Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 24 - gennaio 1992

.{)-l.t BIA!\CO il..lLR~ U..1111\111$1• Sulnostroriformismo. Letteraperta ReS - 1 riformismo non è certamente la I lotta di classe, ma neanche può essere l'archiviazione di un progetto di riforme e di solidarietà: di riforme sociali, anzitutto. Dov'è in Italia questo progetto? - Qual è il campo politico che se ne fa portatore? Quale soggetto politico di questo Paese è riconoscibile ed individuabile per il suo riformismo? Una ricognizione delle forze in campo ci riconsegna un quadro estremamente deludente, in cui brilla l'assenza di un progetto riformistico pur minimo e manca quella tensione etica senza la quale ogni cambiamento è impossibile. Lo stato della sinistra politica, dal punto di vista del riformismo, è assolutamente comatoso e l'encefalogramma progettuale è prossimo alla piattezza: sia il Psi che il Pds versano in condizioni di cultura e prassi politica drammaticamente al di qua delle esigenze e dei tempi di un progetto riformistico. Nel Psi si è esaurita la spinta propulsiva del craxismo; nel Pds non è mai decollataquella del post-comunismo: entrambi sono stati irretiti nei sapienti tempi e modi, anche se con modalità diverse, dell' «ars politica» democristiana che ha dimostrato, urbi et orbi, di aver saputo riassorbire, capitalizzare e reinvestire i tre momenti massimamente critici della sua recente storia ventennale: la contestazione del '68-'69; l'avanzata comunista del '75-'76; la sconfitta elettorale dell'83. E la Dc ha dimostrato di essere anche la formazione politica più in grado, in questoscorcio di fin du siècle, di gestire la novità politica del post-comunismo che, appenaun anno fa, molti prevedevano potesse essere il possibile inizio del suo declino. Cosa si oppone alla Dc in questo 1991,alla vigilia di una nuova fase di recessione economica? BibliotecaGino Bianco di Gigi Biondi Il quadro politico è caratterizzato dalla confusione più totale che, per la Dc, equivale ad una situazione eccellente, proprio come per il vecchio Mao: a fronte delle convulsioni del Pds, delle inconcludenze socialiste, delle acquiescenze laiche (sembra fare eccezione il Pri), dei fremiti referendari e del pericolo leghista, la Dc si erge come forza stabile, dalla storia illibata (non è forse questa la medaglia ormai rilasciatale in nome della lotta al comunismo?), capace di coniugare conservazione e innovazione, tradizione e modernità, e in grado di garantire libertà e benessere. Nel Psi qualunque strada, ipotesi, volontà di alternativa è sacrificata al «realismo»della governabilità, termine colto che tradotto in italianovolgare significa dilazione sine die dell'alleanza con la Dc, quella andreottian-sbardelliana o demitian-dorotea o quale altra questo partito voglia presentare al proscenio del teatro politico italiano. Poco importa che questa governabilità non governa niente, dal deficit pubblico al Mezzogiorno, dal malcostume politico alla mafia imperante, dal disastro finanziario a quello istituzionale: la verità vera è che dopo trent'anni di condominio con la Dc nella gestione del potere (e degli affari) questo Psi proprio non ce la fa ad immaginarsi all'opposizione (cosa che può anche capitare in regime di alternanza), forse più della stessa Dc. La sensazione è che questo timore non sia generato dal pericolo, reale quando c'era il Pci, che uno schieramento di alternativa possa essere egemonizzato dal Pds (è forse Occhetto in grado di egemonizzare qualcuno?) ma dalla più prosaica preoccupazione che buona parte del suo ceto politico, specialmente meridionale, molto avvezzo alla clientela come strumento di consenso, e abituato al potere, possa trasloca47 re armi e bagagli altrove, pur di non dover subire l'onta di doversi preoccupare di far politica per costruire il consenso. La situazione del Pds è ancora più grave, e le legittime aspettative che aveva generato la sua nascita sono state vanificate in meno di un biennio. Assomiglia ad un pugile che ha preso tanti pugni da non riconoscere nè l'avversario, nè il ring su cui si combatte: e insegue tutti. Vorrebbe fare l'alternativa con il Psi che non la vuol fare con lui; rincorre la Dc contro cui dovrebbe fare l'alternativa; rincorre i referendari che da lui vogliono la raccolta delle firme fidando sulla sua macchina organizzativa (che tra l'altro non c'è più), ma che non si sognano minimamentedi farsi segnare dalla sua presenza politica; rincorre il nuovo Pri all'opposizione senza capire che le ragioni di La Malfa (a cui variconosciuto il buon fiuto) sono proprio altre dalle sue. E, sopratutto, evitadi dire che cos'è, che vuole, quali domande si pone e quali risposte pensa di dare ai problemi economici, morali e istituzionali di questo paese: piuttosto si arrovella in una dialettica interna nella quale ci si divide sulla scelta degli interlocutori e degli alleati, come il vecchio Psi anni '60-'70, più che sulle questioni che stanno di fronte alla gente. Forse il quadro descritto è un po' polemicamente forzato, ma nel complesso mi appare purtroppo realistico: se è così vorrei rivolgere qualche domanda a ReS. Siamo nati per contribuire alle ragioni del riformismo e dell'alternanza che sono intrinsecamente legate: senza riformismo non c'è alternativa, è vero; ma è altrettanto vero che senza alternativa non c'è riformismo. Nella società civile, e anche in segmenti sparsi di quella politica, vi sono forzeche operano in direzione del riformismoe che

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==