Il Bianco & il Rosso - anno III - n. 24 - gennaio 1992

,P.lL BIANCO lXltRos&> lih@Olil Democraziaeuropea:economia, industria,mercato, pmtecipazione.Epoi? Questo Dossier. Come i lettori possono leggere più avanti, nella sezione «Vita dell'associazione», per la firma di Renato Vallini, ReS ha organizzato un incontro su «Ilsignificato della democrazia economica nella nuova Europa». Esso si e tenuto a Milano, martedì 3 dicembre, e vi hanno partecipato esperti del settore, economisti, politici, sindacalisti e altri. La cosa ha dato lo spunto per questo Dossier, che si compone della sintesi di alcune relazioni tenute in quella occasione, stese dagli stessi autori, e di altri interventi su argomenti attinenti. Abbiamo ritenuto infatti che il momento «vivace» delle trattative contrattuali, con rinnovi e contrasti, con la proposta confindustriale, e non solo, di cancellare la «scalamobile», offrisse l'occasione per fare alcune riflessioni in materia, utili ai nostri lettori per leggere questo momento con maggiore possibilità di comprensione. Democraziandustriale: I I I \ peresempiocom1nc1amo cosi. I I L a democrazia industriale; da più parti evocata ed invocata, stenta a trovare un terreno fertile in cui radicarsi. Germi ne sono stati gettati negli anni '80. Vi è stata persino una stagione, quella del biennio 1983-84, nella quale parevano abbozzarsi le linee persino di una più avanzata democrazia economica, con i tentativi, in parte e per un certo tempo (troppo breve) coronati da successo, di una concertazione efficace tra governo, sindacati e imprenditori. Proseguendo su quella strada, si sarebbero probabilmente creati un quadro e un clima favorevoliallo sviluppo di una vera democrazia industriale, contrassegnata dalla partecipazione dei lavoratori e delle loro rappresentanze al governo dell'economia e delle imprese. Non è statocosì. La diagnosi la conosciadi Gianni Italia mo: ritardi del sindacato, miopia dagli imprenditori e delle loro associazioni. Non tutti però hanno disarmato (soprattutto alla Fim-Cisl abbiamo insistito a battere il chiodo) e non tutto è andato disperso. In particolare fermenti innovativi, concretizzati in esperienze importanti e tutt'ora in via di maturazione, hanno messo la realtà a livello delle aziende. Ciò è avvenuto con particolare evidenza nel settore metalmeccanico, dove si sono sviluppati elementi di nuove relazioni industriali, a carattere partecipativo e non più conflittuale-rivendicativo, in grandi aziende private (ad esempio Fiat, Zanussi, Olivetti, Falck... ) e nelle imprese a partecipazione statale {grazieagli sviluppi del Protocollo Iri). C'è tuttavia da segnalare una singolarità: il vistoso contrasto tra la sperimentazione avanzata a livello aziendale e il ristagno 23 BibliotecaGino Bianco della vecchia cultura conflittuale a livello nazionale, nel confronto tra i sindacati e le associazioni imprenditoriali (in particolare la Federmeccanica, nella quale più forti e convinte vivono le resistenze alle novità). Un caso emblematico è stato l'ultimo contratto nazionale di categoria, firmato dopo mesi di conflittualità esasperata, caratterizzata da forme di lotta che a più di uno hanno fatto ricordare i «bei tempi»degli anni settanta. Ciò accadeva mentre in importanti aziende, anche private (alcune le abbiamo citate), la sperimentazione intrapresa stava andando avanti e producendo primi frutti. Questo singolare contrasto è la spia di un problema, che deve comunque trova re una ·soluzione:come estendere una cultura e una sperimentazione di nuovi rapporti, che noi chiamiamo «partecipativi», oltre i confini delle aziende, finoa in-

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