~JLBIANCO l.XILllOSSO ■ 111).i:J i M il ReS: sui referendum • • econom1c1ed elettorali I I comitato direttivo di ReS ha preso in esame le iniziative referendarie annunciate dai diversi comitati che si sono costituiti. Esso rileva, innanzitutto, che il grappolo di referendum proposti mette insieme un ventaglio di questioni così ampio (dalla legge elettorale, all'intervento pubblico nell'economia, a problemi sociali come la droga e le carceri) da apparire quasi un programma di governo. Nessuno, tuttavia, può credere che attraverso lo strumento referendario (per di più nella sua attuale connotazione abrogativa) si possa governare un paese. Porre i problemi non equivale a risolverli. Tra interessi in conflitto occorre fare «mediazioni». Oltretutto un indirizzo di governo, una qualche coerenza tra atti di governo si richiede. In un sistema democratico che funzioni, ciò di cui c'è bisogno è di potere fare riferimento ad un programma lanciato da chi si candida al governo e condiviso da chi vota. Se poi si propone un programma riformatore, maggiore deve essere la visibilità e la credibilità politica dello schieramento che lo sorregge. Una riforma, infatti, non consiste in una mera modifica di una legge. Certo, occorre anche questo. Ma una riforma è soprattutto un processo di trasformazione che mobilita forze sociali attorno ad un progetto e ne sostiene nel tempo il programma di attuazione. Riforma è, innanzitutto, una costruzione politica: soggetti, idee forza, volontà comuni. Sotto questo profilo bisogna dire che l'idea che si possano fare programmi per somma di iniziative referendarie non ha fondamento. Al massimo si liberano umori; si possono dare spallate demolitrici su qualche tema cruciale. Del resto non è casuale che i promotori del referendum (nemmeno di quelli elettorali) non abbiamo un comune indirizzo riformatore per il seguito da dare all'azione politica. Ci sono invece riserve, doppiezza, ipotesi contrastanti, e ciascuno tende a giocare su altri tavoli le proprie carte. Tutto questo non serve certo a costruire una volontà comune in positivo. La politica si fa con la politica e, dunque, non con l'illusione semplificatrice di far entrare in campo il corpo elettorale con la funzione di pronunce dirette che modifichino irreversibilmente lo spazio e la funzione dei poteri rappresentativi. A questa tendenza si deve quindi guardare con preoccupazione. Nondimeno se tutto ciò avviene è perché l'usura dell'attuale sistema politico, accompagnata dalla crescente disillusione, dal disamore della gente, ha ormai raggiunto un punto limite. Se si inflaziona il ricorso al referendum è perché aumenta la convinzione che gli altri canali della politica siano sostanzialmente inagibili. Può anche non piacere, ma fin che non saranno adottate modifiche istituzionali per costruire anche in Italia la democrazia dell'alternanza, questi sono i termini della situazione. Nessuno può perciò sottrarsi al dovere di una scelta, all'assunzione di una posizione esplicita su ciascuno dei temi che saranno sottoposti al giudizio degli elettori. Il comitato direttivo di ReS ha preso perciò in esame le varie proposte di referendum decidendo quanto segue: Referendum per la soppressione del Ministero delle Partecipazioni Statali. ReS considera positiva la coesistenza, nel nostro paese, di una forma di economia mista, che vede cioè la presenza sia di imprese private che a partecipazione statale. Per altro la soppressione del Ministero non è, di per sè, un fatto 59 sostanziale di innovazione se anche il resto della amministrazione centrale dello Stato non venisse contestualmente riformata. L'eliminazione del Ministero delle Partecipazioni Statali non va, comunque, intesa come un segnale di indiscriminata privatizzazione: non solo perché ciò nella nostra situazione equivarrebbe ad un aumento degli squilibri economici e ad un aggravamento di quelli sociali, ma anche per la buona ragione che una parte, almeno, della presenza pubblica è il prodotto del fallimento dei privati. Tutto ciò premesso poiché con il referendum il problema principale che viene posto è quello di neutralizzare una debordante ingerenza dei partiti nella vita economia, ReS ne apprezza il significato ed, auspicando che possa contribuire a determinare una successiva legislazione di riforma, lo condivide, lo firma ed invita a votare «Sì». Referendum sulle nomine centrali nelle banche locali. ReS è consapevole del fatto che questo referendum ha una portata concreta limitata perché l'eliminazione della lottizzazione centrale delle presidenze delle banche locali non scongiura il pericolo che essa sopravviva a livello locale. Ritiene, comunque, che non ci si debba esimere dalla riforma e dalla ristrutturazione, anche radicale, del settore delle banche locali, soprattutto per ciò che riguarda la partecipazione in qualità di soci. Partecipazione che deve essere aperta a tutti i risparmiatori e non rimanere, quindi, riserva di caccia, come avviene attualmente, di determinate categorie. Ritiene, inoltre, che se va giustamente eliminata la competenza dei partiti in materia di nomine bancarie, a maggior ragione non debba essere ulteriormente tollerata una ipoteca di ottimati, di logge, di clan.
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