Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 25 - febbraio 1992

.PJt BIAI\CO lXILROS.SO ilii•li••il mento graduale attraverso un apposito Fondo di riequilibrio che interviene nelle situazioni caratterizzate da scostamenti rilevanti, in basso e in alto. Oltre il livello degli standard (con i relativi oneri), dovrebbero far fronte le Regioni con proprie risorse o rifacendosi sulle comunità amministrate, attraverso l'autonomia impositiva. Come sempre, nel Belpaese, le cose non sono mai pacifiche e d'interpretazione univoca. Le Regioni accusano il Governo di sottostimare le risorse (e non di poco, visto che chiedono altri 18 mila miliardi), e di scaricare quindi sui loro bilanci tutte le contraddizioni della sanità, obbligandole a ridurre i servizi o a tassare i cittadini. Non hanno tutti i torti. Il Governo, infatti, ha compiuto una vera e propria tautologia, disegnando sia gli «standard», che le «quote capitarie» sulla base delle risorse disponibili, e arrivando così ad affermare, quasi in maniera apodittica, che, per garantire certi standard di prestazione, sono sufficienti le risorse stanziate, e basta. In verità, però, anche la posizione delle Regioni appare discutibile. La richiesta di avere a disposizione ulteriori 18 mila miliardi corrisponde - grosso modo - all'esigenza di garantirsi la copertura dei costi del sistema sanitario così com'è oggi, con tutte le sue contraddizioni e le sue inefficienze. Infatti, negli ultimi tempi la sanità ha inghiottito, quasi per inerzia, circa 10 mila miliardi in più ogni anno. Si vede ad occhio nudo che qualcosa non quadra. Lo Stato non può pretendere che un modello di revisione di un sistema di finanziamento perverso entri in funzione e realizzi risultati di rilievo in pochi mesi. Le Regioni, però, non possono fare come Bertoldo: scegliere (e non trovare mai) l'albero a cui essere impiccate. Soprattutto quando, in un attacco di delirio d'onnipotenza, si avventurano in referendum abrogativi dei ministeri centrali. Quandobiancoe rosso dicevanoarmie sangue... Aproposito dellepolemiche suglianni di fuoco(1945-1948) di Ermanno Gorrieri uso strumentale - cioè ai fini della polemi- L, ca politica odierna -di fatti che appartengono ormai alla storia è cominciato nel settembre 1990con le rivelazioni dell'ex-deputato comunista Otello Montanari e con il suo «chisaparli» riferito agli eccidi del dopoguerra a Reggio Emilia. Ai missini e ad aree non trascurabili dell'opinione e della pubblicistica moderata non parve vero di aver nuovi argomenti (che non erano affatto nuovi) contro il Pds in quanto erede del Pci. Il Pds, a sua volta, si difese maldestramente tentando di farpassare la denuncia delle violenze postbelliche comeun attacco alla Resistenza: la quale non c'entravaper niente, perché era finita il 25 aprile 1945. BibliotecaGino Bianco 21 Che il ricorso alla violenza nel 1945-47sia stato, nei vari triangoli dell'Emilia, un fenomeno esteso e non episodico, è un dato di fatto. I tentativi di minimizzarlo sono semplicemente sciocchi (come, del resto, quelli di esagerarlo): il fatto che i morti siano stati duecento, cinquecento, mille o di più ancora è un dato quantitativo, che non influisce sulla qualità e sul significato storico di quelle vicende. Nelle quali non sono mancati, purtroppo, aspetti di ferocia (come l'uccisione dei sette fratelli Govoni in Romagna) e di vigliaccheria (come l'uccisione di preti fatti uscire di notte col pretesto di un moribondo da assistere). 1 - A prescindere da questi aspetti, fondamentale è il fatto che - scartate le vendette personali

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