Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 24 - gennaio 1992

cratica tedesca e le repubbliche sovietiche non è mai stata minore di quella da altri paesi mediterranei, anche a sistema diverso. Non ci sono molti dubbi sul fatto che la ripresa di questi paesi possa aver luogo solo ritrovando un rapporto realistico con la propria regione. Allo stesso modo appaiono velleitarie, e quindi pericolose, poiché distanti dalla realtà, le generiche dichiarazioni di appartenenza al club dei paesi industriali più forti e della Cee da parte dei paesi dell'Europa del sud. In tal modo, invece di integrarsi si opera un distacco dall'idea vera di Europa, nella sua estensione naturale dal Mediterraneo al Baltico e dal proprio retroterra culturale e economico rappresentato dall'identità mediterranea. Il distacco di paesi come l'Italia, la Spagna, il Portogallo e la Grecia dagli altri paesi del bacino mediterraneo produrrebbe effetti fortemente negativi sulle loro stesse economie, su tutta la regione, e sull'Europa. Da un lato per l'assorbimento dei primi nel modello di sviluppo «triadico», e cioè della competizione globale fra le aree più ricche del mondo, in condizioni di dipendenza e privi di ogni forza contrattuale. Si verificherebbe quindi un primo livello di marginalizzazione dei paesi dell'Europa del sud nella Cee e nell'economia globale a cui di fatto già stiamo assistendo. Dall'altro per la progressiva marginalizzazione dei paesi mediterranei dell'area balcanica e della sponda sud (il Maghreb e Machrk), sia rispetto alla Cee sia rispetto all'Europa del Sud, che sta aggravando i fenomeni sociali e di destabilizzazione di tutta la regione. Durante i primi 30 anni del secondo dopoguerra la drammaticità delle previsioni sullo sviluppo tendeva a scavalcare di troppo l'andamento degli eventi e perdeva perciò credibilità e valore scientifico.Dagli anni ottanta la letteratura e la ricerca sono, malgrado i loro onesti e intensi sforzi, in costante ritardo sugli eventi; la realtà scavalca le previsioni in drammaticità e queste appaiono più come una. descrizione a posteriori dei fatti che vere anticipazioni. Guardando all'economia internazionale la Banca mondiale registra che: «malgradole grandi opportunità create dalle rivoluzioni tecnologiche del XXseBibliotecaGinoBianco .P.lL BIANCO il..lLROSSO INIIRUUliilitiMii•I colo, più di 1miliardo di persone, un quinto della popolazione mondiale, vive con meno di 1 dollaro al giorno - uno standard di vita che l'Europa occidentale e gli Stati Uniti raggiunsero 200 anni fa». Eper quanto riguarda la retorica ricorrente sui 40 anni di pace che l'occidente avrebbe garantito al mondo, si fa osservare che: «secondo prudenti stime le guerre sono state direttamente responsabili della morte di venti milioni di persone dal 1950»(Word!Bank, 1991, p. 1). Parlare, o scrivere, dei rischi alla coesione sociale della Cee provocati dal mercato interno non è più una anticipazione ma un giudizio ritardato e ampiamente documentabile sull'evoluzione della Comunità negli anni ottanta. Gli effetti negativi che sullo stesso sviluppo della Comunità provocherebbe il collasso economico delle economie e dei sistemi politici che ci circondano - a sud-est del Mediterraneo, a nord-est del Baltico - sono già in pieno sviluppo e quindi non più ipotetici. Perfino quelle che una volta sarebbero state interpretate come intuizioni letterarie, ma esagerate nel contenuto empirico, appaiono come giudizi sul presente, non previsioni sul futuro. La dichiarazione dell'intellettuale marocchino Mhammed Guessous che: «Con la caduta del muro di Berlino nel 1989 è stata posta la prima pietra per un nuovo muro attraverso il Mediterraneo» appare oggi più un titolo di cronaca che un drammatico presagio. I.:immaginedella «fortezzaEuropa» è un tema politico concreto di cui si discute e sul quale vengono prese decisioni. Ma non per impedirne la realizzazione ma, al contrario, per accelerarla o rassegnarsi ad essa. Ci fu un ritmo alto, anche se non proprio intenso, di incontri della Cee nel corso degli anni ottanta per elaborare le linee di intervento in quella che viene definita la «dimensione sociale» nella Comunità e in Europa. Dopo la guerra del Golfo l'agenda degli incontri Cee e a livello internazionale ha cambiato carattere. Gli incontri ripetuti, svoltisi anche a Roma, dei ministri degli esteri della Cee sembrano ormai occuparsi soprattutto dei problemi militari e della sicurezza interna degli stati europei più ricchi. Le crescenti marginalizzazioni, le emigrazioni frutto della fuga da situazioni di miseria e di guerra, sono più 43 oggetto di attenzione per come limitarne gli effetti negativi sui paesi ricchi che per avviare un cambiamento della politica europea al riguardo. La Marginalizzazione è un aspetto strutturale del mosaico mediterraneo Il concetto di marginalizzazione cattura l'esistenza di un fenomeno profondo, penetrante di tutti gli aspetti della vita politica, sociale, economica e culturale. Allo stesso modo del concetto di dualismo, esprime la globalità della divisione esistente tra le due parti. Ma mentre il dualismo individua la divisione nell'esistenza di due modelli paralleli di sviluppo, l'uno in condizioni di dipendenza dall'altro, ma entrambi funzionali ad un sistema economico unitario, la marginalizzazione esprime la tendenza verso la totale separazione delle due parti, il processo di espulsione della parte più debole dal modello di sviluppo esistente. Nei modelli dualistici l'interscambio tra le due parti, tramite una frontiera mobile, avviene in continuazione. Nel modello della marginalizzazione la frontiera viene chiusa e sostituita con un muro. Quali sono gli aspetti strutturali del mosaico mediterraneo oggi e in che misura riflettono queste tendenze? Questi vanno individuati in alcuni tratti comuni che caratterizzano la regione, e in alcuni tratti diversi che la dividono. Paradossalmente i tratti comuni sono quelli negativi - la crescente marginalizzazione economica, sociale e politica - i tratti che la dividono quelli positivi - vivacità nell'innovazione e sviluppo di talune aree e settori produttivi, molteplicità di forme di impegno a livello internazionale, nazionale, politico e culturale, ecc. Affermare che la marginalizzazione è un carattere comune a tutta la regione mediterranea, anche se assume forme e livelli diversi da paese a paese, non è una forzatura polemica. Per i paesi mediterranei membri della Cee la posizione di secondo piano occupata in Europa, anche dai paesi industrialmente più forti come l'Italia e la Spagna, è registrabile e non può venir oscurata dalla retorica politica corrente. Se si guarda al cervello dei moderni sistemi industriali, lo sviluppo tecnologico, nel settore agroalimentare, manifatturiero, quello delle infrastrutture pubbliche e pri-

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