Il Bianco & il rosso - anno II - n. 23 - dicembre 1991

.P-ltBIANCO lXILROSSO l 1111Bl1•Miil Della tirannide dellamaggioranza e onsidero empia e detestabile la massima che in politica la maggioranza di un popolo ha il diritto di fare tutto; e tuttavia ritengo che l'origine del potere sia da porre nella volontà della maggioranza. V'è, forse, contraddizione tra queste due proposizioni? V'è una legge generale che è stata fatta o almeno adottata non solo dalla maggioranza di questo o quel popolo, ma dalla maggioranza del genere umano: la giustizia. Questa è l'autentico limite dei diritti di ogni popolo. Una nazione è come una giuria incaricata di rappresentare la società universale e di applicare la giustizia che ne è la legge. La giuria, che rappresenta la società, può avere poteri maggiori di questa società di cui applica le leggi? La risposta non dà luogo a dubbi; e quando, pertanto, rifiuto di obbedire ad una legge ingiusta, non contesto il diritto della maggioranza a comandare, ma, semplicemente, faccio appello alla sovranità di un popolo alla sovranità del genere umano. Vi sono stati individui che non hanno esitato ad affermare che un popolo, decidendo su problemi che riguardavano lui solo, non poteva, per definizione, uscir dai limiti della giustizia e della ragione, e che non bisognava, perciò, aver timore di affidare ogni potere alla maggioranza che lo rappresentava. Questo è linguaggio da schiavi. Cos'è, infatti, una maggioranza, considerata collettivamente, se non un individuo che ha opinioni e, bene spesso, interessi contrari a quelli di un altro individuo, cui si dà il nome di minoranza? E se si ammette che un uomo solo, investito di poteri assoluti, può abusarne, come si può non ammettere la stessa cosa per una maggioranza? Che forse gli uomini, riunendosi, han mutato carattere o divenendo più forti son anche diventati più pazienti nelle contrarietà? Non posso crederlo; e, perciò, non posso accordare ad un'assemblea di molti individui quei poteri che rifiuto ad uno solo dei miei simili. Da ciò non si deve arguire che io creda che per conservare la libertà si possano o si debbano mescolare insieme più principi, in modo da opporli gli uni agli altri. li governo che si chiama «misto» mi è, anzi, parso sempre qualcosa di chimerico: il governo misto (nel senso che generalmente si dà a questa parola) non esiste nella realtà, perché in ogni società v'è sempre un principio politico che domina tutti gli altri. L'Inghilterra del secolo scorso, che si cita d'abitudine come esempio di questo tipo di governo, era uno stato essenzialmente aristocratico, pur avendo in sé molti elementi democratici. Le leggi e le consuetudini, infatti, erano tali che l'aristocrazia finiva sempre con l'avere il predominio e col dirigere i pubblici affari secondo il suo volere. L'errore che si è tante volte coml)'lesso, nell'addurre un simile esempio, è derivato dal fatto che, vedendo gli interessi dei grandi contrapposti a quelli del popolo, si è fatto attenzione al contrasto soltanto, senza guardare il risultato di un tal contrasto, che era il punto veramente importante. Quando, infatti, una società avesse un governo veramente misto, cioè diviso tra princìpi contrari, si dissolverebbe rapidamente. Ritengo, dunque, che si debba sempre postulare un potere sociale superiore a tutti gli altri; ma son persuaso che la libertà è in pericolo il giorno in cui questo potere non trova più avanti a sé nessun ostacolo che possa rallentare la sua marcia e dargli, così, agio di moderarsi da sé. L'onnipotenza è in sé cosa cattiva e pericolosa, ed è, anzi, cosa superiore alle forze dell'uomo, quale che egli sia: 65 solo Iddio può essere onnipotente senza pericoli, poiché in lui giustizia e saggezza sono uguali al potere. Non v'è, dunque, sulla terra autorità alcuna, per rispettabile ch'essa sia in se stessa, ed anche se investita di diritti sacri, che io sia disposto a lasciar agire senza controllo e dominare assolutamente. Quando vedo accordare ad un'istituzione qualsivoglia, si chiami popolo o monarchia, democrazia o aristocrazia, il diritto e la facoltà di far tutto, indipendentemente dalla forma dello stato, affermo che là è il germe della tirannide. E perciò vado a vivere altrove. Ciò che rimprovero maggiormente al governo democratico, come lo si è organizzato negli Stati Uniti, non è, come molti pretendono in Europa, la sua debolezza, ma, al contrario, la sua forza irresistibile. E ciò che mi ripugna di più in America, non è l'estrema libertà che vi regna, ma le scarse garanzie contro la tirannide. Negli Stati Uniti, quando un uomo od un partito subiscono un'ingiustizia, a chi possono rivolgersi? Alla pubblica opinione? ma la maggioranza è appunto espressione di questa. Al parlamento? ma esso rappresenta la maggioranza e le obbedisce ciecamente. Al potere esecutivo? ma questo è designato dalla maggioranza e ne è lo strumento. Ancora: la forza pubblica è la maggioranza in armi, la giuria è la maggioranza investita del diritto di emettere sentenze, i giudici, in alcuni stati almeno, sono eletti della maggioranza. Per iniqua o irragionevole che sia la misura da cui si è colpiti, non resta che sottomettervisi. Se, invece, si avesse un potere legislativo composto in modo che esso rappresentasse la maggioranza senza essere schiavo delle sue passioni, un potere esecutivo che avesse una forza sua propria

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