.P.ILBIANCO \XILROS.SO I i il ilii 11 i i iii tiM 111 IlConsigliodiMaastriceht lametafordael sociale esito del recente Consiglio europeo di Maastricht ha riproposto l'interrogativo sulla reale consistenza della dimensione sociale della Co- L' munità e, più ampiamente, sulle prospettive di un modello sociale europeo. Le attuali difficoltà interpretative dei testi adottati dai dodici Capi di Stato e di Governo non impediscono di ritrovare, e nella struttura dell'accordo e nei passaggi relativi alla dimensione sociale, alcune tracce di una metafora, che sembra confermarsi fin dal Trattato di Roma, della difficile convivenza della Comunità tra economico, politico e sociale. Sono note ed ampiamente condivise le valutazioni circa il ruolo residuale del sociale nel Trattato di Roma, fondamentalmente ispirato alle dinamiche del libero mercato. La modesta riforma intervenuta a metà degli anni '80 con l'Atto unico non ha certo modificato in modo decisivo gli squilibri che si erano andati consolidando dagli anni '50 in poi. E tuttavia non si può negare che di quella difficile convivenza vi siano nell'Atto unico tracce significative. Non solo perché vi si registra l'iscrizione di un paragrafo sulla «dimensione sociale» con una prima apertura verso l'orizzonte della contrattazione a livello europeo, ma perché fa la sua prima apparizione il tema della «coesione economica e sociale», chiamato anch'esso a declinare i termini di que, sta problematica convivenza. A Maastricht, il 9 e 10 dicembre scorso, l'irrisolto conflitto appena sussurrato in .passato, riproposto con più forza in questi ultimi anni, ha occupato con forza la scena imponendosi come uno snodo decisivo per il futuro della Comunità. E questo è il primo fatto rilevante da segnalare: il Consiglio europeo, chiamato da avvenimenti interni ed esterni alle Comunità a disegnare BibliotecaGino Bianco di Franco Chittolina le linee di forza della futura Unione europea, ha dovuto prendere atto (forse non senza fastidio per alcuni) che la dimensione sociale non sfigurava accanto ai «temi nobili» della politica estera e della difesa e della democratizzazione delle istituzioni. Il fatto però che l' «interrogativo sociale» si sia imposto con una certa prepotenza - o imposto dalla prepotenza di chi riteneva il sociale un argomento fuori tema per una Comunità libero mercato? - non significa che la risposta sia stata proporzionata al vigore della domanda. Sono note le conclusioni di Maastricht in proposito: due importanti protocolli sono stati adottati, uno per riaffermare che «la promozione della coesione economica e sociale è vitale per lo sviluppo integrale e il successo durevole della Comunità» ed un 41 secondo sulla «politica sociale». Lasciando ai giuristi il compito di chiarire la praticabilità di questa soluzione inedita (a proposito della quale Jacques Delors ha fatto allusione a rischi istituzionali), l'opzione adottata sembra precisare alcuni elementi circa la metafora della difficile convivenza tra economico e sociale. Da una parte riemergono - e indubbiamente con contenuti più ambiziosi - i temi proposti con relativa timidezza dall'Atto unico: la coesione trova traduzione in uno strumento concreto di intervento e la politica sociale amplia i suoi obiettivi, introducendovi la lotta all'esclusione, aumenta in modo significativo i settori di competenza comunitaria e detta le regole per avviare la futura contrattazione europea. Ma resta politicamente - e simbolicamente - molto significativo che queste ambizioni non trovino posto nel corpo principale del nuovo Trattato. Quasi che la «residualità» che era iscritta sull'atto di nascita della Comunità nel 1957 avesse tentato un'ultima dispettosa resistenza: se proprio deve crescere il profilo del sociale, ebbene questo avvenga all'esterno del Trattato, fuori dal tempio sacro e inviolabile dell'economia. E qui la metafora del sociale nella Comunità si fa inquietante: prende le forme di una convivenza resa difficile da una cultura «integrista» che protegge l'economia o la sua pretesa ortodossia dalla profanazione del sociale e dalle devastazioni che questo potrebbe causare alla buona salute del mercato. E vi è nelle argomentazioni di quanti si sono opposti ad un progresso della dimensione sociale un brutto accento guerra di religione, con tutta l'arroganza di cui sono capaci le ideologi , in particolare quando si sentono accerchiale ed isolate.Jean Monnet, lasciò scrittonel suo testamento che, se avesse dovuto ricominciare la costruzione dell'Europa, avrebbe
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