,P-ll. BIANCO \Xli.ROSSO Kii•lil•il e le operazioni di giustizia sommaria contro ex fascisti (azioni, anche queste, illegali e inaccettabili) - resta un'abbondante massa di uccisioni politiche: solo a Modena, sei preti, due partigiani bianchi (oltre a un altro assassinato in montagna nel periodo partigiano), alcuni dirigenti e militanti democristiani e diverse decine di «nemici di classe» (industriali, proprietari agricoli, dirigenti, fattori, ecc.). C'è di più: le uccisioni sono solo la punta di un iceberg che comprende migliaia di episodi di intimidazione e non pochi attentati (come quello al parroco di Bomporto, nominato sindaco dal Comitato di liberazione, che avevapresieduto durante la Resistenza). Nel mio libro «LaRepubblica di Montefiorino» (pubblicato dal «Mulino»nel 1966)ho riportato documenti in cui comandanti partigiani comunisti scrivevano che quello era il momento di organizzare, armare e formare politicamente le masse, per utilizzarle, dopo, per la «rivoluzione proletaria». Con ben altra autorevolezza e documentazione lo storico Claudio Pavone (di area Pds) ha pubblicato recentemente un ponderoso volume ( «Unaguerra civile», saggio storicosullamoralitànellaResistenza, Bollati Boringhieri editore, Torino, settembre 1991)nel quale sostiene che la Resistenzaè stata, nello stesso tempo, una guerra patriottica, una guerra civile e una guerra di classe. Benché non tutte le tesi del libro siano, per parte mia, condivisibili, ce n'è più che a sufficienza per confermare ciò che era - ed è - di elementare evidenza: un partito rivoluzionario poteva escludere l'ipotesi della conquista armata del potere? Sappiamo che Togliatti conosceva i limiti imposti dalla spartizione, avvenuta nella conferenza di Yalta, delle zone di influenza fra Alleati e Sovietici. Sappiamo che, dal letto d'ospedale, fermò i moti insurrezionali partiti in molte zone dopo l'attentato del 14luglio 1948.Ma nella stessa dirigenza nazionale comunista non tutti la pensavano allo stesso modo. E le Federazioni comuniste emiliane (o taluni loro dirigenti) - che minimizzavano le violenze, le attribuivano a «provocatori fascisti» etalora aiutavano i responsabili a fuggire in Jugoslavia - davano l'impressione di non sgradire proprio del tutto quel clima di intimidazione e di paura, che avrebbe facilitato le operazioni dell'eventuale ora X e che, intanto, favoriva buoni risultati elettorali (come la conquista di quasi tutti i Comuni dell'Appennino modenese nel marzo 1946;Comuni BibliotecaGinoBianco 22 che prima del fascismo erano stati del Partito popolare e che tornarono alla Dc nel 1951, una volta passata la paura). La durezza dello scontro politico e delle violenze che lo hanno accompagnato nel dopoguerra è ben nota agli anziani; chi ha meno di cinquant'anni ne ha solo sentito parlare, spesso vagamente e non sempre con versioni libere da condizionamenti ideologici. È per questo che è stata qui sommariamente richiamata; non certo per farne oggetto di polemica con il Pds: il quale è un partito diverso dal Pci staliniano di allora. Si può notare, fra parentesi, che questa diversità dovrebbe essere il vero argomento del Pds per rispondere alle critiche al suo ormai lontano passato; al contrario, il Pds pretende di essere un partito nuovo e nello stesso tempo è riluttante a rinnegare fino in fondo errori e colpe del passato: come dimostrano i suoi comportamenti successivi alle rivelazioni di Otello Montanari. 2 - È dunque nel quadro di una realtà storica tanto diversa da oggi, che nacquero, in giro per l'Italia, iniziative di difesa armata nell'ambito del mondo cattolico. Sembra, dalle sporadiche - e spesso vaghe e romanzate - testimonianze raccolte da giornalisti nel corso delle recenti polemiche, che la maggioranza di tali iniziative sia sorta in vista delle elezioni del 18aprile 1948. Poiché è bene che ognuno parli di ciò che conosce per esperienza diretta, è certo che a Modena non fu cosi. Ci eravamo convinti, durante la lotta partigiana in montagna, che i comunisti non avrebbero consegnato, dopo la liberazione, tutte le loro armi. E noi pensammo che fosse prudente fare altrettanto. Molti conservarono la propria arma personale; altre, comprese le mitragliatrici (i «Bren» che ci erano stati aviolanciati) furono conservate in depositi clandestini. Si è parlato di armi nascoste nelle canoniche o nelle sedi Dc per difenderle in caso di attacco: sciocchezze, almeno per quanto riguarda l'Emilia. Qui i comunisti avevano armi e forze enormemente superiori alle nostre; canoniche e sedi sarebbero state indifendibili, in caso di insurrezione comunista. L'idea era ovviamente un'altra: quella di tornare in montagna, per una nuova resistenza, nella speranza di un intervento americano, della cui tempestività e rapidità eravamo tutt'altro che sicuri (mi pare di sentire l'accusa dell'ancor vivo sinistrismo viscerale: allora vi affidavate agli ame-
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