.PJI, BIANCO l.XILROSSO Kil•■lill vorrebbero far credere; ma è vero che, sparito il comunismo, e in qualche modo generalizzatasi un certo livello minimo di cultura del Welfare, le ragioni della solidarietà e della giustizia sociale, non solo nell'accezione socialista, si sono attenuate. Dunque, è vero che è ormai inderogabile uno sforzo serio di messa a punto di ciò che ci ostiniamo a chiamare «socialismo». Che è cosa diversa dal generico neo-radicalismo democratico, certamente, ma anche da una forma di pragmatismo acritico e privo di valori che ha come fine primario quello di acconciarsi al meglio con l'esistente. E assieme a questo, non è forse necessario misurarsi con la messa a punto di un vero e proprio programma riformista, in grado di costituire la base politica discriminante delle forze di sinistra, sia, che queste siano costrette temporaneamente a collocarsi al governo piuttosto che all'opposizione? Detto in altri termini, se esistono chiari e inequivocabili programmi riformisti, questi potranno costituire il punto di mobilitazione qualificata della sinistra in Italia, il punto di incontro nel quale si coagula una cultura e quindi anche una politica riformista. Ora, qualche volta si ha l'impressione che è su questo terreno che viene meno la legittimazione della politica dell'unità della sinistra e quindi dell'alternanza. Insomma, se le ragioni della sinistra e dell'alternanza stanno nel programma che solo questa può costruire e realizzare, ebbene questo programma abbia il giusto riconoscimento prioritario. O non esistono discriminanti tra conservatori e progressisti in tema di politica del e per il Mezzogiorno, di stato sociale di politiche di giustizia e di solidarietà, di politiche fiscali, di svilupBibliotecaGinoBianco 13 po e democrazia industriale, di riforma della pubblica amministrazione, di riunificazione normativa e salariale di lavoro pubblico e privato? E su un serio programma di questo tipo, è ipotizzabile magari un sostegno esterno se non ad un governo a direzione socialista, almeno ad alcuni punti qualificanti di un programma politico, sia a livello nazionale come a livello locale? Infine, terreno privilegiato dovrà divenire il tema della riforma istituzionale, centrato per un verso sulla costruzione di una effettiva democrazia dell'alternanza, cioè su meccanismi elettorali a tutti i livelli in grado di promuovere la costruzione di netti schieramenti alternativi progressisti e conservatori, con meccanismi di elezione diretta, dai sindaci al presidente della repubblica, un ridimensionamento sostanziale della partitocrazia, esaltazione delle ragioni delle autonomie locali, meccanismi per una moderna democrazia industriale, per una valorizzazione dei nuovi diritti individuali e collettivi, scarsamente salvaguardati proprio sui terreni nuovi della moderna democrazia dell'informazione e dell'immagine; una formulazione più adeguata dell'intervento pubblico e un ruolo più definito del privato. Una sinistra che ha pretese di alternanza, non deve operare su questo piano per legittimare le proprie ambizioni con un progetto di rinnovamento serio dello stato e della democrazia, a partire dalla messa in opera di quei meccanismi che producono una effettiva alternanza? Non è forse ora che si esca dal genericismo ditalune proposte, per predisporre un progetto compiuto?
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