasso di inflazione) vicino allo zero. Rimanendo, inoltre, ancorato all'impresa in cui il lavoratore è occupato, esso viene utilizzato al di fuori di ogni strategia generale e di ogni convenienza economica che il titolare del risparmio possa, in qualche modo e in qualche misura, influenzare. Sembrano, dunque, esistere le premesse economiche e politiche per ridisegnare il sistema complessivodelle tutele previdenziali. E, in questo contesto, un ruolo non trascurabile può essere svolto dai fondi pensione. Ma come? Due sono i progetti elaborati in questo scorcio di legislatura, che vanno ad aggiungersi alle in-
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