Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 24 - gennaio 1992

.{)JLBIANCO l.XII.Ros&> ctiiliilM Welfareo no? Unapredicautile G ustoso con quel tanto di piccantino che non guasta mai, il libro di Cazzola «Welfareo no». Certo, i suoi ingredienti, pepati da inequivocabile schiettezza a qualcuno possono causare il mal di fegato, ma vivaddio, sono largamente preferibili alle polpette ed ai brodini che da anni, a sinistra, ci tengono a dieta di idee e di coraggio innovativo. Impolitico quel tanto che basta per far imbestialire i pensionati («S'avanza uno strano soldato»), paragonati allo stato di Israele per le soverchianti coccole di cui sono oggetto da parte della Cgil. Spudoratamente liberalsocialista, per richiamare un'espressione di Maffettone,che, solitario alchimista alla ricerca della sua pietra filosofale, marchia l'autonomia degli individui, l'efficienza economica, i diritti, con l'equità, la giustizia distributiva alla John Rawls e con l'idea ossessiva che u·na democrazia resta una cosa per la quale qualsiasi forma di autorità politica debba essere giustificata con il consenso. Insomma un libro dal quale viene fuori un quadro impietoso dello stato sociale dove le verità di Cazzola, non sono rotonde e paffute come le rasserenanti donne di Botero, ma taglienti, decise, sghembe, come quelle inquietanti di Picasso, discinte di qualsiasi diplomatico formalismo. «Cucire un Welfaresu misura addosso ad ogni cittadino... secondo l'esigenza ed il capriccio del sarto» (Arlecchino made in China), pone per Cazzola il problema non secondario un'offerta indifferenziata di servizi, di prestazioni, di tutele e quindi di costi, a fronte di una domanda dove la persona con la sua incontrovertibile singolarità ci obbliga comunque a ridefinire le tradizionali questioni sull'equità. Da questo BibliotecaGino Bianco di Ivan Cavicchi scontro «lo scambio imperfetto destinato a rompersi» tra il cliente, ripagato con prodotti scadenti, e il sarto incapace di rimuovere la sua sartoria, nasce il tornaconto di una Dc che sfrutta le difficoltà della sinistra per difendere il suo tradizionale sistema di potere (democristiani per l'eternità). Di fronte a ciò non mancano le responsabilità del sindacato. Jekyll e Hyde è un sindacato contraddittorio, duplice, «che difende l'Italia che lavora, che produce, che paga le tasse, che vuole le riforme», e nello stesso tempo «è corresponsabile dello sfascio, dell'inefficienza dei settori protetti». È il sindacato che predica i diritti e sigla contratti come quello della sanità per i quali le necessità degli utenti non sa neanche dove stiano di casa. Sarebbe disonesto scambiare l'impudicizia scomoda e imbarazzante della verità di Cazzola sullo stato sociale, con una sorta di antiwelfarismo alla Guido Carli quello, tanto per intenderci che concepisce lo stato sociale come residuale e risultato solo delle disponibiÌità economiche. Come Dahrendorf, anche lui è convinto di una cosa, che nelle spese sociali si sono innestati fattori di aumento che rischiano di superare le dimensioni della praticabilità e frapporsi quasi come un ostacolo, alla crescita e che «non si tratta qui di smantellare lo stato sociale». Cazzola auspica con le sue «prediche inutili» una semplificazione dello stato sociale per garantire a tutti uno standard di civile esistenza, attraverso uno spartiacque preciso fra pubblica responsabilità e contributi privati, auspica meno burocrazia, più decentramento, «alla sua base» citando proprio Dahrendorf «comunque c'è la convinzione che nelle grandi incertezze sul finire del XX secolo, la libertà non deve essere danneggiata». Molte di queste idee possono essere con57 divise o meno, come del resto molte idee del neoliberalismo, quello che appunto a partire da Rawlshanno stimolatoun'immensa letteratura (Dworkin, Nozich, Walzer, Nagel, ecc.), ma un pregio è innegabile nel lavoro di Cazzola, quello diagnostico, cioè quello di descrivere senza peli sulla lingua una situazione verso la quale non è più possibile chiudere gli occhi. Se è vero l'assioma di un grande medico del '600come Baglivi «qui bene diagnosticat bene sanat»è auspicabile che alle diagnosi segua una terapia. Questo è un campo aperto. Le soluzioni non sono a portata di mano. La mia personalissima impressione è che la sfidadel futuro non sarà solo il primato etico dei diritti, ciò che è giusto, ovvero le ragioni liberali della morale, e non sarà neanche quello solo politico, ciò che è bene, più consono alle ragioni del socialismo,e non sarà, nemmeno, chiedo scusa per l'incontentabilità, una loro semplice giusta posizione. Ciò che è giusto e ciò che è bene dovranno produrre un nuovosensoal mondo, coevolvendo verso una teoria politica più evoluta di quella comunque sottesa alla famosa cultura della modernità riattualizzata dal liberismo. Come pure, si vedrà. Lo stato sociale sicuramenteè un'importante banco di prova, questo Cazzola intendeva dirci. G. Cazzola, Welfareo no?Predicheinutili di un sindacalistapentito, Edizioni Ediesse, Roma, 1991, pp. 104, L. 15.000;

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