- i servizi pubblici, aggravati da maggiori incombenze burocratiche e compiti di certificazione, rischiano l'atrofia operativa; lo scenario complessivo inoltre vede sempre più allargarsi la forbice tra Nord e Centro Sud. - i finanziamenti per la prevenzione e la riabilitazione previsti dalla legge tendono o a disperdersi in progetti di dubbia necessità, oppure a concentrarsi a favore di qualche grande lobby. - la diffusione dell'epidemia da Hiv non appare ostacolata a sufficienza. L'impianto legislativo non facilita la necessaria integrazione tra la prevenzione delle tossicodipendenze e la prevenzione dell'Aids, non favorisce la richiesta di aiuto delle persone con comportamenti a rischio e non consente azioni più efficaci di tutela sanitaria. I dati ufficiali, in sintesi, ci dicono che, dall'entrata in vigore della legge i problemi non solo non sono cambiati ma si sono aggravati. Questo lo diciamo consapevoli inoltre, che i dati di cui in genere si dispone, e sui quali periodicamente si danno informazioni e orientamenti all'opinione pubblica non sono sempre i più attendibili. In questo scenario, dove la confusione e il pressapochismo, emerge comunque un grade nodo: la svolta punitiva si ripercuote non solo direttamente sulla persona tossicodipendente spingendola alla clandestinità, al carcere, al rischio di infezioni; ma anche indirettamente, poiché i servizi sono stati, in moltissimi casi, poco aiutati nella possibilità di dare risposte puntuali e corrette. A farne le spese sono, ancora una volta, i più deboli e i meno attrezzati sul piano sociale e culturale, anche tra gli stessi tossicodipendenti. Non a caso, a riempire le carceri sono soprattutto quelle persone più segnate sotto il profilo delle difficoltà personali e della loro storia, non solo perché incapaci di gestire la dose media giornaliera, ma nemmeno le coordinate principali della loro vita. Nel contempo troviamo sempre più in carcere anche molti giovani coinvolti nell'esperienza detentiva perché trovati in possesso di 2-3 spinelli, corrispondenti nei fatti a quantità di per sè irrilevanti ma superiori a quelle stabilite con le tabelle della dose media giornaliera. Al contrario capita a volte che i veri spacciatori, più abili ed accorti, riescono ad evitare il car- {)JLBIANCO lXILROSSO I 111):i;J i M ti cere e «rientrare» nella categoria dei consumatori. Di questa palese assurdità, si sono accorte dapprima le forze dell'ordine, che hanno perlopiù assunto un atteggiamento di prudenza e buonsenso, poi la Corte Costituzionale che, pur respingendo l'eccezione di incostituzionalità, ha espresso un giudizio critico rispetto alla dose media giornaliera, ed infine il Ministro di Grazia e Giustizia che, con decreto, ha reso facoltativo l'arresto in alcuni casi limite, allo scopo di eliminare i profili più «estremisti» della scelta punitiva. In questo contesto si colloca l'iniziativa referendaria. Il referendum ha come principale obiettivo la cancellazione, sul piano delle sanzioni legali, del criterio della dose media giornaliera; ed insieme ad esso si chiede l'abrogazione delle norme che puniscono l'uso personale delle droge. Il referendum non prevede e non vuole prevedere la cancellazione di alcuna delle norme che vietano e puniscono il commercio delle droghe. Tali norme sono peraltro contenute, oltre che nelle leggi dello Stato italiano, in convenzioni internazionali ratificate da quasi tutti i paesi del mondo, compresa l'Italia. Non sono perciò sottoponibili ad abrogazione con strumenti referendari. È nel rispetto di tali convenzioni internazionali che non vengono proposti a cancellazione gli articoli della legI_ _ _ __ _ _ _ _ __ 55 ge che predispongono le sanzioni amministrative per i consumatori. Il referendum, prima di tutto mira ad attenuare le norme della legge 162 che penalizzano il consumo. In secondo luogo, contenuta nel testo referendario, vi è la richiesta di abrogazione, dell'attribuzione al Ministero della Sanità della competenza di stabilire con decreto i limiti e modalità d'impiego dei farmaci sostitutivi (metadone). Col decreto attualmente in vigore di fatto viene negata, salvo eccezioni, ogni possibilità di trattamento ad alti dosaggi per un tempo indeterminato. Il dibattito, tra chi si occupa di tossicodipendenza è aperto: non è scontato che il riportare la libertà della prescrizione alla «scienza e coscienza» del singolo medico, di per sé giusta, nell'attuale assetto delle Usi dei servizi, possa essere una tutela sufficiente per evitare collusioni, rischi di abuso, prevaricazioni sia da parte dell'utenza che del personale sanitario. Il problema non è, e non vuole essere, quello della distribuzione incontrollata del metadone: questo farmaco, come qualsiasi altro farmaco, non può essere nè pensato come un toccasana miracolistico e neppure demonizzato come il responsabile di tutto ciò che non va. Noi crediamo, con pragmatismo, che in quanto strumento il metadone può assumere significati molto diversi a seconda dell'uso che se ne fa e per chi lo si usa, tenendo presente il quadro molto variegato delle dipendenze oggi. Riteniamo che il problema metadone, anziché per decreto, data la complessità delle dinamiche che sottende, debba essere affrontato con sforzi di aggiornamento, formazione e di ricerca da parte del personale sanitario. La proposta referendaria, infine, vuole modificare alcune procedure inerenti l'obbligo del medico di segnalare i pazienti che fanno uso di sostanze stupefacenti. Si tratta di un punto particolarmente delicato. Se da una parte, infatti, nella prassi concreta queste norme spesso favoriscono più la repressione che l'assistenza, dall'altro permettono un controllo (da parte dei Sert) dell'operato medico, attenuando i rischi di espansione di un mercato grigio di farmaci sostitutivi o meno. Siamo consapevoli della problematicità della questione. Di fatto bisogna fa-
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