alla gestione di problemi che ormai si pongono in una dimensione sovranazionale (valga per tutti l'esempio della immigrazione); voto all'unanimità nel Consiglio dei ministri salvo le norme per la sicurezza nei luoghi di lavoro (art. 118A) con conseguenti defatiganti trattative al ribasso sui testi già presentati dalla Commissione e emendati in prima lettura dal Parlamento Europeo; deficit democratico che affida al Parlamento spazi ristretti in materia legislativa; difficoltà ad intervenire in materia sociale per le conseguenze dirette sui bilanci dei singoli Stati nazionali. Infatti il Parlamento Europeo ha proposto di introdurre nei Trattatiuna parte nuova riferita alla cittadinanza europea e ai diritti ad essa connessi che attribuisse all'Unione caratteristiche effettive di istituzione dei cittadini; in realtà il testo uscito da Maastricht parla sì di cittadinanza dell'Unione nata tra i popoli, ma la esaurisce nella libera circolazione (peraltro già definita nell'Atto Unico), nella libertà di soggiorno e nel sia pure importante diritto passiyo e attivodi votonelle elezioni municipali dei cittadini residenti in un paese della Comunità. In riferimento poi al problema spinosissimodei diritti dei cittadini provenienti dai paesi terzi e legalmente residenti nella Comunità il testo si limita a dire che ogni Stato membro definirà chi sono i suoi cittadini e chi di essi quindi potrà godere dei sia pure limitati diritti di cittadinanza comunitaria. Qualche passo in avanti si può registrare nel campo delle competenze della Comunità (artt. 2 e 3): obiettivo dell'Unione è quello di realizzare attraverso la creazione del mercato interno un livello di occupazione e di protezione sociale elevato, di migliorare la qualità della vita tramite una politica comune in campo sociale. Certo, non siamo ancora vicini alla definizione su basi paritarie e non subordinate degli obiettivi dell'Unione in campo economico, monetario, politico e sociale. Ma questo limitato progresso è compensato negativamente dal fatto che poi come si è detto le norme specifiche sociali riconosciute dai dodici paesi Cee rimangono limitate a quelle già previste dall'Atto Unico. Il tema dell'immigrazione poi, cruciale per i motivi sopra ricordati, è trattato in i.>.tLBIANCO \XILROSSO INIl RU ili I i ili ti)@ ii•• vari punti e con diverse procedure. L'art. 100C prevede, con voto all'unanimità, una politica comune per definire i paesi sottomessi alla richiesta di visti per l'entrata nei paesi della Comunità (frontiere esterne) e l'istituzione di visti provvisori per i paesi che provocano situazioni di emergenza e flussi immigratori improvvisi, per un periodo non superiore ai sei mesi. Dal 1996 si potrà stabilire una procedu - ra con voto a maggioranza e misure per l'unificazione delle norme sui visti. I.:immigrazione rientra a pieno titolo invece, ma sempre solo per gli aspetti relativi al controllo delle frontiere e alla lotta contro la clandestinità, nel capitolo relativo alla cooperazione del diritto di asilo, l'armonizzazione delle norme relative al soggiorno e ai ricongiungimenti familiari e all'accesso al lavoro. Il problema cruciale dell'integrazione sociale dei lavoratori immigrati e delle loro famiglie è citato invece solo nel famoso allegato a undici, ma tra le materie che prevedono un voto all'unanimità. Si palesa quindi uno squilibrio notevole tra lo spazio dedicato alle norme di controllo dei flussi e quello relativo all'integra39 BibliotecaGino Bianco zione; squilibrio pericolosissimo se pensiamo alle tensioni che si sono già manifestate in molte regioni della comunità e alla necessità, appunto, di costruire un'identità sociale dell'Europa che affronti globalmente il problema dell'immigrazione. Un direttorato di alti funzionari dei paesi gestirà le norme previste dall'art. 100C nella cooperazione tra gli Stati. E veniamo al protocollo firmato dagli undici; l'Inghilterra non prenderà parte alle deliberazioni per l'adozione degli atti relativi e non dovrà sopportarne i costi relativi. La maggioranza qualificata verrà presa dagli undici con almeno 44 voti su 67 attribuiti ai singoli paesi invece che con 54 su 77. Gli articoli modificati ad uso degli undici definiscono competenze esplicite in materia di protezione sociale, piena occupazione, lotta alla emarginazione. Il voto a maggioranza nel Consiglio dei Ministri (ma secondo le procedure di cooperazione e non di codecisione con il Pe) è possibile solo nel campo della sicurezza nei luoghi di lavoro, delle condizioni di lavoro, della informazione e consultazione dei lavoratori, della uguaglianza tra uomini e donne, dell'integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro. All'unanimità devono invece essere prese decisioni relative alla sicurezza sociale dei lavoratori, alla protezione dei lavoratori in caso di licenziamento, alla cogestione, alle condizioni solo di lavoro dei lavoratori immigrati, ai contributi finanziari per la promozione dell'occupazione. Sono esclusi però completamente anche dal protocollo ad undici (e questo inficia le stesse norme relative al sostegno della negoziazione collettiva) diritti individuali fondamentali come il diritto di sciopero, le retribuzioni, le norme per le serrate, i diritti sindacali. La negoziazione tra le parti sociali può intervenire sia a livello nazionale per il recepimento delle direttive sia con procedura particolare: in questo caso si può prevedere o una consultazione tra la Commissionee le parti sociali prima di definire il testo o l'azione comunitaria, o il rinvio alla contrattazione comunitaria delle norme contenute nell'atto comunitario salvo poi recepimento da parte del Consiglio.
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