it)JL BIAI\CO lXltROSSO -······• zati potrebbero anche non farla? E, in questo secondo caso, lucrerebbero lo stesso il premio elettorale di maggioranza, di cui perciò non sarebbe condizione necessaria il nome del Primo Ministro? Comunque sia, la (eventuale) designazione preventiva del Primo Ministro non è affatto elezione popolare del Primo Ministro, con annessa contrapposizione finale fra due candidati in quanto tali, ma soltanto (come sempre) scelta degli elettori fra una pluralità di partiti o di coalizioni o pseudocoalizioni di partiti con l'unica variante (peraltro eventuale) della loro preventiva conoscenza del nome del Primo Ministro a seconda della coalizione vincente. Senonché, a quanto pare, forse non è nemmeno così giacché, di seguito, il testo dice: «i cittadini scelgono il governo ed eventualmente il Primo Ministro, e non delegano i partiti a sceglierli». Il che è ben diverso: una cosa è l'elezione popolare di un Primo Ministro, che scelga liberamente i suoi ministri (come da molte parti si propone per un Primo Ministro eletto dal Parlamento) e un'altra è l'elezione popolare dell'intero governo, con o senza «eventualmente» il nome del Primo Ministro. La prima ipotesi è virtualmente contro la partitocrazia, mentre la seconda, che il Pds propone, è la sublimazione della partitocrazia. A riprova di simile propensione, che il Pds corrisponde alla strenua difesa di se stesso, anche a scapito della prospettiva dell'alternanza, vi è l'aspetto che più preme, cioè la riforma elettorale propugnata. A parte il fatto che si parla esclusivamente di coalizioni (ond'è da presumere che, ove non se ne formino, il discorso, come nelle tesi Dc, valga anche per i singoli partiti), è illuminante che, da un lato, si intenda accordare il premio elettorale a quella che «riporta il maggior numero dei voti», senza alcuna soglia minima (evidentemente), e, dall'altro, il premio sia tale «che le consente la maggioranza assoluta in Parlamento». In poche parole, alla lettera, col 20% dei voti si potrebbe ottenere almeno il 51% dei seggi. Al confronto l'analogo progetto Dc (in fondo, premio di soli 75 deputati su 630), pur sepolto a suo tempo da una valanga di critiche, risulterebbe una bazzeccola. Ma non è finita qui perché neppure il Pds ignora che qualsiasi maggioranza parlamentare, ancorché determinata grazie al premio di maggioranza, magari con un governo interamente preannunciatoe relativo Primo Ministro, può spaccarsi in qualsiasi momento sia fra partiti sia all'interno del BibliotecaGino Bianco 10 medesimo partito (vedi Brescia, Milano, ecc.). Nella esatta consapevolezza che l'istituto della sfiducia costruttiva, sostenuto nel progetto Dc, non è risolutivo (vedi appunto Brescia, Milano, ecc.), viene proposta una misura che vorrebbe essere decisiva: la maggioranza «è obbligata ad attenersi alle forze politiche che si sono esplicitamente coalizzate» per le elezioni e la pena comminata è che «una crisi della coalizione comporta la fine della legislatura», cioè nuove elezioni. Qui c'è, in primo luogo, una difficoltà tecnica nella verifica perché in Parlamento i voti si contano per testa e non per gruppi (o liste o partiti) e non è chiaro, quindi, quale sia precisamente la fattispecie della crisi della coalizione (a rigore e al limite la defezione di un solo deputato della maggioranza). C'è poi una implicazione negativa perché decidere formalmente anche nelle istituzioni secondo gruppi o partiti, anziché come singoli, vuol dire incrementare ulteriormente la partitocrazia. C'è, inoltre, probabilmente, la preoccupazione sottesa del Pds di evitare una successiva emarginazione, altrimenti possibile in qualsiasi circostanza. Ma c'è soprattutto che il meccanismo proposto costituirebbe un formidabile fattore di instabilità e ingovernabilità perché a determinare le elezioni anticipate basterebbe che un solo elemento della maggioranza (partito, corrente), nemmeno determinante, le trovasse convenienti in quel momento. Il fatto è che senza il regime presidenziale non si rende stabile l'esecutivo in un sistema politico frammentato come il nostro, non si determina la contrapposizione di due schieramenti, non si apre la prospettiva di una alternanza effettiva. Nel 1989, quando tale regime fu proposto (congresso Psi), il Pds non comprese o, meglio, non era nella condizione politico-organizzativa di poter comprendere. Dopo le elezioni del 1992,sarà di nuovo nella opportunità di scegliere fra il progetto antipresidenzialistico Dc e quello presidenzialistico Psi-Pri-Pli, restituendo al mittente le ingegnerie stravaganti, e barocche che i suoi costituzionalisti gli hanno propinato in questi anni per meritarne la fiducia. Ma il suo peso specifico sarà, allora, molto inferiore a quello previsto nel 1989. E forse non sarà sufficiente, politicamente, se non numericamente.
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