mossi dai paesi europei a favore dei paesi meno sviluppati, si è sviluppata lungo i percorsi tracciati dai rapporti storico-politici, privilegiando le relazioni con le ex-colonie. Però le tendenze più recenti per quanto riguarda lo sviluppo della scienza e tecnologia e i flussi degli investimenti dei paesi Cee verso i paesi extracomunitari del Mediterraneo, il Marghreb in particolare, rivelano un ruolo crescente della Germania e della Spagna, mentre la presenza della Francia si va indebolendo. Nel complesso le politiche comunitarie e dei paesi Cee più forti invece di promuovere coesione e sviluppo nella regione mediterranea ne favoriscono la frammentazione incoraggiando la spinta dei paesi e regioni deboli (la Grecia è l'esempio più significativo a questo proposito) a «fuggire» dal Mediterraneo, conquistando qualche aiuto bilaterale o comunitario, e la spinta delle regioni forti a «europeizzarsi». Specializzazione e cooperazione: da mosaico a regione La prima ipotesi di lavoro della ricerca è quella della riscoperta di un rapporto positivo tra paesi e le «economie mondo» naturali di appartenenza, la seconda è quella di un rapporto positivo tra risorse e bisogni delle singole regioni e nel contesto europeo per la ricostruzione di un vero sistema economico europeo policentrico e unito da estesi vincoli di collaborazione. Per questo è necessario partire da una analisi che consenta di valutare realisticamente le risorse esistenti, sia quelle materiali (materieprime, investimenti,mano d'opera, infrastrutture) sia quelle immateriali (capacità organizzative e di pianificazione, sviluppo istituzionale, ecc.) programmandole l'uso e la direzione dello sviluppo in funzione della popolazione della regione che ammonta a circa 335.000.000di abitanti, tuttora in forte crescita, e che rappresenta quindi un patrimonio di energie e un mercato più grande di quello della Cee. Sviluppare questo mercato con l'articolazione di uri sistema produttivo capace di far fronte ai bisogni delle popolazioni che ci abitano significa far nascere una forza economica e politica capace di entrare in rapportidi cooperazione economica con la Cee, e di contribuire alla realizzazione di un veromercato europeo, dal MediterraBibliotecaGino Bianco ~.lLBIANCO lXILROS.SO 1111RUUI iiiiUM it•I neo al Baltico. Una Europa di queste dimensioni è interessante non per vincere la concorrenza americana e giapponese sul piano della globalizzazione, ma per gli effetti, questi si veramente globali, che avrebbe nel presentarsi a livello mondiale come un modello alternativo ed avanzato di organizzazione dell'economia e dei rapporti tra paesi, alternativo rispetto alla «americanizzazione»dei rapporti economici e politici ed alla «nipponizzazione» delle forme di organizzazione industriale e sociale. La soluzione del problema demografico di questa regione, sbilanciato verso il sud del Mediterraneo, risiede nel miglioramento dei più acuti problemi sociali e economici, come insegna moltobene l'esperienza italiana, nell'utilizzazione di questa ricchezza, rappresentata da una popolazione giovane in una regione che offre spazi grandissimi e bisogni insoddisfatti,che può contribuire a risolvere quel deficit di popolazione che per ragioni opposte sembra preoccupare i paesi del centro e nord Europa. Tuttociò deve costituire la base per la rielaborazione delle teorie e politiche dello sviluppo, per affrontare un discorso corretto sul futuro della Cee e dell'unità europea in generale. Va rielaborato un modello di sviluppo in grado di valorizzare le diversi45 tà del mosaico mediante una riconversione delle loro specializzazioni, verso i bisogni e i paesi della regione, a livelli crescenti di specializzazione produttiva. Tutte le indagini fatte nell'ambito di questa ricerca confermano che il Mediterraneo, malgrado tutto, non è sprofondato nel TerzoMondo, e mantiene un potenziale di capacità produttiva e imprenditoriale capa- :e di rapidi risvegli e mobilitazione. In que3tO senso la regione appare il caso definito da Braudel di una «regione addormentata», ma suscettibile di rapidi risvegli. La specializzazione nella regione non è solo una scelta possibile ma l'unica possibile. Anzitutto perché tutte le esperienze più stabili e di successo di sviluppo economico mettono in luce che la premessa di una crescita all'esterno della propria economia è la crescita del mercato interno. Non è forse questa l'idea centrale alla base del lancio del «mercato interno» della Cee? La direzione opposta, quella dell'export-lead, anche se promettente nel breve periodo, si rivela presto un vicolo cieco nel quale finiscono tutti i miracoli economici e le relative illusioni che alimentano i paesi in via di sviluppo. La ragione dei fallimenti di queste esperienze non risiede di certo negli errori di «gestionedell'economia» dei singoli governi o paesi ma nel fatto semplice che la specializzazionenella globalizzazione è una illusione. È una via possibile solo per ristretti settori e iniziative incorporate nei sistemi produttivi dei grandi paesi, condannate a un legame crescente di dipendenza, slegate dalle ben più ampie possibilità di sviluppo che offrono i mercati regionali. Trasformare le tendenze per il momento vincenti, che sono quelle della polarizzazione, verso obiettivi di specializzazione e cooperazione a livello regionale, richiede un grande impegno di riconversione che riguarda tutti i paesi della regione e pone forti impegni e responsabilità alla Comunità europea. Si rendono necessarie due linee di intervento: una politica mediterranea dellaCee, specificamente riguardante questa regione d'Europa, che da un lato estenda a questa regione i suoi programmi di sviluppo nei settori dell'istruzione, della formazione professionalee manageriale, della ricerca e sviluppo, dell'organizzazioneazienda-
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