~-ttBIANCO l.X_ILROSSO Mil•lil•d Psie Pds: la storia,la paura,le possibilità di Luigi Vertemati e vicende della sinistra non possono essere letL te e vissute senza fare riferimento ai fatti della storia e la storia in questi anni è stata piena di avvenimenti positivi e crudeli. È giusto, quindi, che «Il Bianco & Il Rosso» dedichi particolare attenzione ai rapporti, all'interno della sinistra italiana, tra Psi e Pds. Occorre partire dalla antica costatazione che ha sempre fatto dell'Italia una democrazia anomala per la presenza del più grande Partito Comunista dell'occidente e, proprio per questo, impedita a raggiungere l'alternanza. Il più forte Partito Comunista ha rappresentato in realtà il limite della sinistra italiana impossibilitata a candidarsi al governo alternativo anche quando i numari potevano renderlo possibile. Il Pci abilitato a governare parte della repubblica (comuni, provincie e regioni), poteva esercitare il «potere di governo consociativo», che più volte ci ha ricordato il Presidente Cossiga, ma non è mai stato in grado, forse, non ha mai voluto, proporsi come alternativa; consapevole degli impedimenti internazionali che hanno sempre pesato sul nostro paese dopo la giusta scelta occidentale. I tentativi di «cambiamento» del Pci sono sempre arrivati tardi rispetto alla velocità della storia. Lo stesso passaggio dalla «Cosa»al Pds, pur essendo stato coraggioso, è arrivato tardi e non ha saputo fare fino in fondo i conti con la storia. Siamo di fronte ad un cumulo di macerie in tutto ciò che fu l'impero comunista. In nessun paese dell'Est e del centro Europa si trova una spiegazione plausibile se non nel fallimentototale del comunismo sul piano della democrazia e dell'economico. Occorre partire dalle constatazioni inappellabili del fallimento dello stato e del partito per la fame, il degrado per milioni di persone, per indurre una parte dell'ex Pci, a dire sì alle esperienze del socialismo democratico (del liberalsocialismo o del BibliotecaGino Bianco 18 socialismo-liberale dell'ultimo Bobbio). Non si chiede a nessuno di negare se stessi o il proprio impegno nelle lotte sociali in Italia; si tratta di prendere atto del giudizio della storia come ha fatto più volte Giorgio Napolitano e come spesso fa il gruppo parlamentare del Pds al Parlamento europeo. In Italia il ritardo nel prendere atto di ciò è dovuto a molte remore che ancora sono presenti nel «corpo» di ciò che fu il Pci, la diversità (non si sa oggi su cosa si possa basare), la paura elettorale, uno strisciante antisocialismo che è duro a morire. Lo vediamo nelle accuse al Psi per la partecipazione al Governo del paese senza però essere in grado di proporre un'alternativa reale e credibile. La diversità è per altro figlia della cultura dell'anti sistema che non ha più ragioni ideologiche. Non si tratta di «abbattere l'attuale sistema», ma di introdurre nella democrazia e nella libertà gli altri diritti che la società moderna impone che sono i diritti sociali, sanitari, informativi, ambientali alla giustizia in un quadro di «etica della responsabilità» che consenta la partecipazione, la trasparenza, insieme al dovere di concorrere allo sviluppo della società e dei singoli. Un esempio della sopravvivenza dello spirito della diversità in una situazione di grande smarrimento lo ha dato il Direttore del Tg3, Curzi, la sera di Natale. La bandiera rossa viene ammainata al Cremlino e Curzi cerca una nuova diversità nel Papa. Il quale, è vero, ha pronunciato due importanti discorsi sia a Natale che a Capodanno, avendo messo al centro dei problemi del mondo moderno la pace e la solidarietà. Ciò però non può consentire una confusione tra il ruolo del Papa e della Chiesa (o delle Chiese) e quello dei partiti o dei movimenti politici come mi pare abbia fattoCurzi. L'Urssera uno Stato,non
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