vestire le parti in causa stimolandole a costruire un sistema compiuto e razionale di relazioni industriali. Nel frattempo, può essere utile fare il punto della situazione, rilevando alcune caratteristiche salienti dell'esperienza fin qui fatta. Esperienze positive Un primo elemento cardine nello sviluppo di nuove relazioni industriali va individuato nel sistema degli osservatori congiunti. A livello sia «macro» (gestione della banca dati nazionale di settore, prevista dal contratto di categoria) che «micro» (gestione dei dati a livello aziendale) si è via via costruito un sistema informativo assai strutturato e soprattutto - a differenza del passato - finalizzato alla gestione congiunta dei cambiamenti tecnologici e organizzativi. Significativo, in quest'ambito, è lo sviluppo di una formazione congiunta, coinvolgente cioè tanto delegati sindacali quanto personale delle aziende, volta appunto a formare le capacità atte a gestire i dati cui si ha accesso. Si sono poi sviluppate forme strutturate di gestione congiunta di rilevanti sospetti delle vita aziendale. Ne sottolineiamo due, per la loro importanza: - l'ambiente di lavoro, in interessante sintonia con le direttive Cee in materia; - la formazioneprofessionale congiunta che in talune esperienze (penso in particolare alla serie di accordi alla Zanussi)ha raggiunto forme di vera e propria codeterminazione (decisione congiunta sull'organizzazionedei corsi, il programma, i docenti e i partecipanti). Anche taluni aspetti della contrattazione in senso stretto ha assunto forme che suppongono, e al tempo stesso contribuiscono a sviluppare un sistema di relazioni industriali nuovo, appunto «partecipativo». Mi riferisco all'aggancio di parte degli aumenti retributivi agli andamenti e agli obiettivi aziendali (produttività, redditività, qualità) sulla base di indicatori concordati. È una tendenza che si va via via accentuando. In tal modo la contrattazione assume connotati diversi dalla pura e semplice rivendicazione di miglioramenti o dalla difesa puntuale di determinate condizioni: diventa momentocentrale sì, ma non esclu- .P.lLBIANCO l.XILROS.SO liti@OMil sivo di un quadro più generale di relazioni sistemiche, o che comunque tendono a configurare un modello sistemico. Si è sperimentato, in altre parole, che esistonomaterie non interamente assorbibili dentro la negoziazione classica, che coinvolgono aspetti di interesse comune non gestibili in un quadro di relazioni conflittuali e che pertanto suppongono un sistema codificato di rapporti collaborativi e partecipativi. A questo punto, mi pare che si debba fare un passo avanti, oltre la pura e semplice sperimentazione aziendale. Si avverte ormai l'esigenza di un interfaccia istituzionale: si potrebbe pensare a un organismo «alla francese», ad esempio a un centro specializzato, «dedicato», istituto presso il Ministero dell'Industria, in cui si confron24 BibliotecaGino Bianco tano imprenditori o sindacato in un quadro di concertazione. Non è il caso di prefigurare qui soluzioni: mi basta calcare l'accento su un'esigenza che deve trovare in tempi utili una risposta. Il problemadella rappresentanza Se questa è la tendenza, c'è un altro problema da risolvere: quello della rappresentanza. Proprio lo sviluppo di relazioni industriali con le caratteristiche prima descritte suppone una definizione non provvisoria dei criteri e degli strumenti della rappresentanza. In altre parole, le Rappresentanze sindacali aziendali devono essere funzionali al sistema che si va configurando: non solo sotto l'aspetto culturale o formativo, ma anche sotto quello «istituzionale»; devono essere dotate di poteri e responsabilità, di mandati e prerogative certi e codificati. Allo stesso modo devono essere definiti e codificati i modi di consultazione dei lavoratori. La nostra idea, peraltro ribadita più volte e in più occasioni, è che a questa codifica si debba arrivare attraverso una solida intesa tra le parti. Anche una voce autorevole come Aris Accornero, intervenendo su questa materia («L'Indipendente» del 15 dicembre) ha ammesso «alla fine che un intervento legislativo è necessario, ma dopo un accordo tra le parti. Non diversa è la nostra opinione. Con una precisazione, tuttavia: che un siffatto intervento legislativo non può limitarsi a sciogliere il nodo della rappresentanza, ma deve essere di sostegno a tutto l'insieme del sistema innovato di relazioni industriali, fornendo anche sedi e strumenti istituzionali di elaborazione, promozione e confronto (da questo punto di vista, deve essere valorizzato in pieno il ruolo del Cnel). In conclusione, la strada è ardua, ma è tracciata. Le esperienze maturate a livello aziendale forniscono già idee, strumenti, prove con fatti alla mano. Non devono essere lasciate nel limbo dei casi esemplari, ma essere utilizzate come stimolidi promozione generale di una cultura partecipativa e di un nuovo sistema di relazioni industriali. E non si dica che sono cose buone solo per i tempi di «vacchegrasse»: la storia ci insegna che proprio le grandi crisi sono occasioni di creatività e innovazione.
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