iclll, BIANCO lXltROSSO ■il•li••II Ese Psie Pds... Nei numeri precedenti «Il Bianco & Il Rosso» ha aperto un dibattito sul futuro di Psi e Pds, con un articolo provocatorio di Piero Borghini, allora presidente del Consiglio regionale lombardo e deputato Pds. Ora Borghini sindaco di Milano per il Psi: ha realizzato in proprio, e in fretta, un cammino di unità che era solo in prospettiva. Chissà? Dopo Borghini, sul tema controverso dell'unità a sinistra, sono intervenuti Giulio Di Donato e Gerardo Chiaromonte, poi Giuseppe Tamburrano e Giulia Rodano, Fabrizio Cicchitto e Giorgio Napolitano in questo numero pubblichiamo i contributi di Luigi Ruggiu, Anna Catasta, Pippo Morelli e Luigi Vertemati. «UnitàSocialista» : unacostituenpte rla sinistra di Luigi Ruggiu rima che avvenisse il grande crollo dell'ottan- p tanove, negli altri Paesi del mediterraneo, non solo la Francia, ma anche la Grecia e la Spagna, spesso in condizioni molto più difficili e arretrate di quelle dell'Italia, le forze di sinistra riformiste sono andate al governo. Infine, sono crollati i comunismi, si sono dissolti i Paesi del socialismo reale, si è ·chiusa l'era di Yalta, ma in Italia apparentemente non è successo nulla. La democrazia cristiana continua ad essere l'asse del governo, il partito comunista si è dissolto nel Partito democratico della sinistra, senza tuttavia avanzare di un passo verso il riformismo, mentre il riformismo del Psi sembra appagato dai vantaggi inerenti all'essere minoranza di interdizione e di cerniera. In questa situazione, il Pds si avvia malinconicamente a nutrire come massima ambizione quella di porsi come naturale erede di se stesso come ex-Pci. A null'altro infatti, può aspirare l'accentuazione della propria politica di opposizione, tanto più subalterna, quanto più risulta oggi priva anche delle ragioni extra e anti-sistema del vecchio partito comunista. Ma le cose non sono soddisfacenti neppure per il Psi, che appare pago del ruolo di minoranza privilegiata di governo, piuttosto che ambire a costiBibliotecaGino Bianco 11 tuire il perno di maggioranza dello schieramento riformista. Nel mentre, si rischia che le serie ragioni della governabilità sempre più divengano sostitutive di quelle di una possibile alternanza. Una governabilità che non sia gestita in funzione della costruzione dell'alternanza, non rischia forse di promuovere le ragioni sostanziali dell'ingovernabilità, cioè le ragioni dell'immobilismo, della partitocrazia, dell'assenza di ricambio delle politiche e dei ceti dirigenti al potere nello stato e nella società civile? Non rischia cioè di autoalimentare se stessa, come politica di necessità permanente, e insieme e conseguentemente come ratifica della divisione della sinistra? Dunque, il risultato sembra essere infine un'opposizione senza cultura di governo, e una governabilità senza l'ambizione a costituirsi come forza e come progetto riformista di alternanza. E se la «grande trasformazione» del 1989e la fine dei comunismi ha dissolto altrove molte delle ragioni ideali della divisione, in Italia invece la sinistra storica rimane ancora e sempre più divisa, la sinistra sindacale appare smarrita e senza politica, mentre la sinistra sociale si frantuma in mille rivoli, senza più alcuna identità di riferimento, in termini di valori ideali, certo, ma anche senza un
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==