Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 25 - febbraio 1992

i.)_ft BIANCO lXILROSSO •··•··• ti sicuramente progressive della stessa sinistra a una analisi più realistica della situazione. In Italia non è così e l'anomalia che contraddistingueva la situazione negli anni passati (rapporti buoni in Europa, pessimi a livello nazionale) non solo permane, ma ha perso la certezza di una evoluzione sicura e positiva nel quadro europeo, tanto che non è difficile ipotizzare che potrebbe accadere il contrario, cioè che i rapporti nazionali finiranno per condizionare negativamente quelli stabiliti in sede europea. Non si tratta solo, a mio parere, degli inevitabili nervosismi preelettorali, ma di qualcosa di più profondo da non sottovalutare; la crisi dei partiti e delle istituzioni può travolgere in modo irreversibile le prospettive della sinistra e dei rapporti a sinistra. La crescita elettorale della Lega induce una competitività tra le forze della sinistra che può potenzialmente minare profondamente la possibilità poi di riprendere il dialogo dopo le elezioni. La sinistra può essere solo governo, la sinistra può essere solo opposizione e riferimento della protesta; questo nuovo polarismo accompagnato dalla ricerca esasperata del consenso induce un dibattito astratto, avulso dalla realtà, intriso di tatticismi che rischiano di trasformarsi in strategie deteriori. Se la sinistra ha bisogno di energie nuove non sembra una strategia vincente quella ad esempio sperimentata a Milano di indurre miniscissioni nel Pds da parte del Psi o di aprire la caccia ai candidati che possono portare più voti. Dopo il voto con un risultato che prevedibilmente penalizzerà sia il Psi che il Pds sarà davvero possibile riprendere il confronto? Posto che esista un elettorato di sinistra stabile in Italia questo si troverà di fronte a liste frantumate e rissose che potranno indurre nuove astensioni e defezioni. BibliotecaGino Bianco 15 Che fare allora? Io sono francamente scettica circa le possibilità di riprendere il dialogo a sinistra solo sulla base di una intesa sulle riforme istituzionali. Certo questo è un passaggio necessario ma credo che siano ineludibili altri due terreni. Il primo è quello della convergenza programmatica per la prossima legislatura, sui problemi concreti riferiti alla situazione economica e occupazionale, alla riforma della Pubblica Amministrazione, alla lotta alla mafia e alla criminalità organizzata, alla riduzione del deficit pubblico. È così difficile? Sicuramente non è più complicato dell'accordo possibile sulle riforme istituzionali ed è altrettanto necessario per fornire una possibilità di aggregazione anche di forze economiche e sociali. D'altra parte il sindacato che, nonostante le sue crisi e la Lega (che avanza politicamente ma fallisce sindacalmente) continua a essere un punto di riferimento per forze progressiste di diversa ispirazione e il dibattito acuto nelle organizzazioni imprenditoriali dimostrano l'esistenza di uno spazio possibile di azione. Il secondo è quello del rinnovamento della politica e del processo di autoriforma delle forze e dei partiti della sinistra. Il rapporto tra etica e politica dopo il crollo delle ideologie, la fine dell'identità politica dei cattolici, l'esigenza di cogliere in modo non astratto e autoreferenziale la domanda di partecipazione espressa in questi anni spingono a passi concreti in questa direzione peraltro presente nello stesso congresso di Bari. Ma a questo punto è lecito chiedersi se la sinistra, perlomeno come la abbiamo conosciuta finora, sia in grado di autoriformarsi o se, paradossalmente, è destinata, magari invocando l'alibi del rapporto con la Dc (dall'opposizione o dal governo), alla stessa sorte che ha colpito le forze più critiche e innovatrici nei paesi dell'Est.

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